Il Gruppo di lavoro per la valutazione del rischio ambientale del Comitato per i medicinali per uso veterinario, organismo dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha inviato alla Commissione europea le proprie conclusioni circa la necessità di adeguate misure di tutela dell’ambiente e della salute umana rispetto ai rischi legati all’uso dei farmaci in acquacoltura. 

La produzione di pesce d’allevamento è aumentata negli anni a causa della maggior richiesta della filiera alimentare, e il 2021 potrebbe segnare il sorpasso per quantità rispetto a quelle di pesce ottenuto da cattura (rimasta invece costante). Lo Spazio economico europeo vede attualmente un rapporto di uno a tre a favore del pescato, ma con un trend atteso in crescita nei prossimi anni per quanto riguarda il pesce da allevamento. Trend che potrebbe vedere ance un conseguente aumento dell’utilizzo di farmaci all’interno degli allevamenti per prevenire le possibili malattie. Attualmente l’11,4% del pesce (soprattutto trote, spigole e orate) e dei crostacei è prodotto in impianti di allevamento ubicati in Italia.

Gli effetti dell’utilizzo dei farmaci in acquacoltura sull’ambiente rappresentano un serio problema – ha commentato la rappresentante italiana nel gruppo di lavoro di EMA, Sara Villa , ricercatrice del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra dell’Università di Milano-Bicocca -. C’è bisogno di una maggiore presa di coscienza su questo aspetto, così com’è avvenuto nel recente passato per l’utilizzo di pesticidi in agricoltura. Il nostro gruppo è stato chiamato a fornire delle indicazioni operative, su richiesta dell’Unione europea all’Ema. L’esame dell’attuale scenario e del quadro normativo di riferimento ci ha consentito di dare delle indicazioni affinché nelle linee guida future sia presa in considerazione l’applicazione di misure di mitigazione del rischio per la riduzione dell’esposizione ambientale dei farmaci veterinari a livello di singola azienda di acquacoltura”.

Verso un approccio armonizzato

Le raccomandazioni del gruppo di lavoro di EMA sono contenute all’interno di un articolo  pubblicato sulla rivista “Environmental Sciences Europe”. Partendo dell’attuale scenario, gli esperti hanno valutato che una quantità pari fino a tre quarti della dose di farmaco utilizzata in acquacoltura possa finire nell’ambiente, andando a rappresentare una minaccia per la flora e la fauna selvatiche che si trovano nelle vicinanze degli impianti. 

I medicinali approvati dall’Ema per uso specifico in acquacoltura sono ancora pochi, e in mancanza di essi si sopperisce spesso con altri farmaci veterinari approvati per le specie terrestri. Un approccio che non tiene però conto del protocollo terapeutico iniziale, del tempo di attesa e dell’impatto ambientale in caso di impiego per i pesci. Anche la fauna selvatica non bersaglio, compresi pesci e crostacei per uso umano, potrebbe essere influenzata in modo negativo dalla presenza di residui farmaceutici, compresi gli antibiotici, alle acque reflue da acquacoltura. Un problema che riguarda anche i fanghi di scarto degli impianti, che possono essere utilizzati come fertilizzanti per i terreni agricoli.

Le conclusioni del gruppo di lavoro indicano l’opportunità d’intraprendere azioni sia a monte che a valle del processo di utilizzo dei farmaci veterinari. In questo senso, l’armonizzazione della disciplina europea e di quelle degli Stati membri per la valutazione del rischio ambientale dei farmaci veterinari utilizzati in acquacoltura è solo il primo, indispensabile passo. Altro obiettivo suggerito dagli esperti è una possibile semplificazione delle procedure attraverso l’utilizzo di modelli matematici avanzati, che potrebbe anche facilitare il processo di approvazione finale di tali farmaci. Opportune anche misure di mitigazione del rischio che considerino la tipologia dell’impianto e la sua collocazione, e le condizioni ambientali specifiche come la temperatura e la salinità dell’acqua. Non per ultimo, ci sarebbe bisogno di  un’adeguata formazione degli operatori degli impianti, indispensabile per limitare il rischio di un utilizzo inappropriato dei medicinali che, a differenza di quanto avviene in per i prodotti fitosanitari in agricoltura, non è attualmente sanzionato.