Nonostante la malattia di Parkinson sia stata scoperta quasi 200 anni fa, il suo trattamento rappresenta ancora una sfida importante. Il Parkinson è una malattia degenerativa del sistema nervoso centrale, causata dalla morte delle cellule nella substantia nigra che sintetizzano e rilasciano dopamina, neurotrasmettitore la cui carenza determina problemi di tipo motorio, quali tremori, rigidità, lentezza dei movimenti. Vari agenti terapeutici sono oggi disponibili per la gestione della malattia ma la levodopa (L-DOPA), il primo a essere introdotto con successo nella pratica clinica, rimane il farmaco d’elezione poiché facile da somministrare, sufficientemente ben tollerato e poco costoso. La levodopa è convertita in dopamina nei neuroni dopaminergici mediante DOPA-decarbossilasi: la disponibilità di dopamina conseguente alla somministrazione del farmaco diminuisce temporaneamente i sintomi motori. La biodisponibilità dell’attivo è però ridotta a causa della metabolizzazione tramite decarbossilazione, O-metilazione e ossidazione che porta alla formazione di metaboliti che provocano una serie di effetti collaterali tra cui nausea, discinesia, rigidità articolare e inibiscono il successivo assorbimento di L-DOPA nel tratto gastrointestinale. L’assorbimento è inoltre influenzato dalla variabilità del tempo di svuotamento gastrico e dalla competizione per i siti di assorbimento, determinando irregolari fluttuazioni nei livelli plasmatici. Sistemi di somministrazione per via orale che aumentino i tempi di permanenza nello stomaco possono essere utili per favorire l’assorbimento di farmaci che sono meno solubili o instabili a pH alcalino o che possono essere assorbiti solo nel tratto prossimale dell’intestino, come nel caso della levodopa che presenta una ristretta finestra d’assorbimento a livello duodenale. I sistemi gastroritentivi favoriscono il mantenimento di livelli terapeutici costanti per periodi prolungati permettendo di raggiungere l’effetto terapeutico riducendo la dose totale da somministrare. Tali sistemi sfruttano diverse strategie per favorire la permanenza nello stomaco: i sistemi bioadesivi aderiscono alle pareti della mucosa gastrica, i sistemi rigonfianti aumentano di dimensioni in modo da non poter passare attraverso il piloro anche quando completamente aperto, i sistemi a bassa densità galleggiano sul contenuto dello stomaco e quelli ad alta densità si depositano sul fondo e vengono trattenuti nelle rugosità della mucosa. Il sistema di rilascio sviluppato da Ngwuluka, Choonara e collaboratori (AAPS PharmSciTech, vol.14, No. 2, p. 605-619) sfrutta tre diversi meccanismi gastroritentivi; l’obiettivo è infatti quello di favorire il rilascio di levodopa a una velocità costante per un periodo prolungato utilizzando una matrice adesiva, ad alta densità e rigonfiante costituita da un complesso polielettrolita (IPEC). L’IPEC è ottenuto per liofilizzazione di una soluzione di Eudragit E100 (EUD), sodio carbossimetilcellulosa (NaCMC) e gomma carruba in acido acetico. L’IPEC, macinato dopo liofilizzazione, è utilizzato come eccipiente base di una formulazione per compressione diretta in cui viene miscelato con la Levodopa, il pullulano come agente mucoadesivo e il bario solfato come agente ad alta densità per ottenere la matrice gastroritentiva. Sono state realizzate matrici con diversa composizione, valutando diversi rapporti di EUD-NaCMC-carruba, mantenendo invece costanti le quantità di IPEC (50%), levodopa (10%), pullulano (10%), bario solfato (23,4%), magnesio stearato (1%) e silice (5,5%) nella compressa. L’analisi spettroscopica indica una perfetta interazione tra EUD e NaCMC solamente quando i due polimeri sono miscelati in rapporto 0,5:1. Tutte le matrici sono state prodotte senza nessun problema di laminazione o decalottamento, hanno una densità nettamente superiore a quella del tipico contenuto dello stomaco, ottime proprietà adesive e rigonfiano del 200% in una soluzione di HCl 0,1N. Il test di dissoluzione effettuato in HCl 0,1 N indica che le matrici con una quantità maggiore di EUD rispetto alla NaCMC rilasciano più rapidamente mentre quelle con il rapporto invertito determinano un rilascio più lento. Dopo 24h di test le matrici presentano ancora la struttura tridimensionale originaria indicando che il meccanismo di rilascio è regolato prevalentemente da rigonfiamento della matrice, dissoluzione del farmaco e sua diffusione. Effettuando il test a pH 4,5 si ha, invece, dopo 24 h la perdita della struttura tridimensionale e una velocità di rilascio di ordine zero evidenziando che il rilascio è regolato principalmente dall’erosione. È quindi ipotizzabile che il rilascio costante della levodopa, mostrato dallo studio in vitro, permetta di mantenere livelli plasmatici costanti e il rilascio prolungato possa determinare un effetto terapeutico ottimale.
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