Nel corso del Consiglio dei ministri della Salute (Epsco) dell’Unione europea, tenutosi a Lussemburgo il 19 giugno, è passato il testo – presentato dalla presidenza lettone – di due proposte italiane che rivoluzionano il regolamento sui dispositivi medici e i dispositivi medico-diagnostici in vitro. «Erano 20 anni – fa sapere il Ministero della salute – che il quadro normativo dei dispositivi medici non veniva cambiato,  sommando moltissime critiche come è successo, per esempio, per il caso “Poly Implant Prothèse Pip” che riguarda l’uso del silicone industriale anziché di grado medico per la produzione delle protesi mammarie, il che ha messo a rischio la salute di migliaia di donne».

Dispositivi medici
Nuovo regolamento sui dispositivi medici e i dispositivi medico-diagnostici in vitro

«Le nuove regole – dice il Ministero – garantiscono un più elevato livello di sicurezza a beneficio dei pazienti, dei consumatori e degli operatori sanitari a livello europeo; aumenta anche la disponibilità dei dispositivi medici, la tempestività nella loro erogazione e la garanzia di una maggiore competitività».

La proposta italiana – predisposta nel dicembre scorso e costituita da più di 90 articoli, più svariati allegati tecnici – ha formato un documento di mille pagine su quale si è cementato l’accordo degli Stati membri.

Dal canto suo, Assobiomedica – l’Associazione di Confindustria che rappresenta le imprese di dispositivi medici – nell’apprezzare il lavoro di mediazione fatto dal Ministero della Salute italiano nel semestre di Presidenza Ue, che ha permesso di far passare i due provvedimenti sul Nuovo Regolamento sui dispositivi medici e i dispositivi medico-diagnostici in vitro – afferma che: «Il cammino resta però lungo e rimangono dubbi e perplessità soprattutto su alcuni aspetti, come lo scrutiny e il reprocessing dei medical device».

«Nato per migliorare la sicurezza dei prodotti il nuovo regolamento sui dispositivi medici, contiene infatti alcuni aspetti critici – continua Assobiomedica – che rischiano di minare la sicurezza dei pazienti e l’accesso dell’innovazione sul mercato. I dispositivi medici monouso, come cateteri, protesi e pacemaker diventerebbero infatti riprocessabili, ovvero riutilizzabili per altri pazienti perdendo il principio per cui nascono: la sicurezza, la facilità d’uso e la prevenzione di contaminazioni. Nel caso diventasse infatti possibile il riprocessamento dei dispositivi monouso coloro che se ne occuperebbero – ospedali, aziende private – dovrebbero essere in grado di soddisfare tutti gli obblighi imposti ai fabbricanti e dovrebbero assumersi le relative responsabilità, anche in sede civile e penale, perché il ricondizionamento è assimilabile a una vera e propria fabbricazione. Inoltre, il provvedimento sullo scrutiny, che prevede controlli aggiuntivi da parte di un panel indipendente di esperti per i dispositivi impiantabili e di classe III, rischia di rendere il processo di immissione dei prodotti sul mercato troppo lento rispetto alla velocità di innovazione dei dispositivi bloccando l’accesso sul mercato dei prodotti di ultima generazione, senza però elevare in alcun modo il livello di sicurezza».