Questa volta è forse proprio il caso di dire che “è stata fatta nuova luce” nel campo dei gliomi, una forma molto aggressiva di tumore cerebrale. I risultati ottenuti dai ricercatori del Dipartimento di Scienze del farmaco dell’Università del Piemonte Orientale coordinati da Silvia Garavaglia, pubblicati su Communications Biology, hanno portato alla messa a punto di una molecola fluorescente altamente specifica in grado di legarsi in modo selettivo all’enzima aldeide deidrogenasi 1A3 “illuminandolo” unicamente a livello delle cellule tumorali, e non dei tessuti sani. Un fatto che potrebbe in futuro risultare d’aiuto ai neurochirurghi, che potrebbero venire guidati in sede operatoria dalla luce emessa dalla sonda per compiere una resezione totale della massa tumorale. La terapia primariati gliomi, infatti, rimane la resezione chirurgica in una posizione anatomica spesso complessa; questo tipo di tumori sono tra i più frequenti tra quelli che interessano il sistema nervoso centrale, e portano a una prognosi spesso infausta. In particolare, per i glioblastomi, la percentuale di sopravvivenza dei pazienti a cinque anni dalla diagnosi non supera il 5%.

Lo ricerca condotta nei laboratori dell’UPO ha riguardato aspetti di biochimica, analisi della relazione struttura-funzione di un enzima, sintesi chimica e biologia molecolare e cellulare. La proteina target era già stata individuata da studi precedenti condotti dallo stesso gruppo di ricerca come un rilevante bersaglio per lo sviluppo di nuove molecole per la diagnosi precisa e accurata del glioma e di terapie farmacologiche dirette verso queste forme di neoplasie. Il progetto è attualmente in fase preclinica; l’obiettivo è di giungere in un paio d’’anni, grazie ad un recente finanziamento, ad avere una molecola da testare in fase clinica.

Le tecniche chirurgiche attuali utilizzano la fluoresceina quale sonda fluorescente per marcare l’area tumorale; questa molecola, tuttavia, non ha nessuna specificità biochimica ma entra come tracciante nei glioblastomi dove la barriera ematoencefalica è danneggiata. La mancata selettività comporta una scarsa specificità nell’illuminare il tessuto malato rispetto ai tessuti sani. Questo collo di bottiglia è stato superato dai ricercatori piemontesi, che hanno disegnato una molecola altamente specifica per l’iso-forma ALDH1A3 sovra-espressa in questi tumori, sfruttando una specifica e puntiforme differenza di aminoacidi fra l’ALDH1A3 e altri isoenzimi di questa famiglia enzimatica. Lo strumento così ottenuto ha permesso di “illuminare” solo le cellule tumorali staminali mesenchemali sia in vitro, su linee primarie di pazienti, sia in vivo, in un tumore cerebrale murino, senza avere nessun effetto sugli astrociti sani presenti nel cervello.

La molecola che abbiamo isolato – spiega  Silvia Garavaglia – si comporta come un nastro adesivo fosforescente che si carica autonomamente con la luce, simile a quelli sulle pareti delle camerette dei bambini che sono quasi invisibili durante il giorno e che si trasformano in stelle, lune e cuori quando è buio. La nostra sonda si lega molto bene all’enzima bersaglio presente in grande quantità nel tumore e, una volta illuminato con la luce adatta, ne rivela la posizione permettendo al neurochirurgo di operare in modo molto preciso rimuovendo tutte le cellule cancerose tumorali.”

Il lavoro è stato svolto in stretta collaborazione con Alberto Minassi, professore di chimica organica all’Università del Piemonte Orientale, Lorenzo Magrassi, professore di Neurochirurgia all’Università di Pavia e medico presso l’IRCSS Policlinico San Matteo di Pavia, ed Edoardo Gelardi, ricercatore post-doc all’Istituto Europeo Oncologico di Milano.