Nel 2024, le venti molecole biosimilari in commercio in Italia hanno per la prima volta assorbito il 51,2% dei consumi nazionali. Il dato è emerso nel recente convegno annuale dell’Italian Biosimilar Group (IBG) di Egualia, che ha visto la partecipazione di esperti di settore, associazioni dei pazienti e autorità di regolamentazione nazionali e regionali.

L’andamento osservato conferma l’importanza dei farmaci biosimilari per garantire l’equo accesso alle cure, in particolare per i pazienti cronici, e per mantenere la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale. Nel corso del dibattito è anche emerso come per ottimizzare ulteriormente il ricorso a questa categoria di medicinali sarebbe necessario sfruttare il potenziale dei dati real-world, sia riferiti alla popolazione generale che a specifiche sotto popolazioni di pazienti poco rappresentate negli studi clinici. A questo scopo, gli attori della filiera sarebbero anche chiamati a definire le “regole del gioco” per l’utilizzo del dati RWD in ambito regolatorio a livello nazionale e loco-regionale.

I contributi del dibattito

Gianluca Trifirò, ordinario di Farmacologia all’Università di Verona e coordinatore scientifico dello spin-off INSPIRE (INnovative Solutions for medical Predictions and big data Integration in REal world setting), ha illustrato i risultati del il progetto VALORE, finanziato da Aifa e che ha coinvolto sedici regioni italiane. Sono stati analizzati i dati di oltre 340 mila utilizzatori di farmaci biologici affetti da malattie infiammatorie croniche autoimmuni. Nel suo intervento, Trifirò ha sottolineato un certo sottoutilizzo di tali farmaci specialmente in alcune aree terapeutiche ed in alcune Regioni. Un altro elemento che necessita attenzione è rappresentato dai molteplici switch tra originator e biosimilari e tra differenti biosimilari della stessa molecola.

Trifirò ha anche annunciato che il progetto VALORE sarà seguito da un progetto nazionale di farmacovigilanza, denominato VULCANO, già approvato da Aifa e finalizzato a costruire un’infrastruttura dati di larga scala e un network di ricerca che includa regolatori, decisori regionali, associazioni dei pazienti, clinici e ricercatori.

Il convegno ha visto anche la presentazione degli ultimi dati di Iqvia sul settore, che indicano come il 75% dei biologici in scadenza entro il 2032 non abbiano biosimilari in sviluppo. Un vuoto che potrebbe portare a mancati risparmi per un valore totale di 15 miliardi di euro a livello europeo e di 1,7 miliardi l’anno in Italia.

I medicinali biosimilari sono una leva concreta per garantire la sostenibilità del sistema sanitario, liberando risorse preziose da reinvestire in innovazione e assistenza – ha commentato il Sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, intervenuto ai lavori. – La terapia non deve essere vista come un costo da contenere, ma come un investimento strategico in salute e qualità della vita e nel futuro del Servizio sanitario nazionale. Aprire un dialogo in questa direzione è un’opportunità per tutti gli attori del sistema”.

Un altro tema caldo è rappresentato dalla dimostrazione della biosimilarità abbinata ad una puntuale sorveglianza post-marketing quale strumento più solido per garantire l’intercambiabilità dei biosimilari approvati dall’UE sotto la supervisione del medico prescrittore.

Come comparto industriale, anche ascoltando la voce dei pazienti, sottolineiamo quanto sia importante garantire la valutazione clinica del medico prescrittore nelle terapie con farmaci biologici – ha affermato il coordinatore del Gruppo IBG, Matteo Rinaldi. – Una modifica di questo quadro minerebbe la fiducia del paziente nel percorso terapeutico, oltre a snaturare i principi su cui si fonda la Legge 232/2016 che regola l’acquisto dei farmaci biologici a brevetto scaduto nel nostro paese: un modello virtuoso da preservare e applicare coerentemente per contrastare il rischio di carenze e assicurare la disponibilità futura di questa risorsa terapeutica. Il valore dei biosimilari si misura proprio nella capacità di conciliare sostenibilità, decisione clinica garantita dalla legge di riferimento e fiducia del paziente: nessuna scelta imposta, ma un percorso condiviso di appropriatezza e accesso alle terapie”.

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