Ci sono momenti in cui ciascuno di noi, al di là degli impegni di lavoro, guarda al mondo che ci circonda con gli occhi di un “semplice cittadino” che si aspetta la possibilità di vivere bene, quindi in armonia con se stesso, con i suoi affetti, con le sue amicizie. Credo che nella scala dei valori la maggior parte di noi, giustamente metta la salute al primo posto; abbiamo sperimentato nel recente passato su larga scala cosa significhi avere seri problemi di salute, ed anche quanto un semplice ma forte mal di testa abbia l’effetto di ridurre quasi a zero la nostra capacità di connettere, e quindi di svolgere proficuamente la maggior parte delle nostre attività. Ecco che quando il cittadino si trova a vivere il ruolo di paziente, le sue aspettative sopra esplicitate, si concentrano essenzialmente sullo star bene; l’armonia, gli affetti, il lavoro passano in secondo piano a fronte del bisogno prioritario di trovare rimedi al disagio fisico in cui si trova. Ma non dobbiamo preoccuparci di questo, il mondo Healthcare è li, pronto a fornire il supporto necessario… Ma è poi proprio così? Non ritengo che si possa dare una risposta univoca a questa domanda, credo che si debbano fare dei “distinguo” ed è quello che tenterò di fare in quanto scrivo qui a seguire.
Nuove terapie per contrastare gravi patologie per affrontare patologie emergenti (malattie autoimmuni, malattie rare, pandemie). E’ innegabile che ci sia da essere soddisfatti ed anche positivamente meravigliati dei passi da gigante che la scienza ha fatto e sta facendo in questi ultimi anni; quando sentiamo parlare di terapie rigenerative, di terapie avanzate, e quando molto più “semplicemente” riflettiamo sui tempi di sviluppo e commercializzazione dei vaccini per contrastare il Covid dobbiamo essere molto compiaciuti di quanto la scienza sta facendo. Possiamo perciò affermare con certezza e che la Scienza, intesa come ricerca farmacologica, consideri il paziente realmente al centro ; qualcuno tenterà di obiettare sul fatto che le aziende farmaceutiche che mettono a disposizione i farmaci salvavita lo fanno per avere un ritorno economico, ma qui mi fermo; sono argomentazioni senza il senso delle dinamiche del mondo in cui viviamo; non è il caso di perdere tempo su queste critiche. Altro è invece quando si affronta il tema della salute da un altro osservatorio; quello che il paziente abitudinario vive nella sua quotidianità, sentendosi ripetutamente dire che deve ritenersi fortunato ad avere un sistema sanitario come quello disponibile sul territorio italiano. Se già non lo sapevamo, I media e le nostre esperienze dirette, soprattutto legate alla recente pandemia, ci hanno reso edotti della reale situazione.
Carenza dei medici di base: pilastro essenziale come primo referente per il paziente; causa uscita negli ultimi due anni di oltre 2000 medici di base, circa 3 milioni di pazienti si sono trovati senza medico; forse questo dato di fine 2021 è ancora in crescita. Molti di questi pazienti sono stati indirizzati ad altro medico, aumentandone il plafond e conseguentemente riducendone i potenziale di supporto/visita/paziente.
Numero chiuso a medicina: anacronistico il fatto che si stia ancora dibattendo sul mantenimento o sulla eliminazione di questo vincolo che alla luce anche del valore di questo tipo di laurea sarebbe da giudicare assurdo.
Tempi di attesa inaccettabili: come è possibile che una struttura “pubblica” proponga mesi di attesa per una TAC, una RMN, una EGDS, proponendo allo stesso paziente un appuntamento nel giro di una, due settimane se il paziente è disposto, nella stessa struttura, a eseguire il test “privatamente”?
Autonomia regionale: argomento recentemente entrato nuovamente nelle prime pagine, per ovvii motivi; qualche riflessione il lettore deve farla sull’ argomento “autonomia differenziata” e sulla possibili ricadute. Mi limito solo a considerare come, a livello europeo ci stiamo concentrando sul volere una Europa federale che abbia regole certe, ineludibili, e controllate nella attuazione da parte di tutti i singoli stati e come invece in Italia si punti al federalismo regionale “differenziato” senza aver ancora definito centralmente regole di “governance” certe, ineludibili e controllabili, soprattutto quando di parla di salute e di istruzione. Non credo che quando si tratta di salute un cittadino italiano debba ricevere dal Sistema Salute un trattamento differenziato se è residente in Lombardia piuttosto che in Calabria.
Pertanto in base a quanto ho qui affermato, credo sia legittimo chiedersi se sia realmente la centralità del paziente quello che più “catalizza” i decisori di turno. Per concludere, e qui un ulteriore richiamo a quanto già ho detto in precedenti editoriali, e sostenuto in occasione di eventi scientifici, quando si parla di Supply Chain del farmaco non ritengo che le decisioni, o meglio le non decisioni di chi dovrebbe avere il dovere di prenderle, possano avere qualche punto in comune con l’affermazione della centralizzazione del paziente. Disponibilissimo a confrontarmi su questi temi e felice di essere smentito da fatti nuovi che nel frattempo si dovessero “materializzare”.