Dietro il grande momento di popolarità dell’Intelligenza artificiale a livello popolare, si nasconde un’altra attività, altrettanto intensa, probabilmente anche più importante dal punto di vista dell’impatto sulla vita quotidiana nel lungo periodo, ma anche molto più discreta. Riguarda tutte le possibili applicazioni nel mondo aziendale, il cui reale impatto, con relativi investimenti, sono ancora da inquadrare bene. Tra i settori più attenti, tutto quanto ruota intorno al mondo della Salute, con il farmaceutico in particolare, attivo di recente con un convegno organizzato da CPA Italy – Chemical Pharmaceutical Generic Associaton a Milano lo scorso 23 maggio e dal titolo “Il ruolo rivoluzionario dell’Intelligenza Artificiale (IA) e del Machine Learning nel contesto digitalizzato, affrontando sfide e opportunità nel settore”.
Intelligente, ma non troppo
«Abbiamo chiamato IA una tecnologia in realtà capace di agire su velocità, ricerca e trattamento delle informazioni – ha esordito Marcello Fumagalli, general manager di CPA – Per quanto riguarda il chimico farmaceutico, potenzialmente utile anche senza lasciarsi attrarre dal concetto non sempre chiaro di qualcosa di artificioso». Da qui, emerge subito la necessità, e la volontà del settore di chiarirsi le idee senza perdersi in discussioni poco concrete dal proprio punto di vista, così da inquadrare appena possibile le potenzialità e sviluppare una relativa strategia. «I clienti in effetti hanno grandi aspettative sull’argomento – sottolinea Luigi Roggia, Senior Data Scientist & Digital Innovation Expert di Apply Quantum – Non è neppure facile da inquadrare per chi non sia del mestiere, a partire dalla percezione errata di qualcosa in grado di fare tutto da sola».
Convinzione molto diffusa, in realtà a livello business è uno degli ostacoli più critici, perché per arrivare a sfruttare l’IA serve prima di tutto una procedura di machine learning. Quindi, in estrema sintesi, grandi quantità di dati, da analizzare, classificare e selezionare a dovere per garantirne la qualità. Attività tanto impegnativa sotto tutti i fronti quanto importante in vista del traguardo finale, passando per il Deep Learning, gli algoritmi in grado di tradurre in pratica il potenziale. «Il livello attuale di IA non si può considerare realmente intelligente – avverte Roggia – Ragiona solo in base alle istruzioni, manca quindi la consapevolezza. In prospettiva, in particolare per settori come salute, Sanità e difesa, è interessante seguire l’evoluzione legata alle tecnologie quantistiche».
Alla ricerca della migliore applicazione
Un futuro non necessariamente vicino, lontano quindi dalle esigenze attuali del mondo business. Dove però, il potenziale dell’IA si può già esprimere in modo concreto. A partire da situazioni quotidiane, con benefici immediati. «Un’azienda molto attiva nella R&D si trovava a dover gestire ogni giorno migliaia di file non organizzati, su hard disk – racconta Ciro Cottini, Digital Data & Modelling Head di Chiesi Farmaceutici – Documenti da smistare o da consultare singolarmente, spesso dopo averli aperti manualmente». Pronta la soluzione sviluppata, con un software in grado di automatizzare le operazioni. Capace quindi di leggere i documenti e interpretare le informazioni, anche da scansioni, così da procedere in autonomia e sgravare il personale da una parte di lavoro tanto onerosa quanto poco produttiva.
Una prima fase di analisi per mettere a fuoco concetti e relazioni, ha permesso di individuare i criteri per la classificazione e procedere così all’addestramento dell’algoritmo, per poi concludere con una valutazione definitiva condotta su documenti diversi da quelli usate nella fase precedente. I primi sei mesi di attività hanno prodotto risultati interessanti, al punto da pensare presto di estenderne l’applicazione fuori dal reparto R&D. Al tempo stesso, inquadrando la necessità di una grande quantità di dati di qualità per l’addestramento e lo sviluppo di regole per collegare le sorgenti non strutturate.
Una questione di principio attivo
Dal punto di vista del settore chimico-farmaceutico, molto interessante anche un’altra applicazione, mirata a individuare le molecole potenzialmente più adatte per essere trasformate in principi attivi e quindi prodotti. Il ruolo dell’IA è supportare la fase di selezione, riducendo i tempi spesso lunghi richiesti da test su elementi promettenti ma che poi si rivelano inadatte intervenendo sin dalle prima fasi di selezione, dove di fronte all’impossibilità di sintetizzare ogni molecola, in genere si procede per via statistica. La prospettiva è contare su un algoritmo in grado di individuare le maggiori probabilità di successo e orientare di conseguenza le risorse.
Ancora più diretta all’utente un’ulteriore applicazione collegata alla spirometria. Un esame di per sé non particolarmente complesso, ma soggetto a una certa variabilità legata a gesti errati o colpi di tosse durante la lettura. Le procedure attuali comportano anche passaggi manuali per il responso dello specialista e possono richiedere diversi giorni. L’intervento dell’IA aiuta a riconoscere prima di tutto fattori esterni, ma soprattutto a indirizzare il responso in modo più oggettivo, senza dipendere necessariamente da una sola figura incaricata.
Tempi più brevi per le molecole
Dal punto di vista dell’industria però, la fase di sviluppo di un farmaco resta tra le più impegnative. Di conseguenza, anche quella dove un apporto dell’AI può portare benefici importanti. «Un prodotto nasce con la scoperta di una molecola, il relativo brevetto seguito dai test e dall’approvazione – spiega Pierantonio Facco, Professore Associato presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Padova – Il tutto può richiedere dagli otto ai tredici anni, a fronte di una decina di anni nei quali recuperare i costi». Inoltre, sul mercato arriva in media una molecola su almeno un migliaio, ragione per la quale non di rado si decide di avviare la produzione prima di ottenere l’approvazione e ottimizzare i tempi. Con il rischio però, di perdite importanti.
Operazioni attualmente in mano a operatori esperti, ma dove esiste anche una grande quantità di dati. Terreno ideale quindi per un progetto software utile a ridurre scarti ed errori. Una fitta rete di sensori offre le informazioni già in formato digitale e normalizzate, pronte quindi per un algoritmo di IA a supporto delle decisioni, partendo da un’analisi descrittiva, per passare a quella diagnostica, seguita dalla fase predittiva prima di arrivare alla prescrittiva. Uno strumento utile a prevedere in anticipo la qualità del prodotto finale, l’allineamento alle specifiche ed eventualmente intervenire per tempo. Riducendo tempi e soprattutto costi dell’intero processo.
«Dal punto di vista di ottimizzazione dei costi, è interessante anche un progetto realizzato insieme a un importante produttore nel farmaceutico – conclude Facco – Ogni ingrediente di un medicinale in pillola ha effetto su come si dissolve e viene assorbito. Individuare il dosaggio giusto senza eseguire centinaia di esperimenti, per principi attivi da un milione di euro al chilo, significa risparmi considerevoli. Nel caso specifico, abbiamo ridotto gli esperimenti del 60%».