«Concentrandosi sui bersagli con probabilità più elevate di invertire la malattia, questo nuovo approccio potrebbe velocizzare la scoperta di nuovi farmaci e lo sviluppo di terapie efficaci che, a lungo, sono sfuggite ai metodi canonici». Così il team scientifico della Harvard Medical School a Boston, guidato da Marinka Zitnik, sul nuovo metodo di ricerca di farmaci antitumorali basato su un modello di intelligenza artificiale.
Descritto sulla rivista Nature Biomedical Engineering, lo strumento di AI “PDGrapher” viene paragonato «a un maestro di alta cucina abile nel combinare i giusti ingredienti di una nuova ricetta, per ottenere il sapore desiderato». Nel caso specifico, individuando il giusto mix di elementi molecolari. Già perché, come afferma Zitkin, primo autore dello studio e professore associato di informatica biomedica al Blavatnik Institute dell’HMS, “il tradizionale metodo per la scoperta di farmaci è analogo all’assaporare centinaia di piatti già pronti e, tra questi, trovarne uno dal gusto ideale».
Piattaforma grafica e predittiva
L’approccio “classico” alla scoperta di nuovi farmaci si concentra, di solito, sull’attivazione o sulla disattivazione di singole proteine; riprendendo il parallelismo con la cucina: i ricercatori testano le molecole preesistenti, cercando di individuarne una efficace per il trattamento di una nuova malattia; un approccio che ha portato molti successi, in particolare nel limitare la crescita delle cellule tumorali. Ciò nonostante, osservano i ricercatori della Harvard Medical School, questa tecnica si dimostra “mancante” – e poco aperta all’innovazione – nel momento in cui le patologie vengono alimentate dall’interazione di più meccanismi chimici e dall’intervento di più geni.
Su questa base il team di ricerca ha addestrato “PDGrapher”, un modello di intelligenza artificiale – definita “rete neurale grafica” e specializzata nell’individuare connessioni complesse all’interno di una rete – con i dati che riguardano 11 differenti forme tumorali. Il lavoro è stato portato avanti a stretto contatto con data scientist e oncologi, proprio per garantire che l’algoritmo ricevesse un training il più dettagliato possibile.
Quindi “PDGrapher” è stato messo alla prova su neoplasie già conosciute, facendo registrare eccellenti capacità di riconoscimento dei trattamenti terapeutici corretti (fino al 35% in più rispetto ad altri modelli). E ancora, fornendo risultati fino a 25 volte più veloci rispetto a precedenti (e confrontabili) modelli di intelligenza artificiale in ambito farmacologico.
Prospettive presenti e future
L’IA sta mutando il panorama diagnostico e terapeutico nell’oncologia, e schiude nuove porte nella lotta ai tumori. In particolare, le piattaforme di intelligenza artificiale possono analizzare enormi quantità di dati per rilevare biomarcatori predittivi – in grado di distinguere i pazienti sulla base della loro probabilità di risposta a un particolare trattamento rispetto a nessun trattamento – e volgere alla scoperta di nuovi farmaci che aggrediscono in modo specifico le cellule tumorali.
In tal senso, l’avvento di IA come “PDGrapher” potrebbe rappresentare una svolta sia per i pazienti oncologici, migliorando la qualità delle cure, sia per l’intero sistema sanitario, con riferimento all’accessibilità di terapie personalizzate a costi più contenuti.
Fermo restando i suoi progressi, l’uso dell’intelligenza artificiale nel contrasto ai tumori presenta anche delle sfide rilevanti. Basti pensare alla validazione clinica degli algoritmi, ma anche all’assenza di trasparenza di alcune sequenze di istruzioni, ovvero il problema della “black box” (o “scatola nera”), in rimando alla maggior parte dei sistemi di IA in cui conosciamo input e output ma non ancora tutto quanto “accade nel mezzo”.
Fonte
https://www.nature.com/articles/s41551-025-01481-x







