La nostra vita è scandita da un fluire ininterrotto di eventi, ciascuno dei quali ha, con diversissimi livelli, un impatto sulle nostre azioni. Tuttavia, solo di pochi (pochissimi, per la verità) di questi eventi manteniamo un ricordo “permanente”. Chi di noi si ricorda cosa ha fatto il 14 Gennaio 2009 alle 17.25? Moltissimi di noi, invece, hanno un ricordo nitido di dove erano e cosa facevano il primo pomeriggio del 11 Settembre 2011, quando fu annunciato l’attentato alle Torri Gemelle. Come mai, tra le migliaia di numeri con cui entriamo quotidianamente in contatto, ricordiamo bene (o, perlomeno, speriamo di ricordare!) il PIN del bancomat?
La neurobiologia della memoria ci insegna che i ricordi temporanei sono soggetti a cancellazione per un breve periodo di tempo, prima di esser conservati, eventualmente, in un stato di memoria permanente. La memoria a breve termine è una vera e propria memoria di lavoro, che ci serve a dare coerenza alle nostre azioni secondo una linea di evoluzione che chiamiamo tempo. Una volta eseguito il compito, la memoria di lavoro viene generalmente cancellata, per non occuparla inutilmente, esattamente come accade nella funzione “copia negli appunti” che sto usando in questo momento nel mio word-processor. Il ricordo viene conservato permanentemente quando, consciamente oppure no, il soggetto associa al ricordo un evento di una qualche importanza o rilevanza, emotiva, pratica, dolorosa. Il ricordo stabile di eventi, persone, emozioni è ciò che determina la nostra personalità, tanto che malattie che distruggono il ricordo (basti pensare alla demenza di Alzheimer) sono considerate tra le più gravi e invalidanti possibili. Tuttavia, esistono condizioni in cui il riaffiorare di ricordi estremamente dolorosi è considerato a tutti gli effetti uno stato patologico, psichiatrico, che spesso richiede trattamento medico o farmacologico. Un esempio abbastanza noto è quello del Post-Traumatic Stress Disorder, che colpisce combattenti, vittime di attentati o catastrofi naturali, vittime di violenze o rapimenti.