Alberto Bartolini
Alberto Bartolini, coordinatore area Supply Chain e Innovazione AFI

Mentre scrivo questo editoriale, in Italia il 46,5% della popolazione ha completato il ciclo vaccinale e il 15,3% è in attesa di seconda dose. Nessuno è scientificamente e ragionevolmente in grado di prevedere un futuro che dipende da scenari che possiamo solo parzialmente ipotizzare. Possiamo però affermare che ad oggi oltre il 25% degli over 60 non ha ancora ricevuto la prima dose e ci auguriamo che chi di dovere si stia chiedendo il perché e stia tentando di rimediare. Gli italiani scalpitano perché non è ancora chiaro se i guariti da Covid potranno avere il green pass, se i guariti da oltre 6 mesi dovranno sottoporsi a una dose di vaccino, se sarà un green pass rigido o morbido. Non tutti sembrano ancora in grado di comportarsi con la dovuta prudenza; “l’analisi dei rischi”, tanto utilizzata nella gestione del business, non è ancora prassi comune nella vita privata dei più, pronti invece a insorgere all’idea di rendere il green pass necessario in varie situazioni della vita sociale. Il fatto che il Covid abbia nella maggior parte dei casi effetti meno invasivi negli under 30 non riduce la possibilità che il giovane “portatore sano” possa essere fonte di contagio, mettendo a rischio la vita dei propri cari, e non solo.

Analizzando quanto accaduto dall’avvento dei vaccini, credo che si debbano trarre degli insegnamenti. Tutti, si spera anche i preposti, abbiamo constatato che il nostro Sistema Salute è carente di “governance”; il modello federale, che ha delocalizzato l’operatività, non avrebbe dovuto prescindere dall’identificare nell’ente Centrale la responsabilità della gestione strategica del Sistema Salute. Per anni abbiamo assistito a un’indiscriminata interpretazione regionale, e a volte anche subregionale, delle modalità, arrivando fino allo smantellamento di figura e responsabilità del medico di base, riducendolo quasi a un prescrittore di medicinali e di analisi cliniche. Altra grave pecca è stata la mancanza di un piano anti-pandemia aggiornato e organizzato, tanto che l’incalzare degli eventi è stato caratterizzato da un rincorrersi di idee, iniziative, a volte vanificate da differenza di vedute a livello di gestione locale, in un contesto assolutamente carente di strutture, infrastrutture e risorse.

Non si è poi considerato che la maggior parte degli Italiani non era in grado di comprendere la situazione; era necessario coordinare la comunicazione e dare una chiara evidenza del perché si stava agendo in un certo modo. Solo gli addetti ai lavori conoscono i tempi necessari per immettere sul mercato un nuovo farmaco e sono coscienti del fatto che per i vaccini Covid le autorità regolatorie sono ricorse a un’autorizzazione condizionata, legata a un processo di rolling review, avviando una sorta di “farmacovigilanza estesa” sui cui dati correggere le indicazioni d’uso per le differenti tipologie di pazienti. Ancora adesso ci troviamo in una specie di Fase IV allargata, basata sui dati in arrivo dalle campagne massive svolte in USA, UK e nel resto d’Europa. Ciò che accadrà in autunno dipenderà dai nostri comportamenti, da quanto saremo stati in grado di affrontare razionalmente questi passi, che speriamo risolutivi, verso il mondo del pre-Covid, che auspichiamo di ritrovare migliorato dalle azioni correttive suggerite dall’esperienza.

Tratto da NCF – Notiziario Chimico Farmaceutico, Settembre 2021