La sequenziazione dell’esoma (la regione codificante del genoma) di più di 2 mila pazienti affetti da malattia di Parkinson famigliare, e il suo confronto con i dati relativi a quasi 70 mila soggetti sani, ha portato alla scoperta di una mutazione del gene RAB32 nello 0.7% dei pazienti affetti da malattia di Parkinson. Lo studio internazionale è stato coordinato dall’Università del Massachusetts e ha visto la partecipazione anche di ricercatori dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano e dell’Università degli Studi di Milano. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Genetics.

I risultati ottenuti nel corso del progetto contribuiscono a spiegare le cause genetiche e i meccanismi patogenetici della malattia. La ricerca, infatti, ha permesso di dimostrare come la mutazione del gene RAB32 aumenti significativamente l’attività chinasica della proteina LRRK2, le cui mutazioni rappresentano una tra le forme genetiche più comuni della malattia di Parkinson. Si ha così sviluppo della neurodegenerazione tipica di questa patologia.
Questo studio rappresenta un passo avanti significativo nella comprensione della malattia di Parkinson,” ha commentato Nicola Ticozzi, direttore della U.O. di Neurologia dell’Auxologico e professore associato di Neurologia all’Università di Milano, coautore dello studio. “L’identificazione di un nuovo gene associato alla malattia offre nuove opportunità per la ricerca e il trattamento. Sapere che il gene RAB32 è coinvolto nella patogenesi della malattia permetterà infatti di esplorare nuovi percorsi biologici e potenziali target terapeutici.
Dal punto di vista pratico questa scoperta potrebbe in primo luogo migliorare la capacità di diagnosticare più precocemente la malattia di Parkinson, soprattutto nei casi familiari, permettendo interventi tempestivi. In secondo luogo, una migliore comprensione del ruolo dei geni RAB32 e LRRK2 nella malattia potrebbe portare allo sviluppo di nuovi farmaci mirati che agiscono su questi specifici meccanismi patogenetici, migliorando così le opzioni di trattamento disponibili. Il miglioramento nella diagnosi e nel trattamento della malattia di Parkinson che ne potrebbe derivare potrebbe contribuire a migliorare la qualità della vita dei pazienti e a ridurre l’onere economico e sociale associato a questa malattia.

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