MALATTIE E MECCANISMI “NUOVI” SEMBRANO RISPONDERE A “VECCHI” FARMACI
Le cosiddette amiloidosi costituiscono un insieme di patologie caratterizzate dal deposito, in sede extracellulare, di materiale proteico, insolubile, a basso peso molecolare.
L’amiloidosi più nota è quella caratterizzata dalla sigla Aβ che costituisce uno dei segni distintivi della malattia d’Alzheimer, ma non è certo la sola. In effetti, vengono distinti oltre 20 tipi di amiloidosi, classificate sulla base del precursore proteico che forma la fibrilla in vitro. Tra queste, una delle più aggressive è la cosiddetta polineuropatia amiloide familiare da transtiretina (indentificata con l’acronimo inglese TTR-FAP).
TTR-FAP è una malattia rara caratterizzata dal deposito endoneuriale di amiloide ed è tra le neuropatie più gravi e disabilitanti tra quelle ereditarie nell’adulto. La causa genetica della malattia è riconosciuta nella trasmissione autosomica di una mutazione puntiforme nel gene della transtiretina. La malattia si presenta come una neuropatia autonomica e periferica ed è comunemente associata a cardiomiopatia e a perdita di peso. La malattia è progressiva, irreversibile e produce una grave inabilità. La malattia può avere esito fatale a causa di gravi infezioni sistemiche, di cachessia e anche per morte improvvisa, generalmente entro 12 anni dalla comparsa dei sintomi.
La malattia si manifesta generalmente tra i 20 ed i 40 anni d’età ed è inizialmente caratterizzata da dolore, debolezza muscolare e disfunzioni del sistema autonomo. Con il progredire della malattia, organi quali i reni e il cuore sono gravemente colpiti. La natura amiloidogenica della malattia risiede nella deposizione sistemica di una variante della proteina transtiretina (TTR). In particolare, la mutazione di una valina in metionina nella posizione 30 della proteina TTR conferisce amiloidogenicità. Si tratta di una malattia rara, e si stima che ne siano colpiti circa 10.000 persone nel mondo. È interessante tuttavia osservare la presenza di cluster di pazienti in alcune località del Portogallo, dove circa il 70% dei componenti delle circa 500 famiglie residenti sviluppa la malattia, o del nord della Svezia, per esempio la regione di Umea, dove circa l’1% degli abitanti ha il gene mutato.
L’APPROCCIO FARMACOLOGICO
Dato che la proteina TTR mutata è prodotta dal fegato, il trapianto epatico costituisce l’approccio clinico d’elezione, con i rischi e le percentuali di fallimento che ne conseguono. L’unico farmaco sinora disponibile per il trattamento della TTR-FAP è Tafamidis, approvato nel 2011 dalla Agenzia Europea e nel 2013 dalla Agenzia Giapponese.
Tafamidis è stato scoperto dallo Scripps Institute attraverso uno studio di progettazione razionale, basata sull’interazione con la proteina mutata. In effetti, TTR in forma nativa si aggrega in tetrameri che non formano fibrille amiloidi. Il tertramero può però dissociarsi in monomeri che, invece, possono portare al deposito di amiloide. Se TTR è mutato, la cinetica di conversione da tetramero a monomero è fortemente accelerata, promuovendo così la formazione, termodinamicamente favorita, delle fibrille insolubili di amiloide.
Stabilizzare cineticamente la forma tetramerica, solubile, di TTR mutato è quindi un approccio razionale per bloccare lo stadio limitante la velocità della formazione delle fibrille e, quindi, della comparsa della malattia, e questo è esattamente il meccanismo attraverso cui funziona Tafamidis. L’attività di Tafamidis, quindi, fornisce la prima evidenza farmacologica che il processo cinetico di formazione della fibrilla causa la malattia, in quanto Tafamidis, stabilizzatore cinetico, blocca il processo di formazione dell’amiloide e la conseguente degenerazione post-mitotica del tessuto.
Un altro possibile farmaco è stato recentemente identificato, attraverso la strategia del “repurposing”, che tante volte abbiamo citato in questa rubrica. Si tratta del Diflunisal, un derivato dell’acido salicilico in uso clinico per diversi decenni come antiinfiammatorio non steroideo. Lo studio su Diflunisal quale possibile trattamento per rallentare la progressione della TTX-FAP è stato effettuato e recentemente pubblicato da un consorzio multicentrico di cui fa parte anche l’ospedale San Matteo di Pavia, centro di riferimento italiano per le amiloidosi.
Sebbene non siano ancora disponibili dati conclusivi circa il meccanismo d’azione di Diflunisal, anche questo “vecchio” antinfiammatorio sembra agisca come stabilizzatore del tetramero, rallentando la formazione degli aggregati monomerici che degenerano in fibrille.
È ancora da stabilire se lo stesso tipo di trattamento – e magari anche gli stessi farmaci – possano agire su altre forme, più rare, di amiloidosi, ma sicuramente questi studi ampliano, ancora di più, il potenziale contenuto in “vecchi” farmaci su malattie e su meccanismi “nuovi”.
Afferenze dell’autore: Gabriele Costantino, Dipartimento di Farmacia, Università degli Studi di Parma, gabriele.costantino@unipr.it