Il focus di questo mese è dedicato al Laboratorio 4.0. Due articoli, rispettivamente di Giuliana Miglierini (pag. 26) e di Giovanni Abramo (pag. 32), decisamente interessanti sia per chi già sta affrontando il tema della trasformazione digitale, sia per chi si sta avvicinando a questa realtà che sta
pervadendo il mondo dell’industria. Il settore farmaceutico ne sarà sempre più impattato, in quanto la certezza del rispetto di una regola essenziale, quella della Data Integrity, non può che passare attraverso fasi obbligate quali l’integrazione dei sistemi informatici per garantire il singol set of numbers,
la smaterializzazione e la virtualizzazione della documentazione. Passi fondamentali per poter digitalizzare i processi esistenti e quelli che verranno introdotti a seguito della trasformazione in atto in ambito R&D, Manufacturing, Quality e Distribution. Big Data, Analytics e AI sono stati alla base dell’evoluzione della ricerca e dello sviluppo in ambito farmaceutico.
Nel mondo della scienza è più che normale che l’industria si avvalga di nuove tecnologie, previa ovviamente il conoscerne le modalità di utilizzo e i relativi impatti, ma questo sviluppo così spinto ormai ha coinvolto anche la normale vita quotidiana dell’uomo, che deve accedere tramite la rete a informazioni e servizi essenziali. Riflessioni che ultimamente mi capita di fare spesso di fronte a quanto accade nel mondo e al modo in cui la tecnologia pervade sempre più ogni aspetto della nostra vita. Mi chiedo se in effetti l’uomo sia in grado di affrontare le sfide che quotidianamente ci vengono proposte dal sistema, sfide che non possono essere eluse se si intende fare parte del sistema stesso per quanto di nostra necessità. Cybersecurity, Data Privacy, Firma Elettronica, SPID, ad esempio, ormai sono tutti elementi che fanno parte del nostro vivere quotidiano, se non altro per consultare il nostro Fascicolo Sanitario, per colloquiare con l’INPS o con l’Agenzia delle Entrate. Detto questo, ci siamo mai chiesti dove si possono trovare “istruzioni per l’uso” a prova dell’italiano medio, che non necessariamente deve essere un giovane laureato in informatica, ed appassionato della materia? Accanto ai nati nel terzo millennio, quindi da ventenni fino ad arrivare ai più giovani, e penso ai miei nipotini che già nei primi anni della loro vita sono attratti dallo smartphone, dobbiamo pensare alle persone nate nella seconda parte dell’ultimo secolo, per molte delle quali l’impatto di quanto sopra è stato veloce, invasivo e quasi sempre privo di qualsiasi supporto “didattico” sul come avvalersi di quanto non è più solo un’opportunità offerta, ma spesso una conditio sine qua non per poter operare.
La tecnologia deve evolvere, ma credo che sarebbe meglio che ciò non avesse una ricaduta pesante sul modo in cui l’utente si deve avvicinare al mondo che vive sulla rete. Per non parlare degli assistenti virtuali (tipico esempio pratico di applicazione di AI) con i quali chi possiede dispositivi ormai di comune diffusione può colloquiare verbalmente, chiedendo informazioni. Ribadisco che personalmente sono un fautore dell’innovazione tecnologica, e quindi non vorrei che quanto scritto facesse pensare il contrario; l’auspicio è che nel momento in cui si mettono in atto misure, più che giustificate, per proteggere i dati ci fosse un po’ di attenzione (istruzioni per l’uso più semplici) per quelle persone che, usando una terminologia molto di moda, sono i più fragili per quanto riguarda la capacità di adeguarsi al nuovo mondo tecnologico.