Nonostante un fatturato di 6,4 miliardi di euro, un ruolo cruciale nella spesa sanitaria e 10.900 addetti, il comparto italiano dei farmaci equivalenti rischia il default. È quanto emerge dal X Rapporto Egualia–Nomisma 2025 – presentato a Roma presso l’Auditorium dell’Ara Pacis lo scorso 7 ottobre – che mette in luce la drammatica disconnessione tra i costi operativi in rapida ascesa e la rigidità del sistema di prezzi regolati.
Le criticità economiche: una forbice sempre più ampia tra costi e prezzi
Il valore della produzione e gli 1,6 miliardi di valore aggiunto generati sono a rischio a causa di un’erosione dei margini definita ormai insostenibile. Tra il 2019 e il 2023, i costi complessivi di produzione hanno subito un aumento del 32% – alimentato da una crescita monstre del 40,6% delle materie prime – mentre il prezzo di vendita dei farmaci critici è rimasto quasi fermo, con un aumento medio di appena il +2%.

La fragilità della supply chain europea
La vulnerabilità del settore è acuita dalla forte dipendenza dall’estero: l’Europa acquista il 48% dei principi attivi, il 60% degli intermedi e l’85% delle materie prime regolamentate. Una debolezza che, sommata alla crisi dei margini in Italia, sta portando a una crescente concentrazione dei fornitori: ben il 46% dei medicinali equivalenti critici è oggi fornito da solo 1 o 2 produttori.
«Un sistema così fragile espone a carenze diffuse e prolungate» ha avvertito Lucio Poma, capo economista di Nomisma, sottolineando che in assenza di interventi tempestivi l’Italia rischia di perdere gli impianti produttivi di altissimo livello che oggi vanta, a favore di Paesi con regimi di prezzo più remunerativi.
Le 5 piste per la “Nuova Agenda Industriale”
Per salvare il comparto e la sicurezza farmaceutica nazionale, l’industria chiede una “nuova agenda industriale per la farmaceutica essenziale”. Le leve principali indicate sono: l’abolizione del payback, con il superamento del meccanismo di ripiano della spesa per i farmaci fuori brevetto; prezzi dinamici, grazie ad un adeguamento degli stessi che li renda sostenibili di fronte all’inflazione dei costi; gare MEAT e multi-aggiudicatarie, con il progressivo abbandono delle sole gare al massimo ribasso in favore di criteri qualitativi e l’obbligo di assegnare le forniture a più produttori; incentivi a chi produce in Europa o utilizza API di provenienza UE; allineamento tra politiche ambientali e industriali, perchè le nuove regole (come la Direttiva Acque Reflue) non compromettano le produzioni.
L’alternativa, come ribadito dal presidente Stefano Collatina, è il disinvestimento e il progressivo ritiro delle Autorizzazioni all’Immissione in Commercio – AIC, che metterebbe in ginocchio il sistema di accesso ai farmaci per milioni di pazienti cronici.







