Credo che si sia tutti concordi nell’affermare che il cambiamento è il motore della continuità dell’esistenza dell’uomo. Viene da chiedersi cosa sarebbe adesso dell’uomo se, quando viveva nelle caverne, non si fosse posto il problema di trovare nuovi metodi e strumenti per procurarsi il cibo, per sopravvivere al freddo, per migliorare la qualità della sua vita. Trovo molte affinità tra la parola “cambiamento” e la parola “ricerca”; credo che la ricerca sia l’espressione più compiuta per rappresentare questa connaturata tendenza dell’uomo a trovare nuove soluzioni e conseguentemente a scoprire, inventare nuove e più efficaci soluzioni ai problemi legati alla sua sopravvivenza. Questo principio credo sia facilmente dimostrabile in ogni campo; l’uomo che scopre rimedi alla sua vita, e quindi a trovare risposte per curare le malattie, per comunicare con gli altri uomini, per migliorare le modalità di lavoro, per scoprire come velocizzare i suoi spostamenti… E quindi, in ultima analisi, come avvalersi di strumenti che gli permettano di ottimizzare i processi in base ai quali è scandito il ritmo della sua vita.

Ma se tutto questo fosse vero e condivisibile, ci sarebbe allora da concludere che l’uomo è predisposto a cambiare, anzi, ad essere lui stesso un artefice del cambiamento, in tutti quei comparti della sua vita privata e di lavoro dove potrebbe incidere portando le sue idee, o condividendo quelle di chi sta facendo con lui lo stesso percorso di vita. Allora come giustifichiamo le difficoltà che nel mondo del lavoro si riscontrano quando ci cerca di apportare cambiamenti ai processi che scandiscono le modalità da seguire per svolgere le nostre attività? Perché dover affrontare nell’ambito di un progetto innovativo, accanto alle classiche attività di progetto anche e soprattutto la resistenza al cambiamento delle persone coinvolte? Chi si cimenta in processi di cambiamento deve tenere in massima evidenza il fatto che la parte più difficile da affrontare non è l’analisi delle varie soluzioni, la definizione del percorso, la supervisione di tempi, costi e quant’altro legato alle classiche attività di Project Management.

Se si vuole che un progetto di “cambiamento” vada a buon fine si deve tenere in debita evidenza che il fattore critico di successo è l’uomo; l’uomo deve essere coinvolto ben prima di avviare un progetto che preveda cambiamenti di processo, con conseguenti impatti sull’Azienda, sul suo ruolo futuro, sulle sue responsabilità nell’ambito del progetto stesso. Occorre tenere presente che l’uomo, nella maggior parte dei casi si pone con le classiche domande cui occorre dare risposta prima ancora che vengano formulate, e cioè: “Abbiamo sempre fatto così e tutto è andato bene, perché cambiare?”, “Cosa ci perdo?”, “Cosa ci guadagno?”, “Sarò capace?”. Ho trovato che questa frase che prendo in prestito per chiudere questa mia riflessione renda bene il significato di quello che è il mio suggerimento a chi si accinge a gestire un Progetto che implica cambiamenti.

“Se vuoi costruire una nave, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito”
Antoine de Saint-Exupéry