La Cronoterapia dei tumori si basa sull’applicazione in oncologia dei principi di una disciplina, la cronobiologia, che interessa trasversalmente tutte le scienze biologiche, dalla biologia vegetale agli esseri umani sani e malati, e che tiene conto dell’influenza che l’evento “tempo” ha nel determinismo degli eventi patologici e nell’efficacia dei medicamenti utilizzati. Anche in oncologia vi sono prove che un “timing” ottimale di somministrazione dei farmaci antiblastici può influenzarne la tollerabilità e l’efficacia.

Spesso le osservazioni delle modificazioni ritmiche di funzioni fisiologiche sono il risultato dell’adattamento dell’essere biologico all’ambiente esterno. Esistono però dei “ritmi endogeni”, determinati geneticamente, che continuano a essere presenti anche dopo la rimozione degli input esterni, come se possedessero una funzione di automantenimento. La maggior parte dei ritmi endogeni ha un’origine genetica. Questa affermazione trova i suoi fondamenti nelle ricerche effettuate su tutta la scala biologica, dagli organismi unicellulari come l’Acetabularia, alle strutture più complesse come l’essere umano. Nella Drosophila melanogaster è stato ampiamente dimostrato che esistono un gruppo di geni coinvolti nella regolazione dei ritmi circadiani, di cui i più importanti sono i geni dClock, per, tim e dbt. I prodotti di per e tim costituiscono un complesso proteico la cui concetrazione citoplasmatica regola con un meccanismo di feed-back negativo la stessa espressione genica. dClock funziona come promoter di per e tim e la proteina da esso prodotta agisce come feed-back positivo su per e tim. Oggi sappiamo che questi geni sono presenti nelle cellule umane di tutti i tessuti e che il sistema del clock gene controlla circa il 10% del genoma umano. Metabolismo, replicazione cellulare, sistema neuroendocrino risentono del controllo circadiano.

In oncologia negli ultimi 25 anni sono stati studiati i ritmi di efficacia, tossicità e tolleranza di più di trenta farmaci e l’elenco è in continuo aggiornamento, dalle fluoropirimidine alle antracicline, ai composti del platino, fino ai farmaci più nuovi come i taxani, la vinorelbina e il CPT-11. I ritmi nella tollerabilità ai farmaci antineoplastici sono il risultato delle variazioni circadiane nella farmacocinetica del farmaco e/o nei ritmi di suscettibilità dei tessuti target. Ciò che risulta estremamente interessante è che il “timing” della minore tossicità corrisponde, almeno nell’animale, al “timing” di migliore efficacia antitumorale. Questo è stato dimostrato per farmaci antimetaboliti quali il 5-fluorouracile e l’ARA-C, antibiotici quali l’adriamicina, alchilanti quali il melphalan o il cisplatino, agenti che interferiscono con il fuso mitotico quali la vinorelbina o il taxotere.

Carlo Garufi – Oncologia Medica A – Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, Roma