“Occorrono tanti anni e milioni di dollari per trovare e sviluppare un nuovo farmaco, soprattutto se stiamo parlando di farmaci multi-bersaglio”. Il rimando è ai farmaci a bersaglio molecolare che, rispetto alla chemioterapia tradizionale, colpiscono in modo selettivo una proteina mutata (oppure una via cellulare rilevante) nell’ambito di una determinata patologia. Selettività che diminuisce anche gli effetti indesiderati in rapporto alla chemioterapia classica. Incipit doveroso, quello espresso da Trey Ideker, professore di medicina e bioingegneria presso l’Università di San Diego (Stati Uniti), che con il suo team di ricerca ha sviluppato una piattaforma “unica” tra i nuovi strumenti di intelligenza artificiale per la scoperta di farmaci; uno strumento che – impiegando algoritmi avanzati di machine learning per analizzare enormi quantità di dati biologici e chimici – è in grado di identificare molecole con bersagli multipli (mentre, allo stato attuale, i protocolli in essere per la scoperta di farmaci danno priorità alle terapie a bersaglio singolo). Dunque, riuscendo a individuare con rapidità le molecole che hanno il potenziale di divenire farmaci efficaci.
La piattaforma “Polygon” riesce a simulare le interazioni tra le molecole e le proteine bersaglio, consentendo ai ricercatori di prevedere quali combinazioni risulteranno più efficaci nel trattamento del cancro. È facile comprendere a quale risultato mira il progetto (che ha coinvolto numerosi partner internazionali – tra cui istituti di ricerca e aziende – utili a fornire dati, risorse e competenze): ridurre il processo di sviluppo di nuove terapie e aprire a trattamenti inediti. “In gran parte, i farmaci a bersaglio molecolare multiplo sono stati scoperti per caso. Questa tecnologia potrebbe avviare una nuova generazione di medicina personalizzata”, puntualizza Ideker, direttore della National Resource for Network Biology (NRNB), del San Diego Center for Systems Biology e della Cancer Cell Map Initiative (CCMI).
Test e risultati della ricerca
Descritto su Nature Communications, “Polygon” riesce a generare strutture chimiche per candidati farmaci contraddistinti da determinate caratteristiche (ad esempio, la peculiarità di inibire specifiche proteine). Per testarlo, il team di ricerca guidato da Ideker ha generato centinaia di candidati farmaci che prendono di mira coppie di proteine legate al cancro. A quel punto, sono state individuate 32 molecole che hanno mostrato le interazioni più forti con i geni Mek1 e mTor, coppia di proteine che costituiscono un bersaglio incoraggiante per la chemioterapia combinata (ovvero il trattamento dei tumori con due o più farmaci, volto a sfruttare differenti meccanismi di azione farmacologica e ad annientare il maggior numero possibile di cellule tumorali): inibirle entrambe, infatti, è sufficiente per distruggere le cellule tumorali. È bene precisare che, ad oggi, i 32 candidati farmaci identificati da Polygon rientrano nella fase di prove precliniche, mirate a stabilire se il composto candidato farmaco dimostra le peculiarità di sicurezza ed efficacia indispensabili per passare alle prove sull’uomo. I risultati iniziali sono confortanti, ma saranno indispensabili ulteriori studi; se i test avranno esito positivo, i farmaci potrebbero entrare in fase di sperimentazione clinica entro i prossimi anni.
Beneficio economico e sociale
L’adozione della piattaforma di IA può determinare un impatto rilevante sulla salute dei pazienti oncologici e sull’economia globale. Riducendo sia i tempi (come già anticipato) sia icosti di sviluppo dei farmaci, il nuovo strumento di intelligenza artificiale potrebbe rendere le terapie innovative più accessibili ed economiche. Inoltre, l’opportunità di sviluppare farmaci personalizzati, migliorerebbe la qualità della vita legata alla salute, limitando gli effetti collaterali delle terapie e incrementando l’efficacia dei trattamenti.
Calendario alla mano, si valuta che entro cinque anni l’IA rivoluzionerà la medicina personalizzata. È quanto emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Life Science Innovation della School of Management del Politecnico di Milano – in collaborazione con Alleanza Malattie Rare, Apmarr, Fand, FederAsma e Onconauti –, secondo cui già oggi il 65% dei pazienti utilizzerebbe una terapia digitale proposta dal medico curante, soprattutto se consentisse di migliorare lo stile di vita e lo stato di salute (77%) e avere maggior consapevolezza della propria patologia (72%). Lato professionisti sanitari, tra i principali vantaggi riconosciuti dai medici specialisti c’è la possibilità di avere a disposizione un maggior numero di dati a supporto della ricerca clinica (68%) e per assumere decisioni (65%). Le terapie digitali, dunque, si confermano un ambito di innovazione rilevante nel panorama internazionale.
Fonte immagine: ChatGPT