Il nuovo accordo di libero scambio tra il Consiglio europeo e la Nuova Zelanda è stato sottoscritto dalle due parti lo scorso 27 giugno, e dovrebbe essere seguito da un analogo accordo tra il paese australe e l’Unione Europea.

Il commercio bilaterale di beni tra i due blocchi agli estremi opposti del globo è ammontato nel 2022 a quasi 9,1 miliardi di euro, con l’UE che rappresenta il terzo partner commerciale della Nuova Zelanda. Grazie alla firma dell’accordo, l’aspettativa è di vedere un aumento del 30% di tali valori, con un export potenziale annuo da parte dell’UE che è atteso raggiungere i 4,5 miliardi €. L’accordo prevede anche un taglio di circa 140 milioni € l’anno di dazi per le imprese europee a partire dal primo anno di applicazione. Anche gli investimenti europei nel paese australe potrebbero aumentare, con stime che arrivano fino all’80%, e aprire nuove opportunità sia per le imprese che per i consumatori. L’accordo, che comprende anche impegni in campo sociale e del clima, entrerà in vigore a partire dal primo giorno del secondo mese successivo alla conferma da ambo le parti di aver completato tutte le procedure richieste, o da altra data concordata. L’accordo deve ora ottenere il placet del Parlamento europeo ed essere ratificato dalla Nuova Zelanda.

Nel suo comunicato, il Consiglio europeo sottolinea come il nuovo accordo di libero scambio con la Nuova Zelanda rappresenti un elemento chiave della strategia dell’Unione europea nell’area Indo-Pacifica. Esso, infatti, rappresenta il primo esempio di accordo commerciale che integri in modo pieno il nuovo approccio dell’UE al commercio e allo sviluppo sostenibile adottato nelle conclusioni del Consiglio europeo del 17 ottobre 2022.

Tra i punti principali dell’accordo vi è l’eliminazione di tutte le tariffe doganali sulle esportazioni chiave verso la Nuova Zelanda, l’apertura del suo mercato dei servizi in settori chiave e un accesso migliorato per le aziende europee ai contratti di fornitura con il governo neozelandese. L’accordo prevede anche di rendere più prevedibile e trasparente il flusso di dati per il commercio digitale, con mantenimento di elevati standard di protezione dei dati personali. Non mancano neanche le misure a favore dell’export da parte delle piccole e medie imprese, la riduzione delle richieste e procedure di compliance e diritti di proprietà intellettuale allineati con gli standard europei.