Arriva una proposta per il Piano Nazionale AIDS dal congresso ICAR indirizzata al governo italiano.

I presidenti della nona edizione di ICAR nella quale è stata presentata la proposta per il Piano Nazionale AIDS

La nona edizione di ICAR (Italian Conference on AIDS and Antiviral Research 12-14 giugno 2017, Siena) è stata l’occasione per presentare una proposta per il Piano Nazionale AIDS. Il congresso è stato presieduto da Andrea Antinori (Osp. Spallanzani Roma) Maurizio Zazzi (Virologo Università di Siena), e Andrea De Luca (Infettivologfo Università di Siena). Si è tenuto presso l’Università degli Studi di Siena – Centro Didattico del Policlinico S. Maria alle Scotte. Hanno partecipato 1100 specialisti, tra medici e ricercatori coinvolti nell’assistenza e cura dell’infezione da HIV e volontari delle associazioni impegnate nella lotta contro l’AIDS.

ICAR (Italian Conference on Antiviral Research) è organizzata sotto l’egida della SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali) con il patrocinio delle maggiori società scientifiche di area infettivologica e virologica.

La proposta è partita dal presupposto che, in un tempo difficile per il nostro Paese due buone notizie ci fanno sperare in un futuro migliore:

  • il probabile varo del Piano Nazionale AIDS (PNAIDS),
  • l’auspicabile significativo finanziamento alla “ricerca d’interesse nazionale per lo sviluppo del sistema economico del Paese, nonché azioni destinate all’ingresso dei giovani nel mondo della ricerca” derivante da fondi inizialmente allocati all’IIT.

«Nel merito riteniamo che sia possibile, oltre che fortemente auspicabile, un collegamento tra queste due buone notizie» dichiarano i presidenti di ICAR.

Il Piano Nazionale AIDS (PNAIDS)

Il Piano è stato approntato dal Comitato Tecnico Scientifico Nazionale del Ministero della Salute con il coordinamento di Massimo Galli, vicepresidente della SIMIT. Il documento ha visto la partecipazione di numerosi specialisti e diverse personalità scientifiche e delle associazioni di volontariato impegnate su HIV – AIDS.

«L’attuale proposta di attivare un PNAIDS è focalizzata su nobilissimi obiettivi di prevenzione, informazione e cura delle persone infettate dal virus HIV, causa dell’AIDS in assenza di terapia antiretrovirale. Tuttavia, a differenza di passati Programmi su scala nazionale, essa non prevede investimenti nella Ricerca collegata ad HIV/AIDS, ovvero nel “motore” dell’innovazione, della scoperta di nuovi bersagli terapeutici nonché dell’ ottimizzazione dei farmaci disponibili (in assenza di un vaccino preventivo ancora lontano dall’essere scoperto).» – osservano i presidenti.

L’appello rivolto al Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e al Consiglio dei Ministri

«Il nostro Paese è stato lungamente all’avanguardia nella lotta all’infezione da HIV/AIDS e possiamo con orgoglio sostenere – lo dimostrano dati oggettivi – che le persone infettate trovano in Italia i migliori centri di ricovero e cura al mondo. Tuttavia, sarebbe miope pensare che ciò sia frutto esclusivamente dell’alta professionalità dei nostri esperti di Malattie Infettive e, più in generale, del Sistema Sanitario Nazionale. Per contro, quest’alta qualità è stata raggiunta perché negli stessi Centri di Malattie Infettive e nei laboratori di virologia e di immunologia ad essi collegati abbiamo contemporaneamente svolto Ricerca parimenti di alta qualità a livello internazionale, qualità da alcuni anni messa fortemente in crisi dalla mancanza di un finanziamento dedicato».

«Riteniamo che questo momento forse unico dovrebbe essere colto per riportare il nostro Paese al ruolo che gli compete nello scenario internazionale nella lotta all’infezione da HIV/AIDS ed alle patologie ad esso collegate, quali la coinfezione da virus dell’epatite C, tumori e malattie cardiovascolari significativamente più frequenti nei pazienti che ricevono la terapia antiretrovirale».

Dati sulla diffusione dell’HIV in Italia

Ogni anno in Italia vengono diagnosticate circa 3500 nuove infezioni da HIV. Le infezioni oggi sono trasmesse quasi esclusivamente per via sessuale, sia eterosessuale che omosessuale. L’età media si aggira intorno ai 35-36 anni, quindi si è alzata rispetto a chi contraeva l’infezione qualche anno fa. Si registra un incremento di nuove diagnosi
di infezione da HIV in soggetti con più di 50 anni di età di entrambi i sessi, che rappresentano circa il 20% delle nuove diagnosi nei centri clinici. In un caso su due la malattia è stata riscontrata in una fase molto avanzata. Per quanto riguarda gli uomini che fanno sesso con uomini, si è passati da 120 casi a 190 nell’ultimo quinquennio.

«Sono quattro le categorie principalmente interessate – spiega De Luca. – La categoria più ampiamente coinvolta è quella dei giovani omosessuali, i quali purtroppo spesso hanno abbassato la guardia causando un nuovo aumento di queste infezioni. C’è poi tutta la popolazione eterosessuale, di età più o meno giovane. Dati recenti mostrano che 1 su 5 delle nuove infezioni coinvolge soggetti che hanno superato i 50 anni. Si tratta di persone che non percepiscono il rischio di contagio da HIV e anche per questo giungono a una diagnosi tardiva con tutte le conseguenze del caso».

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