Paul Beaupain, fondatore e presidente di Global Export Network

Com’è cambiato il mercato USA in questi ultimi anni? È cresciuto? Se sì, in che modo?

In termini quantitativi il mercato USA è senza dubbio cresciuto e continuerà a crescere, ma anche la mentalità sta cambiando in modo sostanziale. Produrre in America non è più solo uno slogan: è un bisogno sentito a tutti i livelli. Negli ultimi decenni l’America ha un po’ perduto la sua anima di motore tecnologico, ha perso la capacità di lavorare nelle officine, di produrre componenti con il livello di qualità richiesto dal mercato e dalle industrie più qualificate. Tuttavia questo processo si sta invertendo. L’Europa, e in modo particolare l’Italia e la Germania, seppur in modi differenti tra loro, sta consolidando una presenza importante nel settore delle macchine per il confezionamento e l’imballaggio grazie ad un livello di sofisticazione tecnologica e di prodotto maggiore di quella locale.

Come si caratterizzano le aziende italiane in questo settore?

Sono più piccole e hanno fatturati e mezzi inferiori a quelle tedesche che non per niente hanno avuto un approccio più sistematico e adeguato al mercato USA. Tuttavia le aziende italiane hanno anche elementi di forza, come la capacità di trovare soluzioni originali, di co-progettare con il cliente impianti aderenti a specifiche necessità, qualità che consentono flessibilità nelle soluzioni e personalizzazioni spinte. Quando questo non è possibile o non si è supportati da innovazioni tecnologiche o di processo, la competizione è difficile. In questo caso il prezzo diviene un fattore competitivo che ha un certo valore su alcuni mercati e/o clienti. I concorrenti più organizzati, invece, sono in grado di dare servizi ed assistenza a livello di standard locali: servizi sui quali spesso le aziende italiane non eccellono. Questo crea un effetto domino che compromette in parte l’immagine dell’Italia, lasciando alle sole poche aziende presenti con successo ed una storia positiva alle spalle l’arduo compito di difenderne la reputazione dell’intero comparto.

Meglio muoversi da soli o creare reti con altre aziende del settore?

Personalmente sono sempre stato un assertore dei vantaggi che si ottengono nel creare reti, collaborazioni e sinergie. Oggi i mercati e la tecnologia si muovono con velocità mai sperimentate in precedenza e l’innovazione è difendibile per periodi limitati, quando lo è. La necessità di nuove soluzioni da offrire ai propri clienti in termini di risultati produttivi è sempre maggiore e l’unione fa la forza. Lo vediamo nei processi di concentrazione delle imprese, nelle loro dimensioni sempre crescenti.

Per contro, le PMI, motore dell’economia italiana, se da un lato sono la forza del modello Italia, soprattutto veneto, rappresentano anche la debolezza del sistema. Problemi soprattutto finanziari e organizzativi limitano la capacità competitiva delle imprese italiane. Se guardiamo ai Paesi tecnologicamente avanzati, quelli che interessano maggiormente, le aziende europee hanno dimensioni mediamente maggiori. Non sono dire a livello generale quale sia l’impatto tecnologico risultante da collaborazioni tra società sbilanciate sotto il profilo dimensionale, tuttavia sono convinto che una piccola azienda potrebbe imparare molto sotto il profilo commerciale e del marketing, oltre che tecnologico, e crescere quindi più rapidamente. I prodotti o i segmenti ovviamente non dovrebbero essere in concorrenza. Nel caso di aziende di dimensioni equivalenti, ritengo che collaborare o unirsi non possa che portare vantaggi. Certo, si tratta di scegliere il partner giusto.

Rispetto alle regole per la conformità delle macchine e alle rete commerciale, invece, qual è il suo consiglio?

Dalla mia esperienza ho imparato che negli USA è meglio essere assicurati due volte, piuttosto che una, e che la conformità a tutte le regole, così come le avvertenze su macchine e manuali, anche le più curiose, sono essenziali. Non spedirei mai una macchina non conforme – o un manuale che mancasse dell’avvertenza di non ingoiare i cacciaviti perché potrebbero nuocere alla salute! – nemmeno se il mio cliente dichiarasse di assumersi tutte le responsabilità.

In sintesi, come dovrebbe essere approcciato dunque il mercato statunitense?

Rispettando e soddisfacendo le esigenze di ogni singolo cliente. Nel settore delle macchine automatiche per il confezionamento e l’imballaggio ciò si può realizzare praticamente ed efficacemente solo con una presenza diretta, anche minima, ma assolutamente qualificata. Gli elementi indispensabili sono diversi. Innanzitutto è necessario conoscere ed accettare la mentalità statunitense, molto pratica, e disporre di personale interno all’azienda ed esterno in grado di rapportarsi con i futuri interlocutori. Bisogna muoversi solo dopo avere curato ogni dettaglio, perché perdere tempo significa perdere denaro e credibilità. Ci vuole anche determinazione e pazienza, perché una volta partiti non si può tornare indietro. Per le aziende familiari serve inoltre la determinazione e l’appoggio di tutti gli stakeholder. Il percorso può essere difficile, quasi sempre lungo. Critiche e tensioni devono essere assolutamente evitate a partire dalla testa della società. A questo punto l’azienda dovrebbe essere in grado di tracciare il percorso da seguire e le responsabilità da assegnare. Anche qui serve un aiuto qualificato di persone o organizzazioni che conoscano a fondo entrambi i Paesi, le consuetudini, le leggi e i possibili ostacoli. Infine, è consigliabile consolidare tutte le informazioni in un piano economico finanziario il più accurato possibile, tale da definire le variabili critiche da tenere sotto controllo e in grado di delineare le necessità di cassa che l’operazione richiederà. Per le imprese sotto una certa dimensione, questo aspetto, oltre alle fonti di finanziamento, è di estrema importanza. Una volta definiti investimenti e cassa, si può partire.

Per concludere, con quali strumenti contrattuali e bancari conviene operare al di là dell’Atlantico?

Se il venditore è una società USA o una filiale di una società italiana, personalmente suggerirei di adottare contratti locali, anche se non sono necessariamente più convenienti di altri. Devono contenere tutti i dettagli, anche in relazione agli incidenti possibili e al fermo macchina. Negli Usa, ogni Stato ha particolarità in termini di leggi sulla sicurezza, di diritti sindacali o dei lavoratori, che vale la pena conoscere per non avere sorprese. La parte importante riguarda i pagamenti: è fondamentale prevederli in forma anticipata o alla consegna della macchina, prima della messa in moto. Come nel resto del mondo, infatti, anche negli USA si assiste ad un lento ma costante degrado di quei principi che caratterizzavano il mondo del commercio nel passato. Per questa ragione i pagamenti per macchine ed impianti non dovrebbero mai essere dilazionati, a meno di non essere presenti in USA e di avere un rapporto con il cliente davvero consolidato: ma anche in questo caso vale la regola della prudenza assoluta.

Pierluigi Altea