La sezione del sito dell’Agenzia europea dei medicinali dedicata alle Questions and Answers (Q&A) in tema di Good Manufacturing Practices (GMP) e Good Distribution Practices (GDP) per i medicinali umani e veterinari si è arricchita di quattro nuove domande relative all’Annex 1 (produzione di medicinali sterili).
Le risposte fornite sono conseguenza delle discussioni e del consenso raggiunto all’interno del GMP/GDP Inspectors Working Group di EMA, e sono atte a chiarire meglio alcuni aspetti delle linee guida europee sulle GMP e GDP. Le nuove Q&A vengono pubblicate secondo necessità, quanto il Working Group di EMA ne avverte il bisogno, e possono venire rimosse singolarmente nel momento in cui vi sia un aggiornamento delle linee guida da parte della Commissione europea.

Il limite massimo del bioburden

La prima domanda riguarda il massimo livello accettabile per il bioburden. I limiti di specifica dovrebbero essere NMT 10 CFU/100 ml, in linea con quanto previsto dalla linea guida sulla sterilizzazione dei prodotti medicinali e delle sostanze attive (EMA/CHMP/CVMP/QWP/850374/2015).
Più in particolare, in caso d’installazione di un pre-filtro e ove non altrimenti giustificato, la Q&A raccomanda fortemente di fissare tale limite prima della prima filtrazione, dal punto di vista delle GMP. Limiti più alti del bioburden non dovrebbero venire giustificati dalla maggiore capacità di due filtri consecutivi per la ritenzione dei batteri.
In casi particolari opportunamente giustificati può essere accettabile anche un limite pre-filtrazione maggiore, ad esempio nel caso di processi compressivi di fermentazione, componenti erbali, uso di acqua purificata per preparazioni oftalmiche, ecc. Andrebbe comunque sempre dimostrato che il primo filtro è in grado di raggiungere il bioburden di NMT 10 CFUs/100 ml prima dell’ultima filtrazione, secondo quanto indicato dalla linea guida sulle forme finite di dosaggio (CPMP/QWP/486/95 and EMEA/CVMP/126/95).

Metodi rapidi e isolatori chiusi

La seconda domanda riguarda l’accettabilità dei metodi rapidi per la rilevazione dei microrganismi in zone classificate di grado A o B. La Q&A specifica che i metodi rapidi costituiscono una delle possibili alternative di sistemi di monitoraggio, purché vengano rispettati i requisiti dei paragrafi 9.28, 9.30 and 9.31 dell’Annex 1.
La terza domanda riguarda le condizioni in cui un isolatore può venire considerato un “isolatore chiuso”. La Q&A specifica che l’Annex 1 distingue tra isolatori chiusi (in cui il trasferimento dei materiali avviene via connessioni asettiche, e che rimangono sigillati durante le operazioni) e isolatori aperti (che invece permettono l’ingresso/uscita continua o semi-continua dei materiali durante le operazioni attraverso una o più aperture, progettate in modo da evitare l’entrata di contaminanti esterni nell’isolatore).
La risposta specifica che, ai sensi della definizione dell’Annex 1, può essere considerato chiuso un isolatore progettato per interfacciarsi con un airlock di trasferimento dei materiali che utilizzino procedure riproducibili di bio-decontaminazione, come quelle VPHP a perossido di idrogeno attivo in fase di vapore. È tuttavia necessario dimostrare che l’interfaccia costituisca una barriera efficiente rispetto all’ambiente circostante, mediante studi di qualifica e validazione e dati di monitoraggio. Il riferimento ai requisiti richiesti è ai paragrafi 4.10, 4.11 e 4.12 dell’Annex 1. EMA sottolinea anche come tali elementi dovrebbero venire discussi con l’autorità regolatoria di riferimento.

Campionatura del bioburden per il rilascio parametrico

La quarta domanda riguarda i requisiti per il campionamento del bioburden ai fini del rilascio parametrico dei lotti. La Q&A fa riferimento al paragrafo 10.4 dell’Annex 1, che specifica come tale tipo di rilascio necessiti di un programma di monitoraggio pre-sterilizzazione del bioburden per i prodotti riempiti, prima d’iniziare la sterilizzazione. Il test del bioburden, inoltre, dovrebbe venire effettuato per ogni lotto (o sotto-lotto).
Il campionamento dovrebbe avvenire secondo uno scenario “worst case” e dovrebbe essere rappresentativo del lotto. In caso d’individuazione di microorganismi, questi dovrebbero venire opportunamente identificati, con valutazione dell’impatto sul processo di sterilizzazione, e monitoraggio dei livelli di endotossine e pirogeni ove richiesto.
La Q&A fa anche riferimento al paragrafo 4.9 dell’Annex 17 per quanto riguarda lo sviluppo del programma di monitoraggio del bioburden pre-sterilizzazione ai fini del rilascio parametrico. Viene specificato che la determinazione del bioburden dovrebbe aver luogo per ogni lotto, e che in caso di presenza di microrganismi dovrebbe venire confermato che non si tratti di specie formanti spore, che potrebbero essere resistenti alla sterilizzazione. Andrebbe anche valutato in modo specifico il tempo occorso tra campionamento, sterilizzazione e testing.
È possibile ricorrere anche ad approcci diversi, purché opportunamente giustificati. Gli elementi che dovrebbero sempre venire presi in considerazione includono i materiali coinvolti nel processo, inclusi quelli di confezionamento, l’omogeneità del bioburden tra sotto-lotti diversi, la presenza di microrganismi e il tempo tra campionamento e sterilizzazione.