Presentati nuovi dati dal programma di sviluppo clinico di blinatumomab nel trattamento della leucemia linfoblastica acuta

Blinatumomab (BLINCYTO®) conferma la propria efficacia e sicurezza nei dati di tre studi clinici di Fase II di valutazione del farmaco negli adulti con leucemia linfoblastica acuta (LLA). I dati, ha annunciato Amgen in un comunicato stampa, sono stati presentati al 57° Meeting annuale dell’American Society of Hematology (ASH) a Orlando in Florida.

Presentati nuovi dati dal programma di sviluppo clinico di blinatumomab nel trattamento della leucemia linfoblastica acuta
Presentati nuovi dati dal programma di sviluppo clinico di blinatumomab nel trattamento della leucemia linfoblastica acuta

Blinatumomab è il capostipite di una classe di anticorpi bispecifici chiamati BiTE® (bi-specific T-cell engagers), per il trattamento della leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B.

La tecnologia BiTE

Gli anticorpi bispecifici BiTE sono utilizzati in un tipo di immunoterapia in fase di studio nella lotta alle neoplasie in quanto facilitano il riconoscimento e l’inattivazione delle cellule maligne da parte del sistema immunitario. Gli anticorpi ingegnerizzati sono concepiti per attaccare simultaneamente due target differenti, contrapponendo le cellule T (un tipo di globuli bianchi in grado di uccidere le altre cellule percepite come anomale) a quelle tumorali. L’anticorpo BiTE aiuta le cellule T ad arrivare in prossimità della cellula bersaglio, consentendo così il rilascio di tossine che ne provocano la morte per apoptosi.

Grazie al loro potenziale, gli anticorpi BiTE sono attualmente in fase di studio per il trattamento di un ampio numero di patologie tumorali.

«L’anticorpo monoclonale bispecifico agisce da mediatore: da una parte c’è la cellula leucemica che deve essere uccisa, dall’altra c’è il linfocita citotossico T che deve ucciderla e questo anticorpo monoclonale fa da “ponte”, avvicinandoli – spiega Giovanni Martinelli, docente di Ematologia, Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale, Alma Mater Studiorum Università di Bologna – è una strategia assolutamente innovativa, molto interessante ed efficace. È auspicabile che questa terapia possa dare risultati ancora migliori se, in futuro, potrà essere applicata in prima linea, cioè all’inizio della malattia».

Blinatumomab (BLINCYTO)

L’anticorpo bispecifico blinatumomab, CD19 – directed CD3 T cell engagersi lega specificatamente all’antigene CD19, espresso sulla superficie delle cellule precursori della linea cellulare B, e al CD3, proteina deputata alla trasduzione del segnale che fa parte del recettore transmembrana TCR (T cell receptor) espresso sulla superficie delle cellule T. Il farmaco, collegando i due tipi di cellule, determina l’attivazione delle cellule T che esercitano la propria azione citotossica verso le cellule bersaglio, eliminandole.

Blinatumomab è stato riconosciuto dalla Food and Drug Administration come breakthrough therapy ottenedo di essere sottoposto a procedura di valutazione prioritaria: attualmente è approvato negli USA e in Europa per il trattamento della leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B recidivante o refrattaria negativa per il cromosoma Philadelphia (LLA).

Il farmaco si è mostrato in grado di determinare e mantenere la remissione della leucemia linfoblastica acuta. Una malattia in remissione si traduce in una prognosi più favorevole per i pazienti che si sottopongono al trapianto, che resta la terapia d’elezione per questa patologia, ma anche per i pazienti nei quali il trapianto non è indicato.

Outcome a lungo termine dopo trattamento con blinatumomab: follow-up dello studio BLAST nei pazienti con leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B positiva con MRD

Nel trial di conferma di Fase II multicentrico a braccio singolo (BLAST), i pazienti adulti con leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B con malattia minima residua (MRD) che hanno ricevuto blinatumomab in monoterapia hanno mostrato una sopravvivenza libera da recidiva (RFS, relapse-free survival) clinicamente significativa, come misurato nell’endpoint secondario. La RFS mediana è stata di 18,9 mesi dall’inizio della somministrazione di blinatumomab.

Si parla di malattia minima residua quando le cellule blastiche sono presenti in concentrazione inferiore ai limiti di rilevazione disponibili con valutazioni standard.

In particolare, in questo follow-up di lungo termine dallo studio di Fase II ‘203 di 116 pazienti con leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B e persistente o ricorrente con MRD dopo la prima linea di chemioterapia, i pazienti che hanno raggiunto una risposta completa MRD con blinatumomab hanno OS, RFS e durata di remissione (DOR) più lunghe in confronto a quelli che non hanno raggiunto una risposta completa MRD, con una sopravvivenza globale (OS) mediana nei pazienti MRD negativi di 40,4 mesi. Nei dati presentati, il trattamento con blinatumomab ha portato a una risposta completa MRD al primo ciclo nel 78% dei pazienti.

I maggiori e più rilevanti eventi clinici avversi sono stati quelli neurologici, inclusi tremore (30%), afasia (13%), vertigini (8%), atassia e parestesia (6% ciascuno) ed encefalopatia (5%) I tassi sono diminuiti col passare del tempo (cicli 1, 2, 3, 4) per tutti gli eventi neurologici (47%, 24%, 15% e 15%) e tutti gli eventi neurologici di grado 3 o maggiori (10%, 4%, 0% e 0%).

«Un obiettivo chiave nel trattamento dei tumori del sangue è prevenire la recidiva prima che si verifichi», afferma Sean E. Harper, M.D., vicepresidente esecutivo di ricerca e sviluppo di Amgen. «Raggiungere una risposta minima residua completa è importante perché non avere MRD rilevabile espone i pazienti con leucemia linfoblastica acuta ad un minor rischio di recidiva in confronto ai pazienti con MRD, persistente o ricorrente. I dati presentati sono molto incoraggianti perché sostengono il potenziale di blinatumomab in uno spettro più ampio di pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta, compresi i pazienti a uno stadio iniziale di malattia».

Lo studio ALCANTARA

Nello studio ALCANTARA, blinatumomab è stato in grado di indurre una remissione completa della malattia anche nel 36% dei pazienti con la variante Philadelphia-positiva.

Lo studio di Fase II ALCANTARA multicentrico, internazionale, senza confronto con altri farmaci (a braccio singolo) ha arruolato 45 pazienti in un periodo di circa 1 anno affetti da leucemia linfoblastica acuta Philadelphia positiva in diversi Paesi, di cui 14 in Italia. Il 36% dei pazienti ha ottenuto una remissione completa. Nella maggior parte (l’88%) dei pazienti che hanno risposto al trattamento, è stata rilevata la completa scomparsa delle cellule leucemiche in tutto l’organismo, anche dopo ricerca con le tecniche più sensibili di biologia molecolare. Lo studio ALCANTARA è condotto sulla variante Philadelphia positiva, mentre attualmente il farmaco è indicato nella LLA da precursori delle cellule B Philadelphia-negativa recidivata o refrattaria.

In particolare, nello studio ALCANTARA, blinatumomab ha mostrato un’attività antileucemica in pazienti con prognosi molto infausta affetti da leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B recidivante o refrattaria, dopo fallimento di almeno una terapia con inibitore di seconda generazione della tirosin-chinasi (TKI), con il 36% dei pazienti che hanno raggiunto la remissione completa o la remissione completa con recupero ematologico parziale (CR/CRh) durante i primi due cicli di trattamento. L’88% dei pazienti che hanno raggiunto CR/CRh ha ottenuto una completa risposta MRD. Tassi di risposta equivalente sono stati osservati nei pazienti con mutazione del dominio chinasi in BCR-ABL e T315I (quattro hanno raggiunto CR/CRh; tutti e quattro inoltre hanno raggiunto una completa risposta MRD).

L’incidenza di eventi avversi di grado 3 o maggiori determinati dal trattamento è stata dell’82%, tra i più comuni neutropenia febbrile (27%), trombocitopenia (22%), anemia (16%), febbre (11%), ed eventi neurologici (7%). Non ci sono stati episodi di grado 3 o maggiori di sindrome a rilascio di citochina.

Analisi del sottogruppo di pazienti adulti con leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B recidivante refrattaria dopo trapianto allogenico ematopoietico di cellule staminali dello studio pilota 211

Altri dati confermano l’efficacia di blinatumomab in un sottogruppo di pazienti con leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B recidivante o refrattaria negativa per il cromosoma Philadelphia (Ph-) dopo trapianto allogenico ematopoietico di cellule staminali (alloHSCT), che tipicamente ottengono scarsi risultati  con le terapie attuali (abstract #861)

In questa analisi dallo studio pilota di Fase II ‘211, blinatumomab ha indotto un tasso di CR/CRh del 45% in un sottogruppo di 64 pazienti con leucemia linfoblastica acuta Ph- recidavanti o refrattari pesantemente pretrattati dopo trapianto allogenico ematopoietico di cellule staminali (alloHSCT).

Nell’88 % dei pazienti si sono verificati eventi avversi di grado 3 o maggiore determinati dal trattamento, che includono tra i più frequenti neutropenia (22%), neutropenia febbrile (20%) anemia (17%), e trombocitopenia (14%). Sei pazienti hanno riportato malattia del trapianto contro l’ospite (GvHD) correlata al trattamento, due dei quali di grado 3 o maggiore.

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