In Italia il mercato delle siringhe vale appena lo 0,02% della spesa sanitaria ma il loro prezzo sembra essere diventato la causa di tutti i mali della Sanità Italiana. La logica del prezzo più basso negli acquisti dei Dispositivi Medici (DM) penalizza un settore fortemente proiettato all’innovazione, come dimostrano i dati del Rapporto 2014 su “Produzione, ricerca e innovazione nel settore dei dispositivi medici in Italia” presentato a Roma durante il congresso “Oltre la Siringa. Dispositivi Medici: solo costi o più salute?” promosso da Assobiomedica.
I dati in estrema sintesi indicano che in Italia il settore dei DM conta 3025 imprese con fatturato medio di 6 milioni di euro e 54.000 addetti. Il 56% delle imprese si occupa di distribuzione, il 40% di produzione e il 4% di servizi. Due imprese su 3 hanno introdotto almeno una innovazione nel 2010-2013 e1 su 2 ha depositato o acquisito brevetti nel 2010-2013. Se le esportazioni sono aumentate del 2,8%, il mercato interno ha invece subito un forte calo (4% rispetto al 2012), penalizzato dalle politiche di taglio e di rinunce ad investire nelle moderne tecnologie. «Ridurre gli investimenti – commenta il presidente di Assobiomedica, Stefano Rimondi – in prodotti e apparecchiature mediche quando la spesa in dispositivi medici rappresenta solo il 5,1% del Fondo sanitario nazionale, non significa tagliare gli sprechi, ma limitare ai cittadini l’accesso alle cure innovative e rinunciare a un’eccellenza industriale, che potrebbe contribuire alla valorizzazione delle Sanità nel nostro Paese». Eccellenza che ha portato l‘Italia al 12° posto nel ranking internazionale del settore come brevettatore (70.000 domande di brevetto) e che ha visto lo sviluppo di 255 star-up per il 55% spin-off universitari, ovvero frutto della ricerca pubblica.