Alcuni partecipanti al Forum Aschimfarma 2016. Da sin.: Regan Shea (Gilead), Marcella Marletta (Min. Salute), Paolo Angeletti (Assogenerici), Francesco De Santis (Farmindustria), Paolo Bonaretti (MSE) (credits: Giuliana Miglierini)

La produzione italiana di principi attivi farmaceutici ha vinto la sua sfida contro la concorrenza dei paesi asiatici, e già nuove sfide l’attendono all’orizzonte: l’annuale Forum Aschimfarma che si è tenuto ieri a Milano ha delineato i motivi del successo e le criticità che dovranno essere affrontate per mantenere la posizione di leadership del settore.

L’incontro ha visto la partecipazione del direttore generale di Aifa, Luca Pani, che ha ricordato come le molte novità – a partire dalle ispezioni molto stringenti – introdotte durante il suo mandato ormai giunto quasi al termine abbiano contribuito in modo determinante alla vittoria. Una sfida accettata dall’industria e vinta insieme dopo le perplessità iniziali, come ha testimoniato il presidente di Aschimfarma Gian Mario Baccalini, che ha sottolineato anche come la collaborazione con l’Agenzia del Farmaco sia oggi del tutto diversa rispetto al passato e improntata a un impianto pragmatico e strategico. L’industria italiana dei principi attivi farmaceutici è chiamata a fare un “fine tuning su ciò che il mercato esige, per diventare i più bravi nel cogliere i messaggi e realizzarli nel minor tempo possibile”, ha sottolineato dal presidente Baccalini.

Tra le nuove sfide che attendono i produttori di API, nel suo intervento Luca Pani ha individuato l’aumento della capacità fermentativa per la produzione di farmaci biologici (una tradizione presente nel substrato produttivo italiano, ma andata persa nel tempo), una maggior attenzione ai surplus portati da una gestione avanzata degli impatti ambientali e dalla bridging knowledge nel campo delle nanotecnologie e della sensoristica, che saranno sempre più fonte d’innovazione.

Alcuni partecipanti al Forum Aschimfarma 2016. Da sin.: Regan Shea (Gilead), Marcella Marletta (Min. Salute), Paolo Angeletti (Assogenerici), Francesco De Santis (Farmindustria), Paolo Bonaretti (MSE) (credits: Giuliana Miglierini)
Alcuni partecipanti al Forum Aschimfarma 2016. Da sin.: Regan Shea (Gilead), Marcella Marletta (Min. Salute), Paolo Angeletti (Assogenerici), Francesco De Santis (Farmindustria), Paolo Bonaretti (MSE) (credits: Giuliana Miglierini)

Il Forum ha visto la partecipazione di un ampio panel di rappresentanti dei vari attori della filiera del farmaco, che hanno riportato le rispettive posizioni nel corso del dibattito. Tra essi, il consigliere del ministero dello Sviluppo economico, Paolo Bonaretti, che ha confermato l’impegno del governo a sostegno di un comparto strategico per l’economia nazionale e il direttore generale del ministero della Salute, Marcella Marletta, che ha confermato il sostegno nel giungere rapidamente alla rimozione di alcuni colli di bottiglia regolatori che ancora frenano l’attrattività delle imprese italiane. Sono intervenuti anche il vice presidente di Farmindustria, Francesco De Santis, e di Assogenierici, Paolo Angeletti e il senior vice president Chemical & Biological Operations di Gilead, Regan Shea.

Il momento buio è finito

Una produzione di elevata qualità e mirata a una nicchia di clienti, ma allargata al mercato globale, sono le chiavi che hanno permesso ai produttori italiani di principi attivi farmaceutici di vincere la sfida con la concorrenza di Cina e India, che solo nel 2008 sembrava impossibile. Il quadro del settore è stato illustrato alla platea dall’economista Giampaolo Vitali, che ha presentato la sua ricerca sul settore.

La produzione nazionale di API ammonta al 10% del mercato totale, pari a 43 miliardi di dollari nel 2014. L’export tocca la cifra record del 85%, di cui il 36% destinato all’Europa, il 40% agli Usa e il 18% al Giappone. Il fatturato del comparto è in continuo aumento dal 1993 (solo una lieve contrazione nel 2012) ed ha raggiunto i 4,4 mld $ nel 2014: un trend unico per la manifattura italiana e che, secondo Vitali, dovrebbe rappresentare un modello di sviluppo per l’intera economia italiana. La ricerca condotta dal professor Vitali indica un tasso di redditività (%MOL/fatturato) del 17,1% per il settore delle materie prime farmaceutiche, che stacca l’industria farmaceutica (14,4%) e fa cifre più che doppie rispetto all’intero comparto chimico (7,8%) e manifatturiero italiano (7,9%). I dati Istat del settore indicano un valore aggiunto per addetto pari al doppio (232) rispetto alla media dell’industria manifatturiera (100), a cui si affianca un costo del lavoro/addetto maggiore del 50% e un valore triplo del valore degli investimenti/addetto. Cifre che testimoniano l’importanza della mano d’opera qualificata (il 20% degli addetti sono laureati) come indispensabile premessa a garanzia della produzione e del valore aggiunto che il comparto degli API porta in termini di opportunità d’impiego per le nuove generazioni.

Attrarre big pharma in Italia

Il punto di vista del cliente-big pharma è stato testimoniato dall’intervento al Forum Aschimfarma di Regan Shea, che ha illustrato le basi strategiche della la catena di fornitura dei principi attivi di Gilead. Ben sei delle tredici CMO che forniscono i principi attivi alla multinazionale americana sono italiane, e dal nostro paese provengono due dei tre principi attivi per la fabbricazione dei farmaci anti-epatite C che hanno fatto la fortuna dell’azienda. Shea ha sottolineato come Gilead non sia un cliente facile, a causa delle richieste spesso pressanti e inusuali e della rapidità nell’implementarle che chiede ai propri fornitori. Richieste che le aziende italiane sono state in grado di soddisfare, anche grazie alla costruttiva collaborazione con l’Agenzia del Farmaco che ha snellito la burocrazia. L’azienda americana ha però chiesto un ulteriore miglioramento del quadro regolatorio italiano al fine di poter aumentare i contratti con le nostre aziende. Oltre ai tempi di autorizzazione, che dovrebbero essere più certi, Shea ha sottolineato come la possibilità di assegnare all’Italia un maggior numero di progetti passi anche attraverso l’estensione della notifica anche alla produzione di principi attivi destinati a studi di fase 2, come già avviene per gli studi di fase 1. Una richiesta accolta sia da AIFA, che ha già espresso una relazione favorevole, che da Marcella Marletta, il direttore generale del Ministero della Salute che è intervenuta al dibattito. Il rappresentante di Gilead ha sottolineato anche l’importanza di diminuire le restrizioni alla produzione dei principi attivi dei prodotti oncologici di nuova generazione, che non ricadono più nelle categorie degli API fortemente citotossici o highly potent.

Le sfide per il futuro

Il momento positivo non deve, tuttavia, far smettere gli industriali di pensare al futuro: devono, anzi, individuare fin d’ora le linee di azione per contrastare le molte sfide ancora aperte. Prima fra tutte, il miglioramento dei livelli qualitativi della produzione asiatica, che nel giro di qualche anno potrebbe raggiungere i nostri standard. Le aziende italiane non devono smettere di sentire “il fiato sul collo” e devono continuare a privilegiare la qualità della produzione e il rispetto stringente degli standard tecnologici, ha sottolineato l’economista Giampaolo Vitali nel suo intervento. Il settore è trainato da un approccio “pull”, in cui le multinazionali americane e giapponesi sono disposte a spendere di più per ingredienti attivi di elevata qualità.

Lo sviluppo sostenibile del settore, indica inoltre la ricerca del docente del Politecnico, deve puntare a un’ottica di medio-lungo termine, in cui gli investimenti in grado di garantire una crescita costante sono attratti non solo dalla sostenibilità economica (performance del settore) e sociale (occupazione qualificata), ma sempre più spesso passano anche attraverso la sostenibilità ambientale. Il costo degli health & safety assessment (HSE) rappresenterà sempre più un’opportunità di crescita per le aziende italiane che si affacciano al mercato internazionale, un plus della propria offerta nei confronti delle big pharma che richiedono spesso anche audit ambientali.

L’Italia è seconda solo alla Germania per valore della produzione di principi attivi farmaceutici e il sorpasso definitivo potrebbe avvenire nel giro di qualche anno. Un soprasso che potrebbe non essere indolore per la nostra economia, ha sottolineato Luca Pani, che ha suggerito agli industriali riuniti nel Forum Aschimfarma di farsi trovare preparati alle contromisure messe in atto per contrastarlo a difesa di un settore strategico anche per l’economia tedesca.

Il nuovo paradigma “biologico”

Ma la grande partita del futuro si giocherà soprattutto sulla capacità dei produttori italiani di principi attivi di essere sempre più presenti anche nel settore in crescita esponenziale dei farmaci biologici. La produzione nazionale, storicamente sviluppata con una maggiore attenzione alle piccole molecole, è già oggi attiva all’interno del nuovo paradigma tecnologico dei prodotti biologici, molto più complessi da affrontate, e nuovi investimenti sono auspicabili in futuro per aumentare la capacità fermentativa in tal senso.

A questo si dovranno necessariamente affiancare anche investimenti nell’Industry 4.0, che potranno anche comportare forti investimenti per il passaggio al nuovo modello produttivo. Giampaolo Vitali ha anche auspicato nel suo intervento l’aumento delle dimensioni d’impresa, in modo da risultare più attrattive per gli investitori (che non dovrebbero essere fondi speculativi, ma capitale di medio-lungo periodo).