Tolvaptan è stato approvato dalla Commissione Europa per il trattamento del rene policistico autosomico dominante (APDKD) nei pazienti adulti affetti da malattia renale cronica (CKD) in stadio da 1 a 3 all’inizio del trattamento, con evidenza di rapida progressione della malattia. Tolvaptan agisce sui meccanismi della malattia piuttosto che sui sintomi.
Otsuka Pharmaceutical annuncia che, in data 27 maggio 2015, la Commissione Europea ha autorizzato la commercializzazione in Europa di tolvaptan per il trattamento dell’ADPKD in adulti che soffrono di malattia renale cronica (CKD) in stadio da 1 a 3 all’inizio del trattamento con evidenza di rapida progressione della malattia.
«Fino ad ora, ci si è concentrati sul trattamento della sintomatologia dell’ADPKD, non essendo disponibile nessun trattamento specifico per questa patologia», ha affermato Ron T. Gansevoort, dell’University Medical Center di Groningen, nei Paesi Bassi, un esperto nell’ambito della malattia del rene policistico. «Tolvaptan rappresenta una svolta significativa nella gestione dell’ADPKD. Per la prima volta, potremo modificare la progressione della malattia e preservare la funzione renale, con la possibilità di migliorare la qualità di vita dei pazienti e ottenere risultati a lungo termine».
Tolvaptan nell’ADPKD
Tolvaptan è un antagonista del recettore V2 della vasopressina che ha dimostrato di rallentare la crescita delle cisti e il declino della funzione renale nei pazienti con ADPKD con malattia renale cronica (CKD) nello stadio da 1 a 3 con evidenza di malattia in rapida progressione.
Bloccando selettivamente il legame della vasopressina al suo recettore V2, tolvaptan riduce la proliferazione cellulare di cisti e la secrezione di fluidi, riducendo in ultima analisi lo sviluppo delle cisti e gli eventi clinici renali associati alla progressione della malattia.
L’autorizzazione all’immissione in commercio nell’Unione Europea di tolvaptan si è basata sui risultati dello studio TEMPO 3:4. I risultati dello studio hanno dimostrato che tolvaptan può ridurre di circa il 50% l’aumento del volume renale nei pazienti che assumono questo farmaco rispetto ai pazienti che ricevono il placebo. Tolvaptan, inoltre, si è dimostrato efficace nella riduzione del peggioramento della funzione renale, del dolore renale e dell’ipertensione.
Lo studio TEMPO 3:4
Lo studio TEMPO 3:4 (Tolvaptan Efficacy and Safety in Management of Autosomal Dominant Polycistyc Kidney Disease and its Outcomes), randomizzato di Fase III, in doppio cieco e controllato con placebo, ha arruolato pazienti in 129 centri in tutto il mondo. In questo studio, tra il gennaio 2007 e il gennaio 2009, sono stati coinvolti 1.445 pazienti adulti (età 18-50 anni) con evidenza di ADPKD precoce in rapida progressione ai quali è stato somministrato tolvaptan o placebo per un massimo di tre anni.
Il tasso di aumento del volume renale totale (TKV) nei 3 anni è stato significativamente inferiore nei pazienti trattati con tolvaptan rispetto a quelli trattati con placebo: rispettivamente del 2,80% e del 5,51% all’anno (rapporto della media geometrica 0,974; CI 95% 0,969-0,980; p <0,0001). Questi dati mostrano una significativa riduzione (pari a circa il 50%) nell’aumento annuale del volume renale nei pazienti trattati con tolvaptan rispetto a quelli trattati con placebo.
Tolvaptan ha inoltre dimostrato una riduzione statisticamente significativa del rischio di eventi multipli che includevano il peggioramento della funzione renale, il dolore renale, l’ipertensione o l’albuminuria (hazard ratio = 0,87, IC 95%: da 0,78 a 0,97, p=0,0095). Il risultato dell’endpoint secondario composito è attribuibile principalmente agli effetti sul peggioramento della funzionalità renale (del 61,4% meno probabile con il tolvaptan rispetto al placebo) e sul dolore renale clinicamente significativo (del 35,8% meno probabile nei pazienti trattati con tolvaptan).
Oltre agli effetti collaterali associati al meccanismo d’azione di tolvaptan (ad esempio arsura, poliuria, pollachiuria), la maggior parte degli effetti collaterali osservati nei pazienti con ADPKD trattati con tolvaptan sono risultati paragonabili a quelli osservati nei pazienti ai quali è stato somministrato il placebo. È stato tuttavia identificato un rischio di insorgenza di danno epatico nei pazienti trattati con tolvaptan. È stato osservato un aumento di alanina aminotransferasi (ALT) (> 3 x il limite superiore alla norma – ULN) nel 4,4% (42/958) dei pazienti trattati con tolvaptan e nell’1,0% (5/484) dei pazienti trattati con placebo, mentre è stato notato un aumento (> 3 x ULN) di aspartato aminotransferasi (AST) nel 3,1% (30/958) dei pazienti trattati con tolvaptan e nell’0,8% (4/484) dei pazienti con placebo. Due pazienti trattati con tolvaptan (2/957, 0,2%), così come un terzo paziente incluso in uno studio di estensione in aperto, hanno mostrato aumenti clinicamente significativi dell’ALT con aumenti concomitanti della bilirubina totale (BT) (> 2 x ULN). Il periodo di insorgenza del danno epatocellulare (rilevato dagli aumenti di ALT > 3 x ULN) è stato da 3 a 14 mesi dopo l’inizio del trattamento; tale aumento è risultato reversibile, con ALT che è ritornato a valori <3 x ULN da 1 a 4 mesi. Sebbene tali aumenti concomitanti siano stati risolti con l’interruzione immediata della somministrazione di tolvaptan, essi costituiscono un possibile rischio di insorgenza di danno epatico significativo. Fenomeni simili con altri farmaci sono stati associati al rischio di causare un danno epatico irreversibile e potenzialmente pericoloso per la vita. I pazienti trattati con tolvaptan dovranno pertanto essere sottoposti a esami del sangue mensili per i primi 18 mesi di trattamento con tolvaptan e successivamente a esami trimestrali per ridurre il rischio di danno epatico.
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