Le aliquote daziarie introdotte dalla nuova Amministrazione Trump[1], oltre a essere la premessa a una vera e propria rivoluzione, sono state devastanti per tutto il libero commercio mondiale. La manovra, in grado di indurre imprevedibili cambiamenti nello scambio planetario delle merci, ha spazzato via ogni idea di globalizzazione e di certezza commerciale. Gli “Executive order”, preannunciati e varati in forma teatrale dal neoeletto Presidente statunitense, ci hanno fatto vivere momenti di impensabile accelerazione legislativa contro brusche frenate e proprie retromarce. L’equilibrio commerciale si è trasformato, in breve, nella peggiore condizione di insicurezza disorientando aziende e imprenditori di tutti i settori nonché il sensibile mondo della finanza.

Nell’inedita “guerra” le tariffe doganali hanno sostituito droni e bombe creando un’incongruente confusione in cui abbiamo visto applicazioni di tassi esagerati convertiti in funzionali sospensioni ed esclusioni strategiche preamboli a manovre di diplomazia economica.
Ciò che è di nostro interesse, ovvero i farmaci, sembrerebbe escluso (almeno a maggio, momento di stesura di questo testo) perché garantiti dal datato “Pharma Agreement” del WTO.[2] Il condizionale, però, è d’obbligo date le lunghe liste dei codici doganali, riportati negli Allegati I e II dell’ordine esecutivo, in cui appaiono i prodotti chimici essenziali alla produzione di intermedi e principi attivi farmaceutici. L’impatto delle nuove tariffe potrà essere, pertanto, valutato solo nel tempo e ogni allarmismo è da evitare in mancanza di alcun riscontro fondato.
In tutto questo “terremoto” il vero e più vulnerabile settore è quello dei farmaci generici in quanto assommante, in termini di volumi, il 90% del mercato farmaceutico americano. L’introduzione di costi straordinari a fronte di margini ridotti potrebbero costringere le aziende a ridurre la disponibilità di farmaci essenziali dovuta agli aggravi delle catene di approvvigionamento. In Europa, l’associazione Medicines for Europe[3] ha proposto un piano in cinque punti per contrastare l’impatto dei dazi, tra cui sforzi diplomatici e una revisione della legislazione farmaceutica a garanzia di un accesso più equo ai farmaci.
In Italia, le conseguenze potrebbero essere rilevanti e su più fronti. Se i dazi limitassero le esportazioni di API e favorissero il rientro delle lavorazioni di custom, l’effetto per il settore avrebbe un notevole riflesso quantunque la dipendenza dell’industria farmaceutica degli USA, risulta essere critica. In tema di API importati dagli Stati Uniti, da ogni parte del mondo e in volume, l’ordine è del 70% come indicato nello studio di settore “Outlook of Active Pharmaceutical Ingredients: the post-pandemic reshaping”[4] pubblicato da CPA prima dell’introduzione delle nuove misure volute dal Presidente Trump. In particolare, nel 2023, gli Stati Uniti hanno importato API soprattutto da India (30%), Unione Europea (25%) e Cina (15%) e l’Europa ricopre la posizione di unico fornitore di un elevato numero di molecole.
Fonti
- 1. Executive Orders, Regulating imports with a reciprocal tariff to rectify trade practices that contribute to large and persistent annual United States goods trade deficits, 2 aprile 2025
- 2. WTO, The WTO’s Pharma Agreement
- 3. Medicines for Europe, Position paper: the severe impacts of potential U.S. tariffs on pharmaceuticals
- 4. CPA Chemical Pharmaceutical generic Association, Outlook of active pharmaceutical ingredients: the post-pandemic reshaping, 2025