SERGIO DOMPEHa aperto con la lectio magistralis di Sergio Dompé il 54° Simposio AFI, che vede la partecipazione di oltre 1000 operatori dell’industria del farmaco, di rappresentanti delle associazioni di categoria, di AIFA, del Ministero della Salute e del mondo accademico.

«Fare ricerca e sviluppo – ha detto il presidente di Dompé farmaceutici – vuol dire individuare le eccellenze ovunque si trovino, senza necessariamente inglobarle, ma piuttosto coinvolgendole in una strategia di partnership. Le conoscenze sono estremamente specializzate e proprio per questo si aggiornano di continuo. “Collaborazione” è la parola chiave e si sviluppa internazionalmente in centri di ricerca a volte di piccole dimensioni, ma di altissimo livello».

Dompé prosegue ribadendo il ruolo fondamentale svolto dall’Italia nel processo storico e sociale avviato nella seconda metà del secolo scorso, aggiungendo però: «Il grande errore della classe dirigente italiana, non solo politica ma anche imprenditoriale e manageriale, è stato di non aver mai saputo riconoscere questo patrimonio come un asset strategico per lo sviluppo industriale e scientifico del nostro Paese. Aziende eccellenti sono state vendute per soccorrere la finanza pubblica e privata nella totale assenza dell’unica strategia possibile: quella della creazione di una filiera dell’eccellenza. Nonostante questa mancanza di una visione di lungo termine il settore della salute ha continuato a produrre eccellenze e innovazione competitiva. Un dato per tutti, il settore del farmaco biotech italiano ha conosciuto negli ultimi anni uno sviluppo per molti inatteso, diventando, con ben 176 imprese che investono nello sviluppo di molecole e terapie innovative, il settore trainante dell’industria biotecnologica.

Imprenditori e ricercatori formati all’interno delle nostre università sono riusciti a restituire al settore farmaceutico italiano quella credibilità purtroppo minata profondamente negli anni ’90, quando il comparto fu colpito da una profonda crisi che ha rischiato di comprometterne gravemente la stessa sostenibilità. I livelli di eccellenza scientifica raggiunti sono confermati dai 2.127 trial clinici attivi attualmente nel nostro Paese, che ci consentono di classificarci quarti dopo Francia, Germania e Regno Unito. Sul fronte delle imprese, l’export che oggi è il nostro più grande punto di forza, ma potrebbe diventare domani il nostro tallone di Achille. Vent’anni fa esportavamo il 18% della nostra produzione farmaceutica, oggi su quattro confezioni di farmaci tre sono destinate all’export. I dati economici richiedono sempre un’attenta analisi e soprattutto una visione strategica perché siano interpretati correttamente. È un grave errore sedere sugli allori dei volumi, soprattutto quando questi sono lo specchio della crisi europea.

Le nostre imprese farmaceutiche – conclude Dompé – stanno con successo, con coraggio, affrontando la crisi facendo appello a tutto il loro indubbio patrimonio di capacità di innovazione e di creatività che le contraddistingue. Quali possibilità si schiuderebbero se una politica di sistema riuscisse realmente a mettere a frutto queste capacità? Siamo di fronte a una sfida globale e l’unica possibilità che abbiamo per farne parte è mettere a sistema le eccellenze del settore farmaceutico italiano quale leva per investire sul futuro di tutto il Paese e quale parte integrante del sistema sociale, economico e sanitario nazionale».