Il settore delle biotecnologie in Italia gode di buona salute, come testimoniato dalla crescita sia del fatturato che degli investimenti in ricerca e sviluppo nell’anno della pandemia. Se il 2020 è stato caratterizzato sopratutto dalle applicazioni per la salute umana, il 2021 ha visto una forte ripresa delle applicazioni per l’industria e per l’agri-zootecnia. Le applicazioni di biotecnologie al di fuori di quelle legate alla salute umana (che rappresenta il 74% del fatturato totale) rappresentano ormai oltre un quarto del fatturato totale, indicano i dati dell’aggiornamento congiunturale del report ENEA-Assobiotec “Le imprese di biotecnologie in Italia”, giunto all’8a edizione.

I nuovi dati ci restituiscono un comparto che si è dimostrato più resiliente di quanto mostrato dalle precedenti stime, registrando per il 2020 addirittura una lieve crescita del fatturato da attività biotecnologiche pari ad un +1,2%. Superato il picco della pandemia e dei suoi effetti sul sistema economico, il settore delle biotecnologie ha vissuto una forte ripresa della crescita del fatturato nel 2021. Si attende perciò un consolidamento del parametro per il 2022”, ha commentato Gaetano Coletta, responsabile del Servizio ENEA Offerta e valorizzazione servizi di innovazione.

Il comparto biotech italiano conta più di ottocento imprese e 13 mila addetti, per un fatturato stimato nel 2022 di oltre 13 miliardi di euro. I dati del rapporto indicano per il 2020 una lieve contrazione, in termini numerici, del numero di imprese attive, imputato soprattutto all’impatto avuto dalla crisi sanitaria sulle PMI, in particolare quelle con meno di dieci addetti. La crescita tendenziale della quota di piccole e micro imprese è comunque ripresa dopo la crisi, e si attende per il 2022 una crescita per tutte le classi dimensionali, per un totale di 823 imprese. Le imprese di micro o piccole dimensioni superano l’82% del totale, mentre le realtà più grandi (+ 250 addetti) rappresentano poco meno dell’8% dell’intera popolazione considerata nel rapporto. 

A livello territoriale Lombardia, Lazio, Toscana e Piemonte rappresentano ancora una volta oltre il 90% del fatturato, l’80% degli investimenti in R&S intra-muros e l’80% degli addetti del comparto biotech, percentuale che scende al 52% se si considera il numero di imprese. Il meridione conta circa il 20% delle imprese, localizzate soprattutto in Campania (poco meno dell’8%) e Puglia (poco più del 4%). Lombardia, leader assoluta del comparto (28% delle imprese attive nelle biotecnologie nel 2021, 56% del fatturato e 30% degli investimenti in R&S ), Lazio e Toscana vedono la presenza di attività specializzate nelle applicazioni per la salute, mentre le altre regioni settentrionali sono più vocate alle biotecnologie per i processi industriali e ambientali. Il Piemonte, ad esempio, conta complessivamente per il 7,7% delle imprese, il 5,2% del fatturato e il 3,5% della R&S, ma andando a considerare le imprese che applicano le biotecnologie prevalentemente all’industria e all’ambiente, tali percentuali salgono al 9% delle imprese, poco meno del 7% del fatturato e oltre il 15% della R&S. 

Negli ultimi due anni, inoltre, sono state soprattutto le applicazioni per la bioeconomia (industria e agricoltura) a sostenere l’espansione del comparto, con tassi di crescita superiori al 30% per entrambi gli ambiti di applicazione nel biennio 2021-2022. Tali settori sono arrivati a rappresentare una quota del fatturato biotech italiano per il 2021 di oltre il 25% del totale, in crescita tendenziale anche nel 2022.

L’Italia del biotech ha numeri ancora piccoli, quando paragonati ad altri Paesi con cui pure siamo in competizione, ma uno straordinario potenziale se consideriamo che un recente studio EY ci dice che a livello globale il biotech triplicherà il proprio valore fra il 2020 e il 2028. – ha commentato Fabrizio Greco, presidente di Assobiotec-Federchimica – Finalmente nel nostro Paese ci sono oggi diversi elementi che possono far crescere e correre il settore: il PNRR che, oltre a mettere a disposizione grandi risorse economiche, chiede al Paese di rivedere e riformare le regole di funzionamento dell’intero ecosistema di riferimento; nuovi capitali pubblici e privati che oggi credono di più nelle nostre realtà;  ma, soprattutto, il lancio di un Piano Nazionale per le Biotecnologie, recentemente annunciato dal Ministro Urso. Sono tutti tasselli importantissimi che possono aiutarci a competere nello scenario internazionale. È allora adesso necessario renderli operativi al più presto per recuperare i ritardi nei confronti degli altri Paesi sviluppati e competere a livello globale”.