Un progetto nato da una sfida, quella di quantificare la reazione immunitaria ai biomateriali a livello cellulare, riducendo i costi di scoperta dei biomateriali e il numero degli animali coinvolti, che sembra, finalmente, vinta. Il progetto In2Sight, coordinato dall’Università degli Studi di Milano-Bicocca, ha messo a punto un innovativo microchip, dal costo relativamente basso, per assolvere a questa mission. Pensato inizialmente 8 anni fa, In2sight è stato avviato nel marzo del 2021 da un consorzio internazionale composto da partner accademici, industriali e di ricerca a seguito del finanziamento della comunità europea (GA 964481). La parte della ricerca italiana è frutto della sinergia di tre atenei meneghini, ovvero l’Università di Milano-Bicocca che è capofila, il Politecnico di Milano e Università Vita-Salute San Raffaele. Alla guida di questo progetto vi è Giuseppe Chirico che, a Milano-Bicocca, è professore ordinario di Fisica Applicata ed è coordinato dal gruppo di Biofotonica del dipartimento di Fisica. L’ambizioso obiettivo è quello, di progredire, sì, nella ricerca sui biomateriali, ma, come detto, rendendola economicamente ed eticamente sostenibile. Con risultati davvero interessanti.
Durante i suoi primi 30 mesi di ricerca e sviluppo, infatti, il progetto In2Sight ha mostrato il suo grande potenziale per l’analisi quantitativa prolungata della risposta infiammatoria all’impianto di biomateriali. Il consorzio, tra l’altro, tiene costantemente aggiornato un dataset comprendente test di validazione e protocolli di utilizzo, depositati sulla piattaforma di dati open access Bicocca Open Archive Research Data (BOARD) e un brevetto europeo è già stato sottomesso e in fase di validazione. In2sight è un rivoluzionario dispositivo di imaging ottico in vivo basato su “un chip microstrutturato” per l’impianto di tessuto di animali da laboratorio caratterizzato da funzionalità rigenerative spontanee di tessuti vascolarizzati e da una serie di microlenti per l’imaging su punti multipli in situ”. Le immagini raccolte attraverso questo dispositivo sono analizzate tramite metodi di AI per essere trasformate in immagini istologiche facilmente leggibili dai patologi per una diagnosi. Tra i risultati, un miglioramento della penetrazione della luce nei tessuti e una limitazione dei problemi legati ad anomalie dell’immagine, e una maggiore quantificazione dell’osservazione in vivo.
Microscopia con eccitazione non lineare
Giuseppe Chirico spiega che ha avuto come motivazione fondamentale il miglioramento della qualità della scienza biomedica, in ottemperanza dei principi 3R (Replacement, Reduction, Refinement) e del concetto del “One-health”. Un profondo intento etico, oltre che medico.«Il progetto è nato parecchio tempo fa, almeno 6-7 anni prima della proposta fatta alla Comunità Europea, grazie alla collaborazione con due gruppi del Politecnico di Milano e con un gruppo del CNR (Istituto di Fotonica e Nanotecnologie, IFN-CNR). Uno, coordinato dal professor Giulio Cerullo, fisico la cui attività di ricerca si è svolta nel campo della Fisica dei Laser ultraveloci, fondamentali per il processo di fabbricazione del dispositivo sviluppato in collaborazione con il gruppo del prof. Roberto Osellame e della Dr.ssa Rebeca Martinez-Vazquez dell’IFN-CNR; l’altro, coordinato dalla professoressa Manuela Raimondi, bioingegnere che si è rivolta al laboratorio di Milano-Bicocca per condurre esperimenti di imaging su micro-strutture da lei ideate per la crescita e differenziazione di cellule staminali. Tramite questa sinergia, la zona di Milano è una delle poche dove la microscopia con eccitazione non linearie venga fatta su e tramite microstrutture specificamente pensate per la rigenerazione tissutale. La microscopia con eccitazione non lineare con micro-ottiche impiantabili, sviluppata dal progetto In2sight, rappresenta una soluzione innovativa che va oltre la semplice microscopia ottica a scansione, come la microscopia confocale. L’idea è che l’animale – o in futuro l’umano – porti in sé la parte terminale del microscopio impiantato e utilizzabile secondo le necessità diagnostiche.
Questo progetto, quindi, nato con un preciso intento etico nella ricerca biomedica, apre anche a nuove prospettive nell’applicazione delle nanotecnologie alla medicina personalizzata, fino ad ora inesplorate». Tramite la sinergia dell’Università di Milano-Bicocca e del Politecnico di Milano, due atenei con attrezzatture tecnologiche all’avanguardia, In2sight ha potuto sfruttare appieno i vantaggi di tecniche sofisticate, come quelli offerti dalla microscopia ottica con eccitazione non lineare, per applicazioni dirette in ambito biomedico. «La Microscopia ottica con eccitazione non lineare (principalmente microscopia a eccitazione a doppio fotone e microscopia di scattering di seconda armonica) è sempre basata su microscopi ottici a scansione come la microscopia confocale. A differenza di quest’ultima, però, permette di ottenere immagini in condizioni molto varie, da fettine di tessuto a esperimenti su animali anestetizzati. È intrinsecamente tridimensionale e produce immagini volumetriche e in funzione del tempo. Il vantaggio principale è proprio la possibilità di penetrare più in profondità nel tessuto grazie all’uso di luce infrarossa, evitando di foto-danneggiare il tessuto osservato e di ottenere immagini a buona risoluzione anche senza una colorazione specifica della zona interessata.
Avendo a disposizione questa tecnica e il giusto team di specialisti, è nata l’idea di introdurre l’imaging ottico in vivo per un innovativo test di biocompatibilità dei biomateriali. Dal punto di vista normativo e regolatorio, i test attualmente convalidati dalla CE richiedono l’utilizzo di una metodologia che, pur molto consolidata, è molto dispendiosa in termini di tempo e di animali e fornisce risultati solo qualitativi. Pensiamo che per un test occorrono almeno 4-5 tempi di osservazione e, per ogni tempo, occorre impiegare 6-7 animali da laboratorio. Esseri viventi che vengono sacrificati: per una validazione di biomateriale ne servono almeno una quarantina. Senza dimenticare il costo del tempo del ricercatore specializzato che, per portare a termine l’analisi, deve impiegare».
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