Barbara Caputo, la fisica che insegna ai robot (fonte Università Sapienza di Roma)

Creare robot capaci di assistere a domicilio anziani e disabili “perché non tutti possono permettersi l’assistenza sanitaria a casa con personale qualificato e purtroppo nelle case di degenza spesso esistono situazioni di abbandono”. Ma non solo, gli ominidi potranno essere utili in tutte le case. È l’idea di Barbara Caputo, docente di ingegneria informatica della Sapienza di Roma, che ha vinto lo Starting Grant dell’European Research Council (ERC), un premio riservato a giovani talenti ricercatori che si impegnano a lavorare in Europa.

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L’ostacolo principale ad avere un robot in casa per aiutare un anziano o un disabile è costituito dalla sua incapacità a reagire in modo efficace agli imprevisti, a riconoscere oggetti nuovi e quindi a capire rapidamente come utilizzarli e come interagire con essi. In altre parole, un robot non sa comprendere se su un vassoio con i piatti del pranzo è stato dimenticato un paio di occhiali e pertanto sicuramente li cestinerà insieme ai resti del pasto. “Non hanno queste informazioni in memoria. Mi sono chiesta, quando non so una cosa, cosa faccio? Imparo da sola, accendo il pc e cerco su Google le risposte. Se posso farlo io, perchè non possono farlo loro?” spiega Barbara Caputo che abbiamo raggiunto al telefono. Il premio da 1,5 milioni di euro servirà pertanto per sviluppare nel suo laboratorio Alcor, insieme a un’equipe internazionale di ricercatori, la teoria e gli algoritmi necessari ai robot a imparare quel che serve direttamente da internet.

Cinque anni per portare avanti questo progetto, che si chiama Robots learning about objects from externalizeed knowledge sources (RoboExNovo), al quale lavoreranno fianco a fianco ricercatori informatici, matematici, esperti di intelligenza artificiale selezionati da tutto il mondo. «Con molto piacere posso già annunciare che nell’equipe ci saranno anche ricercatrici donne, provenienti da diversi Paesi, compresa la Russia» afferma soddisfatta la professoressa, che anche con questo progetto sta dimostrando tutta la sua tenacia. Perché questo è un progetto fatto anche di poppate e pannolini da cambiare. «Fare domanda per ERC starting – racconta – è stata una scelta coraggiosa al limite dell’incoscienza: quando è uscito il bando ero incinta al settimo mese del mio secondo figlio e la scadenza per presentare la domanda cadeva poche settimane dopo quella prevista per il parto». All’inizio Barbara ha esitato, ma poi convinta della sua idea si è fatta coraggio e si è buttata. «Le ultime settimane sono state un po’ folli, tra il parto, il piccolo da allattare e un progetto da presentare. Ma alla fine ce l’ho fatta e non vedo l’ora di iniziare».