L’Italia deve puntare al 30% degli studi clinici realizzati in Europa

Dopo anni in cui la ricerca clinica in Italia e in generale in Europa era in diminuzione, gli ultimi dati pubblicati dall’AIFA parlano di una ripartenza, seppur minima, del numero degli studi clinici nel nostro Paese e di un aumento della percentuale degli studi che noi facciamo in Europa (dal 16 al 18%). «Si può fare di più? Credo di sì. Si deve fare di più? Assolutamente sì». Questo il commento del presidente Farmindustria Massimo Scaccabarozzi a margine del congresso “La ricerca clinica parla europeo: la nuova sfida per istituzioni e imprese” organizzato da AIFA e Farmindustria.

Ricerca clinica in Italia. Un medico scrive una prescrizione
Secondo Luca Pani, la ricerca clinica in Italia può avere un futuro, ma per puntare al 30% degli studi clinici realizzati in Europa è necessario un lavoro di squadra tra tutti gli stakeholders».

Restano due anni quindi per rimboccarsi le maniche prima che il nuovo Regolamento europeo 536/2014 entri in vigore. L’Italia ha tutte le carte in regola per giocare questa partita e diventare hub europeo della ricerca clinica: questo il messaggio lanciato alla platea da tutti gli attori intervenuti al congresso. Secondo Luca Pani, direttore generale AIFA, però: «per puntare a quel 30% è necessario un lavoro di squadra tra tutti gli stakeholders».

Di sinergia parla anche Scaccabarozzi che al termine del suo intervento riassume con tre slogan i punti da cui partire:

  1. Migliorare le sinergie esistenti;
  2. Assicurare la competitività;
  3. Togliere i pregiudizi tra ricerca privata e indipendente.

Voluntary Harmonization Procedure

Per favorire l’adeguamento al nuovo Regolamento gli Stati europei hanno già dato il via a un progetto pilota per la valutazione armonizzata dei protocolli clinici che si svolgono in più Stati dell’Ue dal nome Voluntary Harmonization Procedure (Vhp) che viene applicata su base volontaria agli studi clinici di fase I-IV multicentrici che vengono svolti in diversi Stati membri dell’Ue e che permette la valutazione/autorizzazione coordinata dei clinical trials in un’unica soluzione contemporanea per tutti gli Stati coinvolti nella sperimentazione.

Alla valutazione coordinata segue una fase nazionale che consiste sostanzialmente nella ratifica da parte delle autorità competenti nazionali della decisione presa in Vhp. Il modello valutativo della Vhp si basa quindi su quanto previsto dal Regolamento 536/2014, escludendo tuttavia il parere dei Comitati Etici, che viene recepito in fase nazionale.

A dimostrare il ruolo che sta assumendo nel processo valutativo, nel 2015 l’Italia ha partecipato alla valutazione di circa il 90% delle sperimentazioni in cui è stata coinvolta in ambito Vhp (oltre 100 studi), dove è stata autorità competente referente per 19 procedure, posizionandosi al quarto posto in Europa per numero di volte in cui un’autorità competente è stata referente, dopo Gran Bretagna, Germania e Spagna. In considerazione di questi dati e per rafforzare il ruolo leader nel processo valutativo, così da essere preparati in anticipo alle novità normative che saranno introdotte con l’entrata in vigore del nuovo Regolamento sulle sperimentazioni cliniche, Aifa ha lanciato un progetto pilota che vede il coinvolgimento anche dei Comitati Etici nella valutazione delle procedure Vhp a partire dal 2016, già nella fase di valutazione armonizzata a livello europeo.