La conduzione delle sperimentazioni cliniche sta subendo delle modifiche per lo stato di emergenza causato dalla pandemia da COVID-19. Alla luce delle numerose richieste pervenute dalle varie parti interessate all’Ufficio Sperimentazione Clinica/Area Pre-Autorizzazione e all’Ufficio Ispezioni GCP, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha pubblicato il 12 marzo 2020 indicazioni in merito alla gestione degli studi clinici ed emendamenti sostanziali in Italia durante il periodo di emergenza COVID-19 (coronavirus disease 19), valide fino a nuova comunicazione. Oltre a ciò, anche l’Agenzia Europea per i medicinali (EMA), in collaborazione con altri gruppi di lavoro, tra cui quello degli ispettori delle Good Clinical Practice, il Gruppo di Facilitazione e Coordinamento delle Sperimentazioni Cliniche, un gruppo di lavoro della Commissione europea che rappresenta i Comitati Etici (CE), le Autorità nazionali competenti e naturalmente la Commissione europea, ha emesso il 20 marzo il documento “Guidance on the Management of Clinical Trials during the Covid19 (Coronavirus) pandemic”, seguito da una seconda versione con ulteriori specifiche del 27 marzo. Dal punto di vista pratico, come ci si sta dunque organizzando al fine di riuscire a garantire che le sperimentazioni cliniche in corso in Italia possano continuare? NCF ne ha discusso insieme a Lorenzo Cottini presidente della CRO High Research e membro del consiglio e coordinatore presso AFI del gds Ricerche Cliniche.

Lorenzo Cottini, presidente CRO High Research, coordinatore gruppo di lavoro AFI Ricerche Cliniche

Dr. Cottini, alla luce delle nuove disposizioni, come cambiano le modalità di sottomissione degli studi clinici?

Considerato lo smart-working, secondo il documento AIFA, è possibile il differimento della documentazione cartacea, fermo restando che la documentazione deve essere firmata con firma digitale e deve essere corrisposta l’imposta di bollo. Molti CE accettano la documentazione in formato pdf e l’intero iter sarà processato via mail ove non fosse possibile utilizzare la piattaforma ufficiale (Osservatorio per la sperimentazione clinica). È fondamentale che i CE continuino a lavorare sulle sperimentazioni cliniche per farle ripartire al più presto non appena l’emergenza sarà terminata. Forse proprio per questo motivo l’AIFA stessa sottolinea nel suo documento che “ferme restando la normativa vigente e le procedure interne dei singoli CE, le sedute dei medesimi potranno essere svolte anche in modalità web-conference o attraverso altra tipologia telematica, con la frequenza adeguata a gestire le urgenze dell’attuale emergenza”.  Anche il centro di coordinamento dei CE si è espresso a riguardo, esortando appunto i Comitati a continuare il lavoro. Bisogna cercare infatti di evitare in ogni caso possibile la sospensione degli studi clinici in corso, tale atto potrebbe infatti anche risultare non etico.

Come ci si deve/può comportare invece rispetto alla possibilità di inviare il farmaco ai pazienti?

Il documento afferma che “nel caso in cui, per limitare il rischio di contagio da coronavirus, a fronte di difficoltà di spostamento dei pazienti verso i centri sperimentali, o di sospensione delle attività ambulatoriali da parte di alcuni centri clinici, sia necessario – ove fattibile – rendere disponibile il farmaco ai pazienti senza che gli stessi debbano recarsi in ospedale (così garantendo la continuità terapeutica), oppure svolgere presso il domicilio del paziente o struttura diversa dal centro clinico sperimentale altre attività connesse alla sperimentazione clinica (ad esempio effettuazione di visite ed esami, gestione delle reazioni avverse), occorrerà inviare per notifica ai soli Comitati etici di riferimento un emendamento sostanziale per implementazione immediata, segnalando il carattere d’urgenza correlato all’emergenza in oggetto”.  L’invio del farmaco a casa del paziente è sicuramente una deviazione dalla normale pratica nelle sperimentazioni cliniche; è assolutamente positivo il fatto che AIFA (come le altre autorità) abbia confermato che ciò sia possibile durante l’emergenza Coronavirus, soprattutto nell’interesse e per la sicurezza del paziente. Detto questo credo che l’emendamento sostanziale sia un aggravio burocratico, a mio modo di vedere dovrebbe essere sufficiente una notifica. In ogni caso, notifica o emendamento che sia, si potrebbe inviare una lettera generica per ogni studio ai CE elencando le possibili deviazioni che potranno essere messe in atto caso per caso, paziente per paziente e visita per visita, in accordo sponsor-medico sperimentatore.

Va precisato inoltre che non è detto che l’emendamento sia al protocollo, anzi emendare il protocollo potrebbe essere un problema dato che poi si renderebbe necessario un nuovo emendamento ad emergenza finita; meglio dunque lettera o documento a parte.

Nella pratica, come può avvenire l’invio del farmaco al paziente che non può recarsi di persona al centro di sperimentazione?

Partendo da quanto afferma AIFA si comprende che le farmacie ospedaliere devono supervisionare il processo di spedizione del farmaco, con la collaborazione dello staff dello studio: “considerata la grave emergenza COVID-19, seppure la via prioritaria resti la consegna alla Farmacia ospedaliera che poi provvede alla successiva consegna al centro sperimentale, su indicazione del Direttore della Farmacia ospedaliera e dello sperimentatore principale (PI) possono essere concordate consegne dirette dalla Farmacia ospedaliera ai soggetti in sperimentazione anche per il tramite di corrieri dedicati, fermo restando la supervisione del processo da parte della Farmacia ospedaliera e 3 la costante informazione della stessa Farmacia e del PI dell’avvenuta consegna nelle modalità imposte per la corretta conduzione della sperimentazione e dal piano di rischio citato che deve tener conto della tipologia dell’IMP, delle modalità di somministrazione, conservazione e trasporto”.

Tutta la procedura deve essere razionalizzata e documentata in modo che si eviti il rischio più grave, vale a dire che arrivi il farmaco sbagliato al paziente. Per garantire che il farmaco arrivi al paziente corretto e minimizzare questo rischio, si suggerisce controllo in doppio (farmacista + staff, due persone dello staff del PI o due farmacisti). È importante verificare e documentare che il farmaco sia arrivato al paziente (eventuale telefonata da parte dello staff con registrazione in cartella potrebbe essere sufficiente).

Come gestire il controllo della temperatura durante la spedizione al paziente?

La migliore opzione è quella di impiegare un corriere dedicato e il controllo temperatura (magari con il supporto dello sponsor ove possibile). Tuttavia ove non sia possibile effettuare spedizione al paziente con temperatura ambiente controllata, la farmacia ospedaliera e lo sponsor devono condividere e documentare la scelta di spedire il farmaco senza controllo temperatura. Se la farmacia ospedaliera decide di effettuare le spedizioni, lo sponsor può fornire un supporto ma non deve conoscere i dati (nome, indirizzo etc) dei pazienti; i dati dei pazienti e la distribuzione devono essere segregati e gestiti da due enti diversi. Non ritengo invece opportuno che il paziente effettui il controllo della temperatura all’arrivo della spedizione, dato che questo è un compito generalmente assegnato ad addetti specializzati. Il documento EMA, inoltre, suggerisce di valutare anche le modalità di conservazione del farmaco quando questo si trova a casa del paziente.

Un’altra questione valutata dall’AIFA è quella che riguarda la possibilità di eseguire gli esami clinici in altri centri. Ci spiega cosa si può fare?

Sempre per salvaguardare la sicurezza del paziente e per garantire continuità nella raccolta dei dati gli esami (sangue, TAC, rx o altro) possono essere eseguiti in un altro centro che può essere vicino a casa del paziente, diverso dal centro dove si svolge la sperimentazione, senza emendamento del protocollo – anche perché queste informazioni spesso non sono contenute nel protocollo. Anche per gli studi di fase 1, può essere fattibile una deroga al fatto di utilizzare un laboratorio certificato per fase 1, sempre razionalizzando e documentando ogni scelta. Eventuali rimborsi spese al paziente possono essere fatti con la procedura del rimborso eccezionale (come i viaggi). Il documento dell’EMA esplicita che il rimborso non può essere diretto sponsor-paziente ma dovrebbe passare per il centro sperimentale.

Per quanto riguarda invece il monitoraggio da remoto, alcuni hanno sollevato perplessità per quanto riguarda la specifica dell’AIFA di fare richiesta al DPO e al garante. Lei cosa ne pensa?

Il testo del documento riferisce: “possono essere attuate modalità eccezionali quali contatti telefonici o meglio videoconferenze col personale del sito sperimentale al fine della source data verification. Tali modalità devono essere descritte in apposita POS del Promotore/CRO e devono essere valutate ed approvate dal Responsabile della protezione dei dati personali del centro sperimentale. Altre metodologie inconsuete di monitoraggio che prevedano modalità più rischiose di accesso a dati sensibili, quali ad esempio tramite ripresa video di source documento la messa a disposizione per i monitor dei documenti originali in aree elettroniche condivise, devono essere sempre concordate con il Responsabile della protezione dei dati della struttura ospedaliera, ma si ritiene opportuno che sia ottenuto parere specifico del Garante per la protezione dei dati personali”. Io ritengo che la notifica ai DPO per il solo monitoraggio con telefono sia un eccesso burocratico, dato che questa modalità non comporta né comportava fuori emergenza nessun rischio per la privacy. Qualche dubbio rimane per controlli via video. La parte più critica è quella dell’accesso diretto alle cartelle elettroniche da parte del monitor (probabilmente AIFA si riferisce a questo quando si parla di eventuale richiesta al garante – che però sarebbe di questo periodo un aggravio burocratico non indifferente calcolando numero di studi e centri). Sottolineo comunque che la comunicazione al garante è considerata opportuna dal documento, e non obbligatoria. In ogni caso penso che si possa notificare al DPO ospedaliero, con una strategia del silenzio assenso (anche se su questo non vi è accordo univoco). In questo momento in cui gli study coordinator hanno difficoltà di accesso alla cartella cartacea e sono impossibilitati a compilare le eCRF, potrebbe essere utile un monitoraggio centrale generale sullo stato di avanzamento dello studio (con controllo dei dati provenienti dalla scheda raccolta dati elettronica), senza effettuare o diminuendo e concentrando la source verification solo per dati essenziali.

Il documento AIFA parla anche di come apportare eventuali modifiche al consenso informato?

Ne parla l’EMA, ed è molto importante che lo abbia fatto. Secondo l’agenzia europea il consenso informato può essere anche gestito verbalmente in questa fase di emergenza, attraverso le vie telematiche, posto che ci sia opportuna documentazione del fatto in cartella. Eventualmente si può anche chiedere al paziente di rispondere ad una mail per presa visione.

Per ultimo, sembra che sia stata necessaria una emergenza globale per riuscire a far capire quanto gli esperti già gridavano da tempo sull’importanza della ricerca clinica e sulla necessità di gestirla in tempi snelli. Cosa potremmo imparare da quello che sta accadendo?

Alcune misure di cui abbiamo parlato prima, insieme ad esempio al fatto che il decreto legge abbia inserito la possibilità per gli studi clinici su Coronavirus di avere una sola approvazione di un CE a livello italiano per protocollo (senza interpellarne inutilmente altre decine sparsi sul territorio), sono misure che proponiamo da anni anche al di fuori dell’emergenza perché fondamentali per la sperimentazione clinica in generale. La speranza è che, finita l’emergenza, la percezione dell’importanza della ricerca clinica (e non solo) continui ad ogni livello (politici, istituzioni, aziende, ospedali e cittadini/pazienti). Molte delle misure intraprese in urgenza per favorire la sperimentazione dovrebbero rappresentare la norma. La centralizzazione delle decisioni, il coinvolgimento di esperti anche delle industrie, dei pazienti esperti, la collaborazione pubblico-privato o istituzione-industria sono punti fondamentali per favorire la sperimentazione clinica.  La qualità dei dati deve essere garantita ma favorita da procedure semplici. Va evitata l’eccessiva burocratizzazione ad ogni livello (legislativo, procedure aziendali) che spesso viene esasperata per difendersi da eventuali e ipotetiche contestazioni (cause o ispezioni delle autorità).