Un team di ricercatori statunitensi, attivo presso l’Università della California, San Diego, e presso il Massachusetts General Hospital, è riuscito a sviluppare un farmaco di nuova formulazione che appare capace di modulare l’enzima che svolge un ruolo importante nella formazione delle placche di amiloide che si depositano nel sistema nervoso centrale dei soggetti colpiti dal morbo di Alzheimer.

Questi accumuli rappresentano la caratteristica peculiare di questa patologia, la quale non dispone attualmente di opzioni terapeutiche, e sono probabilmente responsabili dei gravi disturbi cognitivi che portano successivamente alla demenza. I medicinali appena scoperti, definiti come modulatori della gamma-secretasi (Gsm), agiscono in modo differente rispetto ad altri farmaci che invece inibiscono del tutto l’enzima. I Gsm, infatti, riducendo di poco l’attività enzimatica, fanno in modo che vengano prodotti minori quantità di peptidi A-beta, le sostanze che provocano la formazione delle placche, e di conseguenza anche i depositi di beta amiloide nel cervello sono ridotti.

La scoperta della nuova classe di medicamenti potrebbe mettere a disposizione dei medici un nuovo strumento per la cura dei malati di Alzheimer. I risultati delle ricerche del gruppo di scienziati nordamericani sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Experimental Medicine.

I trial sono stati finora eseguiti su modelli murini e successivamente sui primati hanno dimostrato efficacia e un buon profilo di sicurezza. Il prossimo passo, a questo punto, potrebbe essere quello di studi clinici sull’uomo. In particolare, la somministrazione di dosi ripetute di Gsm a basso dosaggio ha abolito la produzione di A-beta42, sia nei topi che nei ratti, senza provocare effetti secondari di natura tossica.

La stessa cosa è stata verificata anche con esperimenti sui primati, in particolare sui macachi, animali fisiologicamente più simili all’uomo, ottenendo una riduzione del 70% dei livelli di  A-beta42. I Gsm sono stati testati anche su ratti colpiti dalla malattia di Alzheimer, ma ancora allo stadio iniziale, sia poco prima che poco dopo la formazione delle placche amiloidi. Anche in questi casi si è osservata la riduzione degli accumuli associata a una diminuzione dello stato infiammatorio ad essi associato.