Quattro vaccini anti-Covid trovati e resi disponibili a circa 20 mesi dalla pandemia. Un risultato reso possibile dalla stretta collaborazione fra la Comunità scientifica che ha condiviso la sequenza virale di SARS-CoV-2 e aziende, imprese, istituzioni nazionali e internazionali, enti regolatori, ricercatori pubblici e privati, risorse economiche e umane. A fronte dell’attivazione di nuove dinamiche, come la rolling review di EMA per accelerare le fasi di sviluppo, ricerca e testing del vaccino, ci si scontra con criticità che attengono alle fasi produttive del vaccino stesso. Una panoramica sullo stato dell’arte è stata fatta durante il webinar dal titolo “Vaccini Covid: perché funzionano ma è difficile produrli”, organizzato da AFI e ADRITELF. 

Dalla nascita alla commercializzazione di un vaccino

Poli produttivi vaccinali appositamente dedicati, impianti ad altissima tecnologia, personale dedicato ai controlli di qualità sono la base per la messa a punto di un vaccino, prodotto biologico ben più complesso nella sua realizzazione di un farmaco di sintesi. «La produzione di un vaccino dalla sintesi del principio attivo ai processi di purificazione, filtrazione fino all’infialamento e confezionamento del prodotto finale – spiega Giorgio Bruno, presidente di Associazione Farmaceutici Industria (Afi)richiede in media 2 anni».

Tempo che “quantifica” e “qualifica” le fasi produttive di un vaccino, così schematizzabili:

  1. Raccolta delle materie prime
    Prima attuale criticità: la corsa al vaccino ha complicato l’approvvigionamento e la ricezione di tutti o alcuni elementi necessari alla produzione del vaccino. Fra questi fiale, flaconcini, gomma. «I normali tempi di consegna di questi e di tutti i materiali – aggiunge Bruno – sono passati dalle 2 settimane-alcuni mesi agli 8-12 mesi, per eccesso di domanda». Primo anello della catena che ritarda tutta la catena produttiva.
  2. Generazione del bulk
    Creazione del principio attivo, fermentazione e cultura, estrazione dell’antigene (raccolta), purificazione ed eventuale inattivazione, filtrazione sterile. Testing dei lotti sottoposti, ciascuno, ad almeno 100 controlli (fino anche a 500) di qualità, 1 su 3 risorse formate del reparto produttività dedicate al controllo qualità, rischio di irregolarità che possono richiedere il ritiro di tutto il lotto. Macchinari altamente performanti e specializzati, conservazione nella catena del freddo. Si tratta di una filiera di processi che rendono questa fase critica, lunga e complessa. «Per la produzione dei vaccini – aggiunge Bruno – è centrale disporre di attrezzature estremamente delicate, sofisticate e costose, come i bioreattori, la cui resa potrebbe essere inferiore all’atteso a causa di variabili biologiche e substrati utilizzati nel corso del processo biotecnologico, e lunghi tempi del processo, da a un terzo a circa il 70%, da dedicare a controlli di qualità in termini di purezza, sicurezza e efficacia del prodotto».
  3. Coniugazione delle proteine vettrici agli antigeni
    Il processo rende l’antigene più efficacemente riconoscibile dal sistema immunitario e genera un vaccino “coniugato”.
  4. Combinazione dei costituenti del vaccino
    La fase prevede che l’antigene preparato venga associato in un liquido di sospensione (stabilizzante, conservante, adiuvante) per potenziare la risposta immunitaria e garantirne la stabilità nel tempo. «Occorre che le aziende produttrici siano altamente formate e specializzate nella produzione dei vaccini – asserisce Bruno – e che dispongano di una capacità di investimento importante per rispondere alle necessità tecnologiche e di risorse umane». In Italia, ad oggi, le aziende in possesso di queste credenziali sono poche.
  5. Infialamento
    La procedura va svolta in un ambiente asettico, con fiale/flaconi sterili in caso di vaccini stabili, o avviando un procedimento di liofilizzazione per vaccini instabili in forma liquida, che dovranno poi essere ricomposti con l’aggiunta di una soluzione acquosa prima dell’iniezione.
  6. Confezionamento e rilascio dei lotti
    Il fill and finish richiede controlli qualitativi, requisiti normativi, procedure autorizzative, diversi tipi di imballaggio a seconda del Paese di destinazione, rispetto della catena del freddo anche nelle fasi di distribuzione verso farmacie e farmacie ospedaliere, distributori, autorità sanitarie. Attività a cui l’Italia è in grado adempiere in autonomia per sé e per l’estero.

«L’obiettivo, condiviso anche del governo – conclude Bruno – è arrivare a disporre di poli vaccinali, con la partecipazione di aziende farmaceutiche e contributi dello Stato che ne consentano lo sviluppo in tutte le fasi produttive sul territorio. Obiettivo che richiede l’allineamento alle Buone Pratiche di Fabbricazione (GMP), aziende autorizzate e competenti nella produzione, un networking sinergico tra istituzioni, mondo accademico, centri di ricerca pubblica e privata e aziende farmaceutiche».