Le immunoglobuline rappresentano una classe terapeutica fondamentale ma anche estremamente complessa da gestire, caratterizzata da sfide che attraversano l’intero ciclo di vita del farmaco, dalla ricerca clinica all’approvvigionamento. È quanto è emerso dal workshop organizzato dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) lo scorso 5 marzo 2025, che ha riunito clinici, industria farmaceutica e organismi di valutazione HTA per discutere le problematiche regolatorie, cliniche e di accesso a questi farmaci. Il rapporto del workshop è stato da poco pubblicato ed è scaricabile a questo link.
Applicazioni terapeutiche in espansione
Le immunoglobuline sono utilizzate principalmente come terapia sostitutiva nelle immunodeficienze primarie e secondarie e come agenti immunomodulanti in patologie quali la porpora trombocitopenica immune, la sindrome di Guillain-Barré, la malattia di Kawasaki, la neuropatia motoria multifocale e la polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica.
Durante il workshop, gli esperti clinici hanno illustrato le diverse modalità di somministrazione – endovenosa, sottocutanea e intramuscolare – sottolineando come l’individualizzazione della terapia sia cruciale per ottimizzare gli esiti clinici. È stata evidenziata l’importanza del monitoraggio dei livelli sierici di IgG nelle immunodeficienze primarie per personalizzare dosaggi e frequenza di somministrazione. Nelle immunodeficienze secondarie, che possono derivare da malattie ematologiche come mieloma multiplo o leucemia linfatica cronica o da trattamenti quali anticorpi monoclonali anti-cellule B, terapie CAR-T o chemioterapie intensive, possono invece essere necessari studi comparativi che valutino immunoglobuline vs antibiotici profilattici e vaccini, utilizzando definizioni standardizzate degli outcome infettivi e analisi di costo-efficacia.
Una delle questioni più dibattute durante il workshop ha riguardato l’estrapolazione dei dati tra diverse indicazioni. Mentre l’estrapolazione da immunodeficienze primarie a secondarie è generalmente supportata per le somiglianze fisiopatologiche, l’estensione alle indicazioni immunomodulanti ha sollevato invece perplessità, in quanto sono richieste dosi più elevate e meccanismi d’azione differenti. Nell’immunomodulazione, infatti, le immunoglobuline agiscono attraverso meccanismi complessi che includono la neutralizzazione di autoanticorpi, il blocco dei recettori Fcγ, l’inibizione del complemento e la saturazione del recettore neonatale Fc.
Per EuropaBio l’efficacia, sicurezza e convenienza per il paziente non possono essere estrapolate dai dati di trial nelle immunodeficienze primarie, rendendo necessari studi randomizzati controllati prodotto-specifici per le indicazioni immunomodulanti, nonostante l’evidente bisogno medico insoddisfatto. Il rappresentante dell’International Plasma and Fractionation Association (IPFA) ha evidenziato che gli studi clinici per le immunoglobuline sono estremamente costosi e devono essere condotti in un contesto di croniche difficoltà di approvvigionamento. Ha quindi proposto approcci innovativi alla generazione di evidenze, incluso l’utilizzo di dati real-world per confermare le indicazioni previste nel riassunto delle caratteristiche del prodotto.
Le questioni regolatorie e di HTA
Dal punto di vista regolatorio, l’Agenzia europea dei medicinali (EMA) ha presentato gli aggiornamenti previsti delle linee guida per le immunoglobuline sottocutanee e intramuscolari, inclusa l’indicazione CIDP. La rappresentate di AIFA e dell’Haematology Working Party, Claudia Gramiccioni, ha illustrato i requisiti dei dati clinici necessari per ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio, sottolineando il ruolo della sorveglianza post-marketing nel garantire sicurezza ed efficacia continuative.
Gli organismi HTA hanno evidenziato come, per le immunodeficienze primarie, le evidenze sull’efficacia sono considerate “storiche”, con pazienti che vengono trattati dal 1952 con pochi trial clinici formali, sebbene l’uso sia consolidato. Per le immunodeficienze secondarie, l’efficacia è invece supportata da evidenze deboli e contraddittorie, con numeri necessari da trattare per prevenire un’infezione grave valutati come piuttosto elevati.
La produzione globale annuale di immunoglobuline è passata da 7.400 kg nel 1984 a 199.000 kg nel 2018, con l’Europa che utilizza circa 50.000 kg, seconda solo al Nord America. Fino al cinquanta percento dell’uso clinico è stato segnalato come off-label, con evidenze di qualità insufficiente o del tutto assenti. I costi medi annuali per paziente oscillano tra 20 mila e 30 mila euro e possono rappresentare fino al 17% della spesa ospedaliera per farmaci in alcuni Paesi come il Belgio. Le conseguenze di bilancio stanno attirando crescente attenzione e richiedono maggiore consapevolezza tra i medici prescrittori.
Durante il workshop è stato anche presentato il quadro coordinato di gestione delle carenze di immunoglobuline nell’UE; un’indagine ha rivelato, in particolare, che nel 2022 solo quattro paesi europei su diciannove non erano interessati da interruzioni di mercato. In risposta, EMA ha istituito un gruppo dedicato all’interno dello SPOC Working Party e continua a monitorare le carenze attraverso la piattaforma European Shortages Monitoring Platform (ESMP). Diverse agenzie nazionali hanno anche emesso raccomandazioni sulla prioritizzazione delle indicazioni a causa delle carenze, creando una situazione complessa in cui i processi di accesso al mercato a livello nazionale non considerano le evidenze disponibili per la differenziazione dei prezzi.
Le prospettive future e la call to action
Numerose sono state le raccomandazioni operative emerse dal confronto. I clinici hanno sottolineato la necessità di concentrarsi sull’ottimizzazione dei dosaggi e degli schemi di somministrazione prima di esplorare nuove indicazioni, considerando che trattamenti standard di cura devono essere valutati attentamente dato l’ampio uso off-label nonostante i vincoli di approvvigionamento.
È stata evidenziata l’importanza della collaborazione tra produttori per ottenere dati clinici prospettici. La raccolta strutturata di dati è stata identificata come priorità, con particolare interesse per l’utilizzo di evidenze real-world e piattaforme come DARWIN EU. Un rappresentante della FDA ha sottolineato l’importanza di indagare i livelli target di immunoglobuline per la prevenzione delle infezioni nelle diverse tipologie di immunodeficienze. È stata inoltre menzionata la necessità di trial clinici globali per le immunoglobuline, date le dimensioni limitate delle popolazioni di pazienti in singoli Paesi.
Il workshop ha evidenziato come l’uso off-label persista in diverse condizioni rare, come la sindrome di von Willebrand acquisita, per le quali gli studi clinici sono difficili da condurre. L’EMA ha ribadito che per ottenere indicazioni ufficiali sono necessari dati da sottoporre a valutazione come parte di domande di autorizzazione all’immissione in commercio per estensioni di indicazione. Gli insight emersi dal workshop verranno considerati nel corso della revisione delle linee guida EMA sulle immunoglobuline sottocutanee e intramuscolari e il core SmPC. La sfida per l’industria farmaceutica sarà quella di generare evidenze cliniche di qualità in un contesto di vincoli di approvvigionamento, mentre i regolatori dovranno bilanciare flessibilità regolatoria con rigorosi standard di sicurezza ed efficacia.







