La qualità del processo di cristallizzazione del principio attivo permette di ottimizzare i profili di efficacia e sicurezza del farmaco. Non solo: l’elevata qualità e la fornitura di servizi ad alto valore aggiunto è da sempre un vanto dei produttori italiani di materie prime farmaceutiche, che possono così differenziarsi dalla concorrenza.

Cristallizzazione
La qualità del processo di cristallizzazione del principio attivo permette di ottimizzare i profili di efficacia e sicurezza del farmaco

Cristallizzazione e proprietà “tailored-made”

Piero Iamartino - AFI
Piero Iamartino – AFI

Il grado di purezza e la qualità dei cristalli di principio attivo è fondamentale nel determinare le proprietà biofarmaceutiche e tecnologiche del prodotto finito, spesso critiche per lo sviluppo di una formulazione innovativa. Per questo è importante che il dialogo tra fornitore del principio attivo e azienda produttrice del medicinale finito inizi fin dalle prime fasi di sviluppo di un nuovo prodotto. «La prestazione terapeutica e la stabilità del principio attivo sono elementi influenzati dalle sue caratteristiche fisiche e tecnologiche: se il processo di cristallizzazione è controllato e riproducibile, il principio attivo ottenuto avrà anch’esso caratteristiche sempre riproducibili», spiega Piero Iamartino, membro dell’Associazione Farmaceutici Industria (AFI).«La produzione tailor-made è sicuramente una chance per le nostre aziende», sottolinea Marina Figini, coordinatrice della Commissione Qualità e Normativa di Prodotto di Aschimfarma, l’associazione nazionale dei produttori di materie prime farmaceutiche.

Lo sviluppo di un processo di cristallizzazione che porti all’ottenimento di principi attivi (API) di elevata qualità va oltre la semplice messa a punto di una via di sintesi chimica. Le fasi di finissaggio, tra cui ad esempio la macinazione o l’essicamento, hanno un impatto fondamentale sulle caratteristiche fisiche e tecnologiche della sostanza medicinale quali ad esempio la solubilità, che vanno definite di volta in volta in funzione del processo tecnologico e produttivo desiderato. La normativa che definisce tali proprietà è ancora incerta e – in assenza di specifiche da farmacopea e a differenza della sintesi chimica – la caratterizzazione del processo rimane per lo più sul piano semi-quantitativo.

Marina Figini, Aschimfarma

Gli attributi critici di qualità, come ad esempio il polimorfismo dei cristalli di principio attivo ottenuti in diverse condizioni sperimentali, giocano un ruolo fondamentale nella protezione della proprietà intellettuale e nella messa a punto di formulazioni in grado di aggirare i brevetti già esistenti. «Oggi le aziende sono molto più attente, cercano una copertura brevettuale full cover di tutti questi aspetti», racconta Marina Figini. Esempi di attributi critici da considerare in fase di sviluppo produttivo dell’API sono, ad esempio, la granulometria del cristallo o la scorrevolezza. Aggiunge Iamartino: «Bisogna distinguere tra proprietà fondamentali, intrinseche al principio attivo, e quelle derivate, più legate alle caratteristiche della particella isolata con il processo di cristallizzazione. Le proprietà fondamentali hanno più impatto sugli aspetti biofarmaceutici, quelle derivate hanno più impatto sugli aspetti tecnologici del processo farmaceutico di preparazione del prodotto finito».

Processi in continuo e QBD

La cosiddetta quality-by-design (QBD) rappresenta la tendenza più innovativa in tema di sviluppo farmaceutico e si basa su processi in continuo, che permettono di controllare meglio le proprietà di stato solido della sostanza medicinale rispetto alle classiche produzioni in batch. «Si può così studiare molto più accuratamente il processo di cristallizzazione e di ottimizzarne le condizioni. Agendo sui parametri di processo si può ottenere un cristallo con caratteristiche diverse, e individuare quello più appropriato per l’utilizzo farmaceutico. Questi metodi potrebbero anche evitare operazioni di finissaggio successive, in quanto sono in grado di generare un cristallo già molto fine o con un intervallo di granulometria ben definito», spiega Piero Iamartino.

Il parallelo sviluppo delle process analytical technologies (PAT) fornisce i metodi analitici necessari per monitorare il processo e caratterizzare la qualità del prodotto ottenuto. «Tramite le PAT è possibile, ad esempio, seguire la nucleazione e la crescita del cristallo, monitorare in continuo la granulometria o evidenziare la presenza di polimorfi. Oggi l’adozione delle PAT è ancora lasciata all’iniziativa della singola azienda, non c’è un obbligo di applicazione», sottolinea Iamartino. Anche se l’applicazione della linea guida del quality-by-design non è richiesta dalle normative, l’implementazione delle PAT permette di mantenere il processo in uno stato di assicurazione continua di qualità e viene valutato positivamente dalle autorità regolatorie in fase di esame del dossier del prodotto. «In questo modo, si riesce a correggere l’andamento della reazione all’interno del design space, minimizzando l’eventualità di fuori specifica», aggiunge Figini. L’individuazione degli attributi critici è un punto che deve necessariamente passare attraverso il dialogo col formulatore e si traduce in una disponibilità sul mercato di principi attivi e formulati di elevata qualità.

Vincere la competizione sui mercati

Dopo un ventennio di migrazione delle grandi multinazionali del farmaco verso i paesi asiatici a basso costo, il trend si è oggi invertito e sempre più spesso big pharma sceglie fornitori europei per i propri principi attivi. L’Italia ha una lunga tradizione di qualità, riproducibilità e rigorosa rispondenza della propria produzione di API ai requisiti regolatori. Grazie a ciò, il settore sta vivendo una fase di continua crescita nonostante il perdurante scenario macroeconomico negativo. La messa a punto di processi di cristallizzazione e finissaggio a misura di cliente richiede, infatti, know-how e capacità tecnologiche di alto livello, spesso assenti nelle economie a basso costo.

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