La comunicazione del rischio in ambito sanitario, se condotta in modo corretto e trasparente, rappresenta un elemento cruciale e strategico per assicurare un’informazione chiara, completa e fondata sulle evidenze. Un valore imprescindibile, soprattutto quando si parla di cure rivolte a popolazioni particolarmente vulnerabili: i bambini, per i quali  mancano ancora trial clinici su farmaci specifici e si ricorre spesso a usi off-label; donne in gravidanza e allattamento; persone con malattie genetiche e/o rare. Anche  gli integratori e i prodotti naturali, che comunemente non vengono percepiti come rischiosi, possono invece comportare pericoli se utilizzati in modo scorretto.

Temi e criticità al centro della III edizione di Pharmacovigilance Focus, “Comunicazione del rischio sulle terapie: focus su popolazioni speciali e strumenti innovativi” (19 Settembre 2025, Università degli Studi di Milano), organizzata dalle Società Scientifiche SIF (Società Italiana di Farmacologia), SIFO (Società Italiana di Farmacia Ospedaliera), SIARV (Società Italiana Attività Regolatorie, Accesso, Farmacovigilanza), SIMeF (Società Italiana di Medicina Farmaceutica), AFI (Associazione Farmaceutici Industria) e SITELF (Società Italiana di Tecnologia e Legislazione Farmaceutiche), in collaborazione con l’Italian Chapter della International Society of Pharmacovigilance (ISoP). La Sessione I dell’evento ha visto la partecipazione di esperti di eccellenza: Laura Sottosanti di AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), Francesca Menniti Ippolito dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità), Rita Mottola, di Regione Veneto, Costanza Andaur Navarro, della University Medical Centre di Utrecht (Germania), Roberta De Lisa, di EMA, Tommasina Iorno di UNIAMO, Carlo Locatelli, CAV Pavia, Alessandro Mugelli, Comitato Etico Nazionale Pediatrico, Giovanna Pescatore di Farmindustria, con la moderazione di Paola Minghetti di SITEL, Gianluca Trifirò e Annalisa Capuano di SIF e Andrea Oliva di AFI. L’evento è stato introdotto da Giorgio Bruno, Presidente AFI.

Comunicare senza allarmismi

La crescente ricerca di informazioni attraverso canali online e la consultazioni di siti non istituzionali, con contenuti non sempre verificati, possono diventare un ostacolo all’accesso a dati  davvero affidabili e attendibili,  soprattutto per le due popolazioni target che necessitano di informazioni sanitarie specifiche. Da un lato ci sono gli operatori sanitari, che hanno bisogno di informazioni prevalentemente tecniche; dall’altro il grande pubblico, che invece ricerca dati più semplici e di carattere informativo. In questo contesto, la GVP (Good Pharmacovigilance Practice), uno strumento di supporto efficace, definisce lo standard di qualità europeo per la farmacovigilanza, rivestendo in qualche misura un “ruolo di sistema” di monitoraggio per la sicurezza dei farmaci e la valutazione del rapporto beneficio/rischio. Nello specifico la GVP 15, dedicata alla comunicazione chiarisce che “la comunicazione di sicurezza è uno strumento cruciale in un contesto di farmacovigilanza, non solo un atto informatico, ma è una vera e propria responsabilità regolatoria ed etica, che deve essere parte integrante del rapporto sul rischio dei medicinali”.

Farmacovigilanza e comunicazione devono, dunque, muoversi in sinergia e in parallelo per dare valore all’azione degli organismi di vigilanza, in maniera corretta, esaustiva, a favore della salute pubblica. La comunicazione pertanto deve rispondere ad alcuni criteri “di qualità”: deve essere accurata, bilanciata quindi ben soppesata fra informazioni sui rischi e sui benefici, tempestiva per rispondere a un bisogno attuale prevenendo eventuali criticità, comprensibile e modulata in funzione dei diversi target da raggiungere (medici e operatori sanitari, pazienti, popolazione, mass-media), accreditata da prove e risultati scientifici. La comunicazione non deve, soprattutto, generare allarmismi, specie in pazienti e in soggetti senza formazione specifica, generando un flusso di preoccupazione con il rischio di abbandono della terapia e quanto ne consegue per la patologia in trattamento. Il messaggio comunicativo va dunque costruito con attenzione, affinché sia capace di guidare il paziente o un altro interlocutore nella comprensione e consapevolezza di eventuali rischi correlati a un farmaco e come fronteggiarli.

Non ultimo, la comunicazione deve essere trasparente, nel rispetto del principio di accesso all’informazione, aumentando la fiducia presso l’utente; ben strutturata, preparata, pianificata, educativa per il paziente all’uso corretto di una terapia, così come alla compressione e valutazione delle implicazioni inerenti la stessa. Quindi, come comunicare correttamente, come strutturare la comunicazione? I principali caposaldi includono la multidisciplinarietà, ossia una valutazione del messaggio da trasferire condiviso da tecnici, esperti in farmacologia, in comunicazione e così via, la valutazione sul raggiungimento, efficace, del target cui è diretta tramite indagini di monitoraggio sulla percezione del rischio, dunque dell’impatto della farmacovigilanza. Infine le prove e valutazioni scientifiche raccolte vanno trasformate in una azione regolatoria efficace, dove il “tecnicismo” di un regolamento possa rappresentare un valore aggiunto nella comunicazione e la sicurezza, non un ostacolo.

La fitovigilanza

Naturale non è sinonimo di sicuro, né privo di rischi o ti potenziali pericoli, Su questo aspetto è importante sensibilizzare sia gli utilizzatori sia gli operatori sanitari, in particolare riguardo all’uso di integratori. L’obiettivo non è solo favorire una corretta assunzione, ma anche  promuovere la segnalazione di potenziali reazioni avverse, così da consentire interventi regolatori tempestivi quando necessario. Le reazioni avverse su segnalazioni di prodotti a base naturale – integratori alimentarsi, preparazioni galeniche a base di erbe, prodotti erboristici – riferiscono principalmente a problematiche gastrointestinali, dermatologiche, respiratorie, associate a diversi fattori:  tossicità intrinseca della sostanza presente nel prodotto, interazioni fra integratori alimentari e/o con farmaci, adulterazioni intenzionali con aggiunta di ingredienti per potenziare l’efficacia dell’integratore (che si ricorda non ha valore terapeutico, sebbene vengono usati con indicazione clinica come nel caso del riso rosso fermentato prescritto dai medici per la gestione del colesterolo), contaminazione accidentale.

Quindi a questi prodotti si legano spesso problemi di qualità produttiva. Fra le ulteriori criticità associate a integratori e affini, si aggiungono, la scarsità di studi condotti, anche pre-marketing, l’assenza di foglietto illustrativo, le segnalazioni spontanee come unica fonte di informazione sul rischio. È fondamentale, pertanto, che medici e farmacisti nell’anamnesi al paziente verifichino anche l’eventuale utilizzo di integratori e prodotti naturali. E non ultimo, agire per il contrasto alla contro informazione che può essere generata da pubblicità, messaggi promozionali di questi prodotti, non consentita per i farmaci, sebbene anche i prodotti naturali siano soggetti a regole proporzionali alla classe di rischio cui sono associati.

Dispositivi medici, innovazione e sicurezza

I dispositivo medico (device, software e altri strumenti) rappresentano oggi una risorsa cruciale all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, utilizzata per la diagnosi, la prevenzione e il trattamento, per curare e/o compensare una lesione. Legati a una forte e rapida innovazione, devono tuttavia garantire anche sicurezza e una corretta stima del rischio percepito al momento di utilizzo da parte della persona-paziente. Fondamentale, anche in contesto di DM, è l’adozione di una strategia di comunicazione chiara ed efficace, targettizzata al destinatario con specifico linguaggio e funzionale alla classificazione del rischio dipendente dalla destinazione d’uso indicata dal fabbricante, dall’invasività del dispositivo, da eventuali fonti di energia impiegate, dal tempo di contatto con il corpo. Il regolamento europeo del 2017 è intervenuto sia in ambito di DM che di IVD (Dispositivi Medico-Diagnostici in Vitro), introducendo specifiche regole da rispettate in fase di pre- e post- marketing, in cui il fabbricante ricopre un ruolo proattivo dalla progettazione, all’immissione in commercio al post marketing, sulla valutazione del rischio e di analisi del rapporto rischio-beneficio, prima della commercializzazione sul DM. Quindi il dispositivo è oggetto di sorveglianza da parte del fabbricante e di vigilanza sia del fabbricante sia degli operatori sanitari.

Specifiche indicazioni per valutazione del rischio sono anche affidate al Ministero della Salute, all’ISS, agli Organismi Notificati e ad AIFA in DM che contengono farmaci. Quali elementi possono mitigare il rischio o concorrere alla prevenzione dello stesso? La qualità dell’analisi della gestione del rischio del DM, innanzitutto, un monitoraggio post-marketing di sorveglianza e vicinanza tramite una serie di attività condotte con gli attori competenti (Istituzioni, aziende, operatori sanitari), una corretta comunicazione sulla percezione del rischio che includa tutti gli elementi che vi concorrono, la quantificazione del rischio stesso, la costrizione di strategie per ridurlo o tali per cui il rischio residuo sia proporzionalmente inferiore al beneficio complessivo, tempestività nella segnalazione del rischio, report di monitoraggio periodici a seguito della segnalazione effettuata. Uno strumento efficace è la messa a punto di un Registro, con funzione di “rete”, utile ad avere uniformità delle segnalazioni, dare peso alle attività di “dispositivo-vigilanza”, cui si devono aggiungere una formazione continua, soprattutto fra gli operatori del settore, bilanciare la chiarezza con la completezza dell’informazione agli utenti target.

Un esempio di comunicazioni “speciali”

Il regolamento europeo del 2010 ha cambiato lo scenario della farmacovigilanza e tra i tanti obiettivi preposti vi era anche quello di dare maggiore trasparenza e tempestività nella comunicazione del rischio connesso a un medicinale, quindi promuovere adeguate strategie di comunicazione. EMA (Agenzia Europea dei Medicinali) ad esempio per la comunicazione del rischio ha predisposto appositi documenti scritti in “lay language”, comprensibile a tutti, in tutte le lingue, circa le caratteristiche del prodotto, comunicazioni e note specifiche, comunicati stampa, presenta sui social (Instagram, Linkedin), pubblicazione di un Report biennale sulla chiarezza della comunicazione presso i target. EMA funge dunque da amplificatore dell’informazione, consapevole delle sfide e opportunità sa approntare ad esempio in pediatria, ambito in cuio vi sono nuove indicazioni su allergie, linfomi ed altre problematiche di cui vanno offerti dati, informazione scientifica, con la criticità che in pediatria le ricerche limitate, o sulla necessità di sviluppare in maggiore misura le soft skill, come l’empatia. Dunque, meno regole e più attenzione a quello che viene detto e potenziamento di indagini che valutino come la comunicazione impatti sulla popolazione/operatori sanitari e come il rischio di medicinali o altro venga percepito. Inoltre. È necessario migliorare la comunicazione su tematiche “speciali”, come interazioni di farmaci in gravidanza e allattamento, laddove possibile effettuare una comunicazione diretta con il richiedente o passando dalle istituzioni qualora sia necessaria l’attivazione di sistemi di allerta, di cambiamento di formulazione di farmaci, da esempio da gocce a erogatore per facilitare l’uso e non incorrere in errore terapeutico, la definizione di dosaggi specifici come vitamina D per i bambini.

Fondamentale il ruolo delle Associazioni pazienti che possono contribuire a strutturare una rete, come è avvenuto ad esempio per le malattie rare, ma che possono anche fare formazione con valutazione dell’impatto delle malattie rare sulle vite di pazienti e famigliari, o tramite la presenza in gruppi di lavoro con Istituzioni, istituendo gruppi di lavoro tematici dedicati alla popolazione, non ultimo fare attività di advocay che hanno raggiunto importanti risultati, quali ad esempio la legge sugli screening neonatali o il Testo Unico delle Malattie Rare, una Piano Nazionale sulle stesse, non solo finanziario. Il paziente se attivato, informato correttamente con trasparenza, è collaborativo ed ha alta capacità di immedesimazione nelle situazioni, potendo portare il proprio punto div sta sulle malattie, sui rischi, l’impatto della patologia sulla persona e le famiglie. Ciò genera anche fiducia nel sistema, evitando il rischio di comunicazione selvaggia, come quella generata dai social, promuovendo di contro una (in)formazione accreditata, vigilata, controllata.