Si è tenuto a Milano il 16 novembre il primo convegno organizzato interamente da NCF – Notiziario Chimico Farmaceutico, in occasione dei suoi primi 60 anni. L’evento, intitolato “Made in Italy, tra eccellenze e nuove sfide”, è stato realizzato presso il Palazzo della Cultura a Milano, sede del Gruppo Tecniche Nuove, con il patrocinio di AFI – Associazione Farmaceutici Industria, il sostegno di Aseptconn AG, Eurpack, IMA, Olon e Pharmintech powered by Ipack-Ima, e la partecipazione di Fondazione UNIMI e GUNA.
Dopo i saluti e l’introduzione ai lavori di Ivo A. Nardella, presidente del gruppo editoriale Tecniche Nuove Spa, ha preso la parola il direttore scientifico di NCF (e GdS Supply Chain e Innovazione di AFI) Alberto Bartolini, moderatore dell’evento. I relatori hanno catturato l’attenzione della platea che riempiva la sala con approfondimenti davvero interessanti su argomenti di varia natura, tutti collegati alla storia passata e presente di eccellenza dell’industria chimica e farmaceutica nel nostro Paese, con uno sguardo al futuro.
Una storia che ha radici antiche, risalenti ai primi testi sull’Arte del farmaco che furono pubblicati proprio in Italia e dei quali non si deve perdere memoria, come ha sottolineato con passione Marcello Fumagalli, Direttore Generale CPA Italy, nel suo intervento “Dal Rinascimento a oggi, l’impronta italiana nella storia farmaceutica”. I presenti sono stati accompagnati in un viaggio letterario lungo quasi 800 anni, partendo dai primi documenti scritti che risalgono all’inizio del secolo XIII (1225): “ordinanze” che l’Imperatore Federico II fece emanare per disciplinare il servizio della “Spezieria e della medicina”. Giunti agli albori del “Rinascimento”, alla fine del XV secolo, comparvero le prime Farmacopee italiane e in particolare i Ricettari Fiorentini, il cui impatto – edizione dopo edizione – è stato determinante, tanto da lasciare segni tangibili fino all’età contemporanea nelle moderne Farmacopee. Sorprende scoprire che si trova traccia remota perfino dell’attività ispettiva su chi maneggiava medicamenti, che ancora oggi viene praticata con rigore nelle farmacie in base alle normative vigenti con ispezioni preventive, ordinarie e straordinarie. Gli “ispettori” nell’antichità si chiamavano “veditori”.
Maria Luisa Nolli, Consigliere AFI e Founder/Ceo NCNbio SrL, si è invece focalizzata sul “Presente e futuro degli ATMP: tra sfide e opportunità”, ricordando la differenza enorme sotto vari livelli (dimensioni della molecola di principio attivo, complessità di produzione, esiti terapeutici, costi…) degli approcci farmacologici tradizionali delle “small molecules”, passando per le molecole proteiche (es anticorpi monoclonali) prodotte con le biotecnologie, fino ad arrivare alle terapie cellulari più moderne e di avanguardia con gli ATMP (Advanced Therapy Medicinal Products). L’evoluzione della medicina che si basa su terapia cellulare e genica è rapidissima e inarrestabile perché consente risultati impossibili attraverso strategie più semplici. Le CAR-T, per esempio, stanno rivoluzionando la strategia di alcuni tipi di tumori, primi tra tutti quelli del sangue. Le terapie geniche intervengono per sostituire geni malati guarendo patologie considerate finora incurabili. Gli investimenti in ricerca sono enormi e aprono scenari di cura non solo per malattie rare, ma anche per patologie più diffuse. C’è già chi riesce a intravvedere in un futuro prossimo il superamento dei trapianti d’organo grazie alle terapie innovative di avanguardia, come per esempio l’ingegneria dei tessuti per la ricostruzione degli organi. Il percorso di ricerca e produzione che porta all’utilizzo concreto di un nuovo prodotto è complesso e costellato di ritiri dal commercio non di rado dovuti alla non sostenibilità economica della produzione piuttosto che a problemi di efficacia o di tossicità. Per questo motivo è necessario che tutti gli attori coinvolti lavorino insieme in uno sforzo collettivo per promuovere gli ambiti dove l’innovazione è radicale, rendendola il più sostenibile possibile in modo che i pazienti che ne hanno bisogno possano trovare il farmaco disponibile sul mercato.
Giorgio Bruno, presidente AFI, ha sottolineato come l’industria farmaceutica in Italia sia un settore di eccellenza e il fiore all’occhiello che spicca sugli altri settori industriali italiani. I dati che ha mostrato testimoniano come l’industria farmaceutica “made in Italy” rappresenti un patrimonio ingente che genera 49 miliardi in valore della produzione, di cui quasi il 90% di export. Gli investimenti in produzione e ricerca rivestono 3,3 miliardi e livelli occupazionali negli ultimi 5 anni sono cresciuti del 9% soprattutto tra i giovani e le donne che oggi rappresentano il 44% del totale degli occupati. L’Italia è prima in Europa in sviluppo e produzione di farmaci “per conto” delle grandi multinazionali del farmaco da parte delle aziende conosciute come CDMO (Contract Development and Manufacturing Organizations). Questi numeri, insieme alla consapevolezza che il comparto genera una parte importante del PIL nazionale, suggeriscono che dovrebbe essere tenuto in particolare considerazione all’interno dei progetti di nuove politiche industriali per il Paese per consentirne un ulteriore sviluppo. Per crescere sarebbe utile anche un quadro regolatorio stabile.
Il punto di forza dell’industria farmaceutica risiede nel “capitale umano” formato da addetti preparati in modo eccellente e capaci di cercare e trovare soluzioni sempre più innovative anche grazie alla stretta collaborazione tra aziende, mondo accademico e istituzioni. L’innovazione, però, richiede investimenti adeguati ed è necessario nell’immediato futuro diminuire la dipendenza di principi attivi e intermedi dall’estero per mettere in sicurezza le filiere strategiche. Inoltre, i prezzi amministrati riducono le marginalità e creano situazioni di insostenibilità produttiva che andrebbero corrette con urgenza intervenendo con ritocchi alle normative di legge ormai troppo vecchie che oggi sono all’origine del problema.
Luca Baraldi, Chief Research Manager Centro Studi MECS – UCIMA, ha sottolineato come l’industria italiana primeggi anche nel settore della produzione dei macchinari di packaging sia per l’industria alimentare (56,7%) che per il non-food (43,3%). Il mercato farmaceutico e chimico ne ricopre il 16,7% e il 3,5%, rispettivamente. Il valore totale mondiale del comparto è di 50 miliardi di euro, previsto in crescita: 8,5 miliardi provengono dal mercato italiano e 1,4 di essi riguardano il mondo “pharma” (dati 2022). L’Italia, infatti, è leader mondiale con 616 aziende produttrici. Un macchinario su due in Europa viene costruito nel nostro Paese. La progettazione e la produzione poggiano su doti di grande ingegno, tenendo conto degli aspetti di sostenibilità. Si cercano sempre materiali nuovi, ove possibile monomateriali per consentire il riciclo, si riducono le dimensioni delle confezioni, ma non viene mai trascurato l’obiettivo primario di salvaguardia dell’integrità del prodotto, che è irrinunciabile e deve essere garantito.
Renato Minasi, GdS Integratori Alimentari – AFI, ha parlato del mercato degli integratori alimentari e di come si inserisce nel contesto europeo. Ancora una volta l’Italia di trova al primo posto in Europa con un fatturato di 4,5 miliardi di euro su un totale di 13 miliardi. Quanto ai volumi, l’Italia è prima con una quota del 28,6% seguita da Germania (18,8%), Francia (12%), Regno Unito (9,5%) e Spagna (7,2%). In Italia il 54% della popolazione utilizza regolarmente integratori per promuovere il proprio benessere, rispetto a quote che variano tra il 20% e il 25% in Germania, Francia e Regno Unito (dati Censis 2019). La forte propensione dei consumatori italiani per gli integratori si riflette in modo evidente nella spesa media pro-capite dedicata che in Italia è di circa 64€, rispetto ai 33€ della Germania, ai 32€ della Francia e ai 21€ del Regno Unito. Questa situazione di eccellenza deriva da una tradizione ultra-cinquantennale di prodotti dietetici ed erboristici che si sono trasformati in integratori alimentari seguendo il progredire delle normative di settore. Alla base del successo di consumi c’è l’evoluzione del concetto di salute da mera cura di una malattia a un’ottica di prevenzione e di promozione del benessere, inteso come stato di equilibrio generale. Il comparto è solido e impiega circa 200.000 addetti lungo l’intera filiera con più di 1.200 aziende che operano nel settore. Anche la quota di export è molto significativa, attestandosi intorno a 1 miliardo di euro e rivestendo l’ottava posizione a livello globale. In Italia il canale di elezione per l’acquisto è la farmacia. Se in prossimo futuro questi prodotti entrassero a far parte della prevenzione primaria di tante patologie non trasmissibili, ne potrebbe derivare un risparmio cospicuo per il Sistema Sanitario Nazionale, sempre sotto pressione.
Il moderatore Alberto Bartolini, Direttore Scientifico di NCF e GdS Supply Chain e Innovazione di AFI, è quindi passato al ruolo di relatore, approfondendo il tema della logistica del farmaco. In un’ottica di continua ricerca di miglioramento lungo tutta la filiera, ha segnalato alcune criticità legate alla tracciabilità del farmaco nei punti terminali della catena di distribuzione, poco prima che arrivi all’utente. I tre passaggi dal depositario (grandi magazzini multi-mandatari) alla distribuzione secondaria (grossisti) al punto finale nelle farmacie territoriali o ospedaliere si basano su trasporti con vari mezzi, principalmente su ruote. Il veicolo è a tutti gli effetti un magazzino su ruote e dovrebbe assicurare tutte le garanzie di conservazione del farmaco valide nei magazzini fisici. Inoltre, manca una normativa che preveda la completa tracciabilità di ogni farmaco, inclusi dettagli sul lotto di produzione e scadenza, tra la distribuzione secondaria e la farmacia. Il ritiro di lotti difettosi non può quindi avvenire in modo automatico ma deve ancora passare attraverso comunicazioni scritte affidandosi poi al rigore di controllo delle giacenze di magazzino di chi detiene il farmaco per la dispensazione. Nonostante il livello di eccellenza dimostrato a tutto tondo dal comparto dell’industria farmaceutica italiana, esistono quindi ancora spazi di miglioramento, in particolare a livello della Supply Chain. La tracciabilità delle confezioni, la sicurezza all’atto della dispensazione, la garanzia della conservazione dei farmaci al giusto range di temperatura, la verifica che il Time out of range (TOR) non superi mai il periodo previsto dalle prove di stabilità, l’adeguatezza del trasporto, sono ambiti che possono e dovrebbero essere curati con maggiore attenzione.
L’incontro si è concluso con una Tavola rotonda alla quale hanno partecipato Chiara Ciotti, Project manager Seed4Innovation di Fondazione UNIMI; Antonella Zaghini, CSR & Institutional Communication Director, GUNA Spa; Laura Musacchio, Sales manager North Italy di Aseptconn AG e Marcello Ghelfi, Sales Director EMEA, IMA Life Division, che hanno commentato i contenuti del pomeriggio, aggiungendo un apporto interessante derivato dalla propria esperienza professionale personale.