Oltre il concetto di One Health, un approccio globale alla salute che comprende uomo, animale e ambiente secondo una visione olistica. La Longevity oggi viene interpretata e studiata dalla ricerca scientifica e da nuovi Hub tra cui G-Gravity, come “impegno” a riempire di vita gli anni, non di anni di scarsa qualità la vita, gravata da una salute compromessa. Un concetto che differisce sensibilmente dall’aging. Se ne è parlato in occasione del Convegno “Longevity & Aging”, tenutosi a Milano e promosso da Nucleate – organizzazione internazionale no profit attiva in ambito Bio-Entrepreneurship – in collaborazione con G-Gravity – hub phygital di Innovazione e Centro di competenza dedicato all’Healthcare.

Longevità è vivere bene

Si amplia l’idea di benessere, inteso non più e non soltanto come aumento del life span, cioè della durata della vita, ma come incremento di tutti i fattori che possono potenziare un invecchiamento di qualità. Un impegno che la scienza e la ricerca hanno assunto come vocazione e dovere verso una popolazione, come quella italiana, sempre più longeva: «I “moderni” senior arrivano con sempre maggiore frequenza alla 4° età – spiega Roberta Gilardi, CEO di G-Gravity– pluri-comorbidi,con 2 o 3 patologie concomitanti: ciò significa per la persona è portatrice di una minore qualità della vita, ed è un aggravio importante per i sistemi sanitari. Il contesto demografico e sociale richiede che il focus, specie in una proiezione dell’immediato futuro, prima ancora che sulla salute, si sposti sulla prevenzione. Una “azione” che consentirà di garantire maggiore salute a tutta la popolazione, compresa quella in (fase di) invecchiamento, e la sostenibilità dei sistemi sanitari. La prevenzione, infatti, non può cominciare a 80 anni: noi siamo il prodotto di come siamo stati capaci e in grado di trattare il nostro corpo nell’arco della vita. La presa in carico e in cura che gli riserviamo è la prima e più efficiente misura per metterlo al riparo dagli innumerevoli fattori che contribuiscono, in positivo e in negativo, a generare salute: fattori endogeni, come un buon corredo genetico, fattori esterni (esogeni) da quelli ambientali, a quelli epigenetici, fino a fattori individuali e comportamenti voluttuari, come ad esempio l’adozione di stili di vita – sedentarietà, dieta poco sana, stress – che sono consoni o meno al fisico. Il corpo ha innumerevoli potenzialità, che se non adeguatamente sfruttate incidono sullo stato di salute: la scienza oggi offre più salute e opportunità, anche con la “medicina della longevità”.

Medicina della longevità

È tra le branche più recenti della scienza medica e lavora su una pluralità di fronti che possono contribuire alla prevenzione e/o a una longevità di qualità e attiva. Tra i vari ambiti di interesse ci sono ad esempio la nutrizione e la nutraceutica che ha l’intento di sopperire alle carenze nutrizionali o ad un’alimentazione scorretta/inadeguata che arriva sulle nostre tavole. «Inoltre – prosegue Gilardi – si sta sviluppando un’ampia letteratura sull’utilizzo di peptidi per il ringiovanimento o comunque il mantenimento della qualità delle cellule, ricorrendo anche a meccanismi indotti dall’esterno. Fra questi vi sarebbe evidenza di benefici derivanti dalle criocamere, ovvero dalla permanenza per alcuni minuti in ambienti in cui la temperatura è a 200°C sotto zero. Oppure una parte della medicina estetica sta fruttando alcuni dei fattori di ringiovanimento dei tessuti, in particolare del tessuto adiposo a più alto contenuto di cellule staminali quindi con una elevata capacità rigenerativa, per poi ritrasferirlo nel paziente con l’intento di ridare ai tessuti in via di degradazione con l’età, un ringiovanimento strutturale. Con una funzionalità prevalentemente estetica, come confermato anche da studi di letteratura, si sta implementando l’uso di ultra-frequenze utili a stimolare l’auto-ringiovanimento dei tessuti con effetti benefici in termine di maggiore distensione del volto o, ad esempio, scomparsa di rughe». Tali setting di trattamenti trovano già applicazione in centri di riferimento, gestiti da medici con expertise in medicina della longevità – branca specializzata nell’intercettare e trattare problematiche dell’invecchiamento – in una logica di prevenzione grazie all’utilizzo di diversi “strumenti”: dal movimento, a pratiche di benessere, a trattamenti medicali, fino allo sfruttamento di risorse organiche.

Nuove tecnologie

In un’ottica di prevenzione, grande interesse sta destando il filone di ricerca delle neuroscienze: malattie mentali e degenerative, quali Alzheimer, Parkinson e più in generale le varie forme di demenza senile in costante crescita, cui si associano diverse criticità. Prima fra tutti il fatto che, di norma, i pazienti che ne sono portatori vivono a lungo, spesso non in buone condizioni di salute e con un conseguente impatto, importate, oltre che sui sistemi sanitari e assistenziali anche sul contesto familiare e dei care-giver. «Il più delle volte non esiste un sistema strutturale e gestionale intorno a queste patologie – commenta Gilardi – trascurando una serie di costi associati, terapeutici, assistenziali e sociali, che ricadono in gran parte dei casi sulle famiglie, spesso costringendo i caregiver a rinunciare a parte della propria vita privata e professionale per assistere la persona affetta da patologia». Per sopperire a queste carenze sta prendendo avvio un filone di ricerca rivolto all’innovazione e dedicato anche ai caregiver, con lo sviluppo ad esempio di supporti tecnologici che aiutano ad assistere meglio al domicilio anziani con patologia: un sensibile beneficio in grado di prevenire “reazioni avverse” frequenti e importanti, quali un brusco peggioramento della condizione clinica dell’anziano, strappato al proprio contesto abitativo e collocato di una RSA (residenze sanitarie assistenziali) o strutture simili. «Sono in corso una serie di ricerche e strumenti che consentono di migliorare la qualità della vita in maniera non invasiva – precisa Gilardi – tra cui anche un progetto europeo che stiamo avviando con la collaborazione di un centro di innovazione di una università estera, volto a dimostrare come l’ambiente sia e possa diventare supportivo in tutte le fasi della vita, con particolare attenzione alle persone anziane cui è possibile garantire un’autonomia nel loro ambiente di vita». Ad esempio, in questa direzione e fra i possibili nuovi modelli di vita di domani, «si stanno avviando e sperimentando diverse opportunità: da modelli di Social Housing – chiarisce Gilardi – che unisce residenzialità a supporti e tecnologie che fanno convivere giovani e anziani. L’esperienza, sperimentata soprattutto all’estero, ha dato risultati positivi, in termine soprattutto di arricchimento socio-relazionale per entrambe le figure e cognitivo per l’anziano. Queste ultime sono soluzioni improntate sulla logica dell’RSA: le strutture residenziali, infatti, al loro interno presentano tutti i servizi e i supporti che consentono all’anziano di andare a trascorrere periodi di vacanza fino a trasferirsi nel caso sia abbiente, mantenendo costante anche il contatto interpersonale. Un aspetto quest’ultimo di particolare rilevanza: non siamo solo socialità e biologia, siamo anche relazione e occorre garantire per il presente e il futuro opportunità di vita che mantengono viva la relazionale, a favore di longevità e ben-essere». Ciò richiederà la formazione di esperti adeguati a ottemperare alle varie situazioni contingenti, qualificando il personale attraverso varie iniziative: aspetti di cui si stanno occupando recenti start up, con servizi di consulenza e supporto finalizzato alla comprensione dei bisogni di cui il contesto sociale e familiare necessita. «Occorre dare valore a queste persone  – conclude Gilardi – che fanno un servizio sociale alla persona e alle famiglie, sviluppando anche tecnologie, approcci e modelli che cambieranno il modo di vivere della 3 e 4 età da oggi e nel futuro».