Un forte aumento della domanda di lavoro per il 61% delle professioni afferenti al settore biotech, ma anche una parallela, crescente difficoltà da parte delle imprese di reperire profili adeguati a coprire il fabbisogno e un crescente “rischio occupazionale” che potrebbe interessare il 12% delle professioni nel medio periodo (fino al 2035): le indicazioni vengono da un recente studio predittivo realizzato da EY e Assobiotec – Federchimica.

La ricerca ha analizzato 122 profili professionali del settore biotech, utilizzando una metodologia previsionale innovativa fondata su di un modello predittivo basato sull’intelligenza artificiale, appositamente elaborato su ampio dataset relativo al settore d’interesse.

Alta specializzazione, anche digitale

L’analisi ha evidenziato che la crescita dell’occupazione attesa per il prossimo decennio dovrebbe interessare in particolare i profili specializzati, in relazione a tutti i tre ambiti in cui si articola il settore delle biotecnologie (agroalimentare e zootecnico, biomedico e sanitario, industria e ambiente). La crescente automazione è attesa, invece, portare a una diminuzione della domanda di lavoro per i profili professionali a bassa qualifica. A questo riguardo, la trasformazione in atto verso tecnologie sempre innovative e a soluzioni basate sull’intelligenza artificiale potrebbe contribuire ad accelerare i processi di obsolescenza di molte professioni e delle competenze che le caratterizzano.

Un aspetto paradossale, quello della disponibilità di competenze adeguate a gestire l’innovazione che avanza, che potrebbe mettere le aziende biotech in difficoltà nel reperire più del 60% delle professioni di cui è previsto l’aumento della dimanda di lavoro. Si tratta, indica il rapporto EY, soprattutto di figure tech-savy altamente qualificate e con competenze digitali, in grado di meglio supportare la transizione tecnologica del settore biotech. A queste si dovrebbe aggiungere una crescente richiesta anche di competenze manageriali, di pensiero critico e di comunicazione, oltre che una maggiore attenzione anche alle competenze in ambito “green”

Particolarmente toccati dall’entrata in scena delle nuove tecnologie sarebbero inoltre in profili professionali con elevata occupazione ma bassa crescita attesa della domanda di lavoro, profili  a basso valore aggiunto che sono più facilmente sostituiti dall’automazione e che potrebbero beneficiare della partecipazione a percorsi mirati di rinnovamento dello competenze

Il rapport EY segnala anche un disallineamento tra le competenze dei neo-professionisti che concludono percorsi di studio terziari (lauree, ITS e dottorati) e quelle richieste dalla aziende in cerca di personale per gestire i nuovi processi. L’indicazione finale verte sulla necessità di definire strategie efficaci di recruiting e retaining della forza lavoro, mirate in modo particolare ai profili attesi crescere d’interesse in futuro ma con ancora limitata disponibilità di domanda lavorativa.