Il tumore al seno metaplastico, una forma rara ma aggressiva di carcinoma mammario, può avere origini ereditarie. A rivelarlo è uno studio dell’Istituto europeo di oncologia (IEO) di Milano, pubblicato su European Journal of Human Genetics, che per la prima volta dimostra l’esistenza di un collegamento fra questo temibile cancro e le mutazioni del gene BRCA1.
I risultati acquisiti su un’ampia casistica di pazienti sottoposti al test genetico dei geni BRCA1 e BRCA2 – è bene precisare che ogni anno, in Italia, il 15% dei casi di tumore dell’ovaio (780 diagnosi), il 10% di quelli della prostata (4.050) e il 7% della mammella (3.900) rimandano alla mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2, mentre il pericolo di trasmissione dai genitori ai figli delle mutazioni nei geni BRCA è del 50% -, selezionati sulla base della loro storia oncologica personale e familiare, mostrano che è ereditaria un’alta percentuale dei tumori metaplastici diagnosticati, oltre il 50% nella casistica IEO.
Risultati, quelli ottenuti, «a dimostrazione che le opzioni chirurgiche per il tumore metaplastico potrebbero essere più estese, come anche la mastectomia profilattica controlaterale», riferisce Paolo Veronesi, direttore del programma di Senologia dell’Istituto europeo di oncologia.
In un editoriale pubblicato sulla stessa rivista scientifica, Gareth Evans, genetista del Manchester University Hospital, sottolinea che la rilevanza della scoperta alberga nell’opportunità di comprendere meglio le dinamiche di nascita e sviluppo del tumore metaplastico, tanto complesso quanto eterogeneo, per incrementarne le opzioni di cura, a ora circoscritte e poco efficaci.
Tumori metaplastici e presenza di BRCA
Chirurgo senologo IEO, ricercatore dell’Università degli Studi di Milano e primo autore dello studio, Giovanni Corso spiega: «Il tumore al seno metaplastico è ancora per lo più un mistero: sappiamo che è raro – meno del 5% di tutti i tumori del seno -, colpisce di frequente le donne giovani e purtroppo risponde pochissimo alle terapie. Ma non sappiamo il perché». Ragione per cui la scoperta del suo possibile collegamento con BRCA1 «apre finalmente orizzonti inediti di cura, con i farmaci di nuova generazione che hanno dimostrato efficacia contro i tumori che presentano questa mutazione».
Studi precedenti avevano già segnalato il possibile ruolo di BRCA1 nell’incrementare il rischio di tumore metaplastico, «ma il nostro lavoro è il primo che dimostra, con un’analisi retrospettiva di 5226 pazienti con tumore al seno sottoposte a test genetici in IEO, che oltre il 50% dei tumori metaplastici sono associati significativamente alla presenza di BRCA», riprende Corso.
Concludendo: «di certo occorre cautela e, soprattutto, ancora ricerca sui tumori metaplastici. Tuttavia, come accade per tutti gli altri tumori rari, spesso poco curabili, anche risultati iniziali, come i nostri, aprono uno spiraglio concreto al trattamento e accendono una luce di speranza per le nostre pazienti».
Il ruolo di BRCA1 nell’aumento del rischio
Nell’ambito dello studio condotto dall’Istituto europeo di oncologia «abbiamo in primo luogo osservato una frequenza maggiore di tumori metaplastici nelle pazienti portatrici di mutazioni nei geni BRCA: 1,2% rispetto allo 0,2% rilevato nelle pazienti non mutate. Poi abbiamo trovato che in questo sottogruppo tutte le pazienti erano portatrici di BRCA1 e nessuna di BRCA2. Tali risultati attestano che il tumore metaplastico ha una chiara predisposizione ereditaria associata al BRCA1» ammettono Bernardo Bonanni, direttore della Divisione di prevenzione e genetica oncologica e coautore dello studio, insieme a Mariarosaria Calvello, coautrice e Monica Marabelli, corresponding author dell’articolo (entrambe della stessa Divisione).
Va da sé che si si tratta di risultati ottenuti su una casistica assai selezionata. «Per questo – puntualizzano i tre esperti – si rendono necessari ulteriori studi su popolazioni di pazienti non selezionate con test genetico per comprendere quale sia il vero ruolo del gene BRCA1 nell’insorgenza del tumore metaplastico della mammella. Risulterà rilevante, inoltre, approfondire il coinvolgimento di altri geni nell’origine di questa rara forma di tumore».