Agli occhi dei cittadini italiani, il Servizio sanitario nazionale ottiene la sola sufficienza (6,3), mentre la sanità privata gode di una percezione un po’ più elevata (7,1): i dati provengono dall’annuale rapporto “Outlook Salute Italia 2023 – Prospettive e sostenibilità del Sistema Sanitario” di Deloitte e segnano, in entrambi i casi, un peggioramento rispetto ai valori di confidenza fatti rilevare l’anno precedente. 

Dalla terza edizione dell’Outlook Salute emergono alcune traiettorie di evoluzione del nostro Sistema sanitario nazionale, che sempre più si vede affiancare da attori privati, nuovi player digitali e dal mondo delle assicurazioni nel venire incontro alle esigenze degli italiani. Sicuramente la trasformazione in chiave digitale della Sanità è una di queste traiettorie, fortemente accelerata dalla pandemia. Circa 1 adulto italiano su 2 prenota online prestazioni sanitarie, la stessa percentuale riceve referti o altri documenti via e-mail o scaricandolo dal Fascicolo sanitario elettronico, da un’app o sito internet”, ha commentato Guido Borsani, partner di Deloitte e Government & Public Services Industry Leader.

Il difficile accesso alle prestazioni sanitarie

Le rilevazioni di Deloitte indicano che negli ultimi anni è calata la percentuale di chi dichiara di fruire di alcune delle principali prestazioni sanitarie, in particolare per quanto riguarda il ricorso ai medici di famiglia e ai pediatri (dato passato dal 64% nel 2019 al 48% nel 2022), la diagnostica strumentale (dal 50% al 41%), le cure odontoiatriche (dal 44% al 36%) e gli esami di laboratorio (dal 66% al 59%).

Il reddito appare essere un fattore determinante nella possibilità di accedere alle alle principali prestazioni sanitarie: il 67% dei rispondenti con un reddito mensile famigliare superiore ai 2.500 euro ha indicato di accedere alle visite specialistiche, ad esempio, contro il 45% di chi ha un reddito famigliare più basso. Il 32% di adulti italiani intervistati nell’indagine ha dichiarato di avere dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie nell’ultimo anno; di questi, il 61% lo ha fatto per motivi economici, un dato in crescita rispetto alla precedente edizione.

I cali più rilevanti negli accessi alle strutture pubbliche sono stati registrati a livello di esami di laboratorio (-24% rispetto al 2021) e i piccoli interventi ambulatoriali (-22%). Il rapporto Deloitte indica anche cali significativi anche per altri servizi, quali le visite specialistiche, la diagnostica strumentale e l’accesso a strutture protette.

In crescita rispetto all’anno precedente è risultato essere l’accesso ai servizi erogati tramite le farmacie, che si vanno attestando sempre più come uno dei presidi sanitari di prossimità. Sono soprattutto i più giovani a ricorrere alla farmacia per un supporto sanitario, in particolare per consulenze e per le analisi base, mentre solo un terzo circa degli over-65 ha dichiarato di rivolgersi a una farmacia per questo tipo di prestazioni.

Il rapporto Deloitte indica anche che il tasso di utilizzo delle polizze salute è aumentato rispetto all’anno precedente. In questo ambito, sia i possessori di polizze che chi non ne è dotato concordano nella richiesta di un ampliamento dell’offerta con prestazioni non coperte dal Servizio sanitario nazionale.

Scarsa è anche la percezione tra gli intervistati dei possibili effetti che potrebbero avere sulla sanità italiana le azioni previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Circa un terzo del campione ha indicato di non essere informato sulle iniziative previste in ambito Sanità dal PNRR e al loro possibile impatto, metà ritiene che questi investimenti impatteranno (molto o abbastanza) sull’efficienza della Sanità italiana. 

L’utilizzo dei canali digitali per interagire con il sistema Salute si sta diffondendo sempre più: un quarto degli intervistati ha acquistato beni sanitari tramite e-commerce, più di un terzo degli adulti utilizza dispositivi e app per il monitoraggio della salute e il 76% ha dichiarato di conoscere il Fascicolo sanitario elettronico (FSE), che è stato utilizzato dal 44% dei casi nel corso del 2022. Il rapporto evidenzia però anche come per gli intervistati il contatto diretto medico-paziente non può essere sostituito dal contatto digitale.