Ci sono anche i ricercatori del dipartimento di Biologia dell’Università di Roma Tor Vergata tra gli autori di una ricerca pubblicata su Cell Metabolism che ha fatto luce su un nuovo meccanismo di regolazione del tessuto adiposo bruno. Tessuto caratterizzato da un’importante funzione termogenica, in quanto preposto a “bruciare” i grassi in esso immagazzinati convertendoli in calore. La perdita di questa funzione è ritenuta essere alla base dell’insorgenza di numerose malattie metaboliche correlate all’età, tra cui il diabete di tipo 2, con meccanismi non ancora ben definiti.
Proprio l’identificazione di un nuovo meccanismo di regolazione del tessuto adiposo bruno basato sull’interazione tra cellule immunitarie e adipociti è stato al centro dello studio coordinato dai ricercatori italiani guidati da Katia Aquilano e Daniele Lettieri-Barbato; studio che si propone di aprire la strada verso l’identificazione di nuovi bersagli farmacologici per la prevenzione e cura delle malattie metaboliche associate all’invecchiamento.
Il tessuto adiposo bruno svolge un ruolo essenziale nel mantenimento della temperatura corporea dei neonati. Questo tessuto, infatti, è ricco di mitocondri, gli organelli responsabili della produzione di calore grazie all’azione della proteina termogenina; i substrati “bruciati” dagli adipociti sono rappresentati dalle riserve di grassi immagazzinati all’interno degli adipociti o delle cellule adipose brune, il glucosio e altri lipidi che provengono dal flusso sanguigno.
Con l’avanzare dell’età il tessuto adiposo bruno perde le sue caratteristiche pur mantenendo una residua attività termogenica; in particolare, esso è poco attivo in individui obesi e/o affetti da diabete di tipo 2. Lo studio pubblicato su Cell Metabolism indica che, quando stimolati a produrre calore a seguito di un’esposizione al freddo, gli adipociti bruni espellono nell’ambiente extracellulare parti di mitocondrio danneggiate dal funzionamento massivo. “Tale rilascio, avviene attraverso vescicole trasportatrici dedicate”, spiega Katia Aquilano. “Cellule immunitarie specializzate, i macrofagi, vengono poi richiamate all’interno del tessuto adiposo bruno agendo da veri e propri spazzini che si occupano di eliminare questo materiale di scarto attraverso il meccanismo della fagocitosi e successiva degradazione lisosomiale”.
La ricerca è partita da esperimenti preliminari di proteomica su vescicole extracellulari da tessuto adiposo bruno, che hanno permesso di evidenziare concentrazioni maggiori di proteine mitocondriali nel caso di animali esposti al freddo, rispetto a campioni analoghi da organismi allevati a temperatura ambiente. “Se i macrofagi non rimuovessero questi detriti, questi ultimi danneggerebbero gli adipociti bruni, compromettendo così la loro attività metabolica e termogenica. Pertanto, comprendere le cause alla base dell’alterazione della funzione del tessuto adiposo bruno risulta di notevole importanza per lo sviluppo di terapie contro diverse malattie metaboliche correlate all’età”, ha sottolineato Lettieri-Barbato.