Il mercato premierà sempre più le aziende che riescono a coniugare profitto e impatto positivo sui territori e sociale. Il Green Deal sta facendo emergere modelli di business più responsabili che costituiscono vantaggi competitivi. È stato questo uno dei temi affrontati dalla consueta assemblea annuale dei soci di CPA, l’Associazione italiana dei produttori di principi attivi e intermedi per il mercato dei farmaci generici, che si è svolta a Monza presso lo Sporting Club.
Selezione del partner e accesso al credito in base alla misurazione dell’impatto su ambiente e stakeholder
La sostenibilità sta diventando un prerequisito in molti comparti, investendo anche il farmaceutico: emblematico il caso Chiesi, diventata capofila e apripista della trasformazione italiana. Diverse società stanno scegliendo di diventare Società Benefit o certificarsi B Corp. Anche la filiera ne viene coinvolta, con la richiesta ai propri fornitori di compiere scelte analoghe. E dalle istituzioni finanziarie c’è maggiore predisposizione al credito a favore delle aziende che misurano la sostenibilità. Onoblo, società di consulenza che si occupa di trasformazione aziendale, digitale e in Società Benefit, ha raccontato ai soci di CPA le due forme che oggi rappresentano l’avanguardia in tema di trasformazione green. Benefit è una nuova forma giuridica, prevista in Italia dal 2016 (primo Paese in Europa a formalizzarla), in valutazione in alcuni Stati europei e ammessa in alcuni stati Usa e del Sudamerica. Le Società Benefit sono for profit (le non profit sono escluse), ma hanno integrato lo scopo di beneficio comune verso gli stakeholder (governo d’impresa, lavoratori, ambiente e altri portatori di interesse) a quello di business. Sono obbligate ogni anno a presentare un report (depositato insieme al bilancio) dove raccontano cosa stanno facendo per raggiungere gli obiettivi prefissati. Il successo crescente di questa modifica statutaria è dato dai numeri: da 64 nel 2016 oggi sono quasi tremila, in base ai dati di Assobenefit.
Molte aziende si stanno invece certificando B Corp, certificazione rilasciata dall’ente no profit americano B Lab e da rivalidare ogni tre anni. Sono 6.400 nel mondo, 220 in Italia (la prima è stata Nativa nel 2014), tra cui Chiesi e Aboca. L’incremento nel 2022 è stato del 69%. Una certificazione difficile da ottenere: solo il 3-5% di chi si sottopone al B Impact Assessment raggiunge gli 80 punti minimi (soglia sopra la quale si restituisce valore alla società e ambiente). Entro un certo periodo le B Corp devono anche trasformarsi in Società Benefit. Pensare a questi impegni come onerosi orpelli di marketing o magari da cavalcare in versione greenwashing sarebbe un errore. Bastino due riflessioni. Fino a dieci anni fa la finanza sostenibile era ad appannaggio di pochi investitori per pochi miliardi di dollari, l’ultimo report dice che nel mondo sono arrivati a 35 trilioni di dollari. Come hanno spiegato bene i consulenti di Onoblo, le aziende, spinte da questo sistema, cambieranno il modo in cui selezionano i propri partner e la filiera; e i bandi pubblici diventeranno sempre più accessibili solo a chi ha certi requisiti in termini di misurazione della sostenibilità. Senza dimenticare che, secondo alcune survey, il 75% dei giovani va a lavorare in aziende che rispondono a certi valori: dunque è anche un modo per attrarre e trattenere talenti.
Brevetto unitario e nuove proposte sul periodo di esclusività per prodotti farmaceutici in Europa
CPA ha organizzato per il 13 di giugno un webinar focalizzato sulle norme brevettuali e regolatorie che governano il mercato farmaceutico e sulle recenti proposte in esame in Europa, che potrebbero modificare nel giro di qualche anno le attuali dinamiche dei prodotti generici. Paride Grisenti, Chemical-Pharmaceutical consulting and Ip management, ha spiegato i cambiamenti in atto e in discussione, che avranno e potranno avere già effetti concreti a breve. “I due fattori che regolano il mercato farmaceutico in Europa sono di tipo brevettuale e regolatorio. Oggi la protezione brevettuale concede al titolare del brevetto un periodo di esclusività di circa 20 anni (salvo periodi di compensazione noti come Spc che di fatto possono estendere questo periodo fino a un massimo di 5 anni), mentre l’EMA (l’ente regolatorio europeo) garantisce al titolare della autorizzazione a immissione in commercio un periodo di esclusività di 10-11 anni. Questo periodo di esclusività, garantito dall’ente regolatorio, impedisce che un genericista possa ottenere da EMA l’autorizzazione a immettere nel mercato un farmaco “copia” (il generico). Tale periodo si suddivide in una fase di 8 anni, detto data exclusivity (in cui un genericista non può utilizzare i dati dell’originator), e di successivi due anni, detto market exclusivity, in cui il genericista può sviluppare il prodotto generico ma non immetterlo ancora in commercio. L’attuale proposta a livello europeo è quella di ridurre il periodo di esclusività e in particolare di data exclusivity da otto a sei anni. L’obiettivo è rendere più accessibili i generici in Europa, accelerandone di fatto l’iter di approvazione. Le aziende farmaceutiche originator, titolari di autorizzazione di immissione in commercio, vedono in questa proposta un’importante riduzione del periodo di esclusività di mercato (con conseguenti ricadute negative sui loro fatturati)”. “C’è un fermento sul tema – ha aggiunto il general manager Marcello Fumagalli – Due anni in meno di esclusività su una commercializzazione di un prodotto farmaceutico equivalgono a milioni di euro. Apre, è vero, possibilità per i genericisti, ma non tutti sono d’accordo, c’è uno scontro anche interno”.
Relativamente alla protezione brevettuale in Europa, dal primo giugno 2023 si potrà procedere alla brevettazione utilizzando un nuovo strumento noto come Brevetto Unitario Europeo. Questo non cambierà le regole di concessione, ma introdurrà aspetti normativi e di tassazione che lo renderanno accessibile a costi di concessione e di mantenimento più bassi, avvicinandoli a quelli degli Usa. “Attualmente i costi di deposito e mantenimento di un brevetto in Europa sono più elevati rispetto a una corrispondente domanda di brevetto USA”. Cambieranno anche le regole legate ai tribunali che devono giudicare i casi di contraffazione brevettuale. È stata creata infatti una giurisdizione unica e specializzata in materia di brevetti (il Tribunale unificato dei brevetti). La centralizzazione dovrebbe garantire maggiore omogeneità di trattamento delle controversie brevettuali. “Per le istanze di primo grado, relativamente ai brevetti farmaceutici con Spc, il tribunale avrà sede in Francia (Parigi); altre sedi previste saranno localizzate in Italia (Milano) e in Germania (Monaco). All’Italia dovrebbe spettare di dirimere le controversie brevettuali e di proprietà intellettuale in materia di scienza medica-veterinaria e igiene, brevetti farmaceutici privi dei certificati di protezione supplementari (SPC), biotech non farmaceutico, agricoltura, alimenti e tabacco”. “Una scelta che purtroppo rimarca come l’Italia non sia considerata affidabile”, ha fatto notare Fumagalli.
Finanza integrata
C’è stato un tempo in Italia in cui si parlava di finanza creativa, oggi grazie alla tecnologia si fa concretamente Embedded finance, ovvero si integra la finanza nelle aziende. Ai soci di CPA Greta Antonini di Opyn, principale abilitatore tecnologico per il lending alle PMI in Italia per conto di banche e asset manager e primo lending as a service europeo per erogato, ha spiegato i vantaggi del Fintech. Le aziende che hanno liquidità e voglia di crescere e investire possono offrire servizi finanziari a fornitori o clienti, diventando loro stesse le banche, grazie a piattaforme con licenza creditizia, che svolgono analisi velocissime attraverso machine learning e Ai. Casi eclatanti sono quelli di Uber, Walmart, Amazon. I vantaggi sono per esempio nella rapidità dei tempi di erogazione del prestito, “da 7 a 10 giorni rispetto ai 3-4 mesi della banca”, riduzione dei rischi di insoluto e dei costi amministrativi. Nel 2022 Opyn ha erogato 752 milioni a 2396 imprese e in dieci anni 1,7 miliardi a seimila aziende.