La rilevazione precoce della malattia di Parkinson e di altre forme di demenza da corpi di Lewy potrebbe in futuro giovarsi dei risultati ottenuti dai ricercatori dell’Università di Bologna, dell’IRCCS – Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna e dell’Università di Lund (Svezia), che hanno messo a punto un test sul liquido cerebrospinale per rilevare la presenza della malattia prima della comparsa dei sintomi.
I risultati, pubblicati in due articoli su Nature Medicine, indicano che il metodo permette una valutazione della proteina alfa-sinucleina patologica migliore, dal punto di vista della medicina di precisione, nei pazienti con decadimento cognitivo anche lieve per prevedere possibili traiettorie cliniche.
“Il test sul liquido cerebrospinale che abbiamo sperimentato ha restituito risultati molto promettenti”, ha commentato Piero Parchi, professore al Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell’Università di Bologna, tra i coordinatori dello studio. “Ci aspettiamo che il test inizi ad essere utilizzato in tempi brevi, per migliorare la capacità di diagnosi e di prognosi nelle cliniche specializzate che si prendono cura di individui con disturbi del movimento e sintomi cognitivi”.
I risultati del primo studio
La malattia da corpi di Lewy, termine ombrello che include sia il morbo di Parkinson che la demenza da corpi di Lewy, è la seconda malattia neurodegenerativa più comune dopo il morbo di Alzheimer.
L’instaurarsi della patologia deriva dal malripiegamento della proteina alfa-sinucleina presente nel cervello, che si aggrega formando i cosiddetti “corpi di Lewy” responsabili del danneggiamento delle cellule nervose. La forma patologica dell’alfa-sinucleina è in grado di indurre il malripiegamento anche di altre molecole, dando così luogo a un effetto domino che porta allo sviluppo della patologia.
Il gruppo di ricerca dell’Università di Bologna e dell’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche diretto dal professor Parchi ha contribuito in modo significativo allo sviluppo e validazione clinica del nuovo metodo diagnostico, che utilizza un test ultrasensibile di amplificazione in vitro – chiamato RT-QuIC – che permette di rilevare nel liquido cerebrospinale la presenza dell’alfa-sinucleina patologica (qui il link allo studio).
Il metodo permette di superare i molti limiti dell’approccio in uso, in cui la determinazione della presenza di corpi di Lewy è demandata a un esame neuropatologico dopo il decesso del paziente.
Il gruppo di ricerca bolognese ha dimostrato l’alta accuratezza diagnostica del test nei pazienti affetti da malattia di Parkinson e da demenza da corpi di Lewy, anche grazie alla disponibilità di una casistica di pazienti con diagnosi verificata dall’esame neuropatologico.
In collaborazione con il gruppo dell’Università di Lund diretto dal professor Oskar Hansson i ricercatori bolognesi hanno completato due nuovi studi che hanno coinvolto oltre 2 mila svedesi, suddivisi tra persone che non mostravano alcun deterioramento cognitivo o difficoltà motorie e pazienti con decadimento cognitivo.
L’analisi del liquido cerebrospinale ha evidenziato che quasi il 10% degli “asintomatici” aveva corpi di Lewy nel cervello, confermando come sia possibile rilevare la malattia da corpi di Lewy anche prima che compaiano i primi sintomi.
“Nonostante i partecipanti non avessero problemi cognitivi o neurologici al prelievo del liquido spinale, abbiamo osservato che quelli con corpi di Lewy nel cervello hanno successivamente sperimentato un declino delle loro funzioni cognitive nel tempo, e alcuni hanno anche sviluppato il morbo di Parkinson o la demenza da corpi di Lewy negli anni successivi“, conferma il professor Parchi.
I risultati del secondo studio
Nel secondo studio, i ricercatori hanno effettuato il test su oltre 800 individui con difficoltà cognitive, ottenendo in circa il 25% di loro un risultato indicativo della malattia da corpi di Lewy. Circa la metà di questi, inoltre, mostrava un accumulo delle proteine amiloide e tau, che sono associate alla malattia di Alzheimer, e una progressione più rapida della malattia. Elementi che suggeriscono come questi cambiamenti cerebrali interagiscano tra loro, e che sono quindi di grande importanza clinica per prevedere la prognosi del paziente.
Dalla ricerca è anche emerso che la presenza di corpi di Lewy nel cervello è fortemente associata a un ridotto senso dell’olfatto, anche prima che si siano sviluppati altri sintomi. Una caratteristica, questa, che potrebbe rivelarsi utile per la sperimentazione di farmaci mirati a limitare la formazione dei corpi di Lewy.
“Molto probabilmente, farmaci di questo tipo avrebbero migliori possibilità di essere efficaci se somministrati precocemente nel corso della malattia“, conferma Parchi. “Per questo, individui asintomatici con un ridotto senso dell’olfatto e risultati positivi al test per i corpi di Lewy, potrebbero costituire un gruppo ottimale per le sperimentazioni farmacologiche“.