Vi sarebbero molte barriere all’entrata dei medicinali generici e biosimilari prodotti da aziende basate nell’Unione europea ed esportati verso un gruppo di undici paesi terzi. L’indicazione proviene da un recente studio pubblicato da Medicines for Europe, che si propone di contribuire al conseguimento degli obiettivi strategici per il commercio e le partnership stabiliti per il mandato della nuova Commissione UE.
“L’obiettivo deve essere quello di favorire un accesso più rapido e migliore ai pazienti ai medicinali generici e buiosimilari nei paesi terzi e creare nuove opportunità per le aziende del settore con base nell’UE -, ha commentato il Chair del Comitato Affari internazionali di Medicine for Europe, David Jauch. – Il rapporto mostra chiaramente che i nostri partner commerciali stanno agendo per supportare il settore dei medicinali off-patent, cosa che dovrebbe riflettersi nell’EU Critical Medicines Act che supporterà le aziende europee sulla scena del commercio globale”.
Le principali barriere commerciali identificate dallo studio
Lo studio, realizzato da Vulcan Consulting, ha preso in considerazione i seguenti paesi terzi: Stati Uniti, Cina, India, Indonesia, Repubblica di Corea, Turchia, Australia, Sud Africa, Brasile, Giappone e Kazakhstan (caratterizzati da diverse situazioni socio-economiche e impostazione delle relazioni economiche con l’UE). Per ognuno di essi, è stato ricavato un profilo che prende in considerazione le regole per gli appalti pubblici, le modalità di valutazione regolatoria, le produzioni locali, le politiche di prezzo e rimborso e quelle relative alla proprietà intellettuale. Tali elementi sono stati scelti per l’analisi in quanto rappresentano le principali barriere non tariffarie che le aziende europee si trovano a dover fronteggiare per entrare in un determinato mercato estero. L’annex dello studio offre anche una panoramica sui dazi (HS codice 30.xx) applicati ai prodotti farmaceutici nei paesi considerati nell’analisi.
Nel campo degli appalti pubblici, le principali barriere emerse dall’analisi sono riferite alla priorità data delle gare ai produttori nazionali (ad esempio in Brasile, Cina e India), con accesso limitato per le aziende basate nell’Unione europea. Anche sul piano regolatorio, la complessità delle normative locali e la mancanza di armonizzazione con le regole vigenti in Europa, fattore che il rapporto indica essere comune a varie giurisdizioni, può contribuire ad allungare i tempi di approvazione e ad aumentare i costi. L’accesso al mercato, inoltre, sarebbe influenzato in modo significativo, nella maggior parte dei paesi valutati dallo studio, dal controllo dei prezzi e dalle politiche di rimborso.
In paesi come l’Indonesia, inoltre, le norme sui contenuti locali favoriscono le produzioni interne e vanno a svantaggio dei produttori esteri. Nel campo della protezione della proprietà intellettuale, infine, il rapporto segnala come il ricorso a sistemi di patent linkage e alle estensioni brevettuali ritardi in modo significativo l’entrata dei generici e biosimilari made-in-EU su questi mercati. Tali pratiche, introdotte inizialmente dagli Stati Uniti, sarebbero ora comunemente utilizzate anche in diversi altri paesi tra quelli analizzati.
Le conclusioni dello studio indicano la necessità che l’Unione europea metta in campo forti politiche estere e commerciali volte a rimuovere tali barriere, che metterebbero a rischio la competitività delle aziende europee del settore. A tal fine, Medicines for Europe manifesta il proprio favore di politiche commerciali aperte, eque e assertive, che dovrebbero riconoscere la natura globale delle supply chain farmaceutiche e rafforzare le partnership già esistenti, oltre che istituirne di nuove. Le barriere di accesso al mercato dovrebbero quindi venire affrontate in modo deciso, con applicazione degli impegni commerciali.