Al via il primo studio sull’effetto di nintedanib sui biomarcatori dell’IPF (fibrosi polmonare idiopatica).

L’obiettivo è capire se attraverso il loro monitoraggio sia possibile prevedere l’evoluzione clinica della IPF nei singoli pazienti. Questo consentirebbe una migliore gestione complessiva dei pazienti stessi.

È iniziato l'arruolamento dei pazienti per il nuovo studio sull'effetto di nintedanib sui biomarcatori dell'IPF
È iniziato l’arruolamento dei pazienti per il nuovo studio sull’effetto di nintedanib sui biomarcatori dell’IPF fibrosi polmonare idiopatica

Boehringer Ingelheim annuncia che è stato arruolato il primo paziente nello studio INMARK™. Questo studio è disegnato per valutare l’effetto di nintedanib sulle variazioni dei biomarcatori del processo fibrotico polmonare. Si tratta di specifici biomarcatori sierici che indicano fibrosi (formazione di tessuto cicatriziale) polmonare in pazienti con IPF.

INMARK valuterà se cambiamenti dei valori di questi biomarcatori nel tempo possano predire precocemente l’evoluzione clinica della IPF.

I biomarcatori sono indicatori misurabili della presenza o della gravità di una malattia. Vengono impiegati per monitorarne o prevederne l’evoluzione, in modo da consentire di adottare le terapie più appropriate.

INMARK, lo studio sull’effetto di nintedanib sui biomarcatori dell’IPF

INMARK valuterà l’effetto di nintedanib rispetto a placebo su variazioni di diversi biomarcatori di turnover della matrice extracellulare (MEC) in pazienti con IPF.

Due terzi dei pazienti arruolati nello studio riceveranno placebo per le prime 12 settimane dello studio. Un terzo dei pazienti verrà trattato con nintedanib (150 mg due volte/die). Al termine delle prime 12 settimane tutti i pazienti dello studio continueranno con nintedanib per altre 40. Questo consentirà di trattare attivamente, con il farmaco, i pazienti che prima avevano ricevuto placebo.

Lo studio punta ad arruolare 350 pazienti in Australia, Asia, Europa e Nord America.

«L’avvio di questo nuovo studio segna una tappa miliare. Lo studio è di grande rilevanza scientifica in quanto ci farà conoscere meglio la IPF e il valore del trattamento con nintedanib in pazienti con funzionalità polmonare preservata. Aspetto importante è che per la prima volta si valuta l’effetto di una terapia antifibrotica sulle variazioni di biomarcatori specifici nella IPF – ha commentato Toby Maher, specialista di Medicina Respiratoria presso il Royal Brompton Hospital di Londra, Regno Unito, e principale sperimentatore dello studio – Poter individuare biomarcatori predittivi dell’evoluzione della malattia nei singoli pazienti consentirà ai medici di avviare precocemente la terapia adeguata per rallentare la progressione della malattia, una delle sfide più urgenti per un trattamento efficace nei pazienti con IPF».

I biomarcatori utilizzati nello studio

La matrice extracellulare MEC è il reticolo di proteine e carboidrati che circondano le cellule presenti nei tessuti. Fornisce sostegno strutturale alle cellule e sostiene lo sviluppo, la crescita e la divisione delle cellule. Il turnover, ovvero il processo di ricambio della MEC, fa parte del fisiologico processo di rinnovo dei tessuti. Quando è incontrollato o eccessivo, è uno dei principali attivatori dei cambiamenti strutturali a livello polmonare nella IPF e comporta progressiva formazione di tessuto cicatriziale e perdita di funzionalità polmonare.

La valutazione del turnover della matrice extracellulare potrebbe essere usato come biomarcatore di attività e progressione della fibrosi polmonare idiopatica.

Nello studio sono stati scelti biomarcatori che hanno già dimostrato il loro valore predittivo nella progressione della IPF.

Terapie per la Fibrosi Polmonare Idiopatica

I progressi nella gestione della IPF sono stati possibili grazie alla disponibilità di specifici farmaci antifibrotici come nintedanib. Questo farmaco in tre studi ha dimostrato di rallentare la progressione della malattia di circa il 50%.

Nonostante questi progressi, c’è ancora incertezza fra i medici su quando avviare la terapia nei singoli pazienti. Ciò si deve all’imprevedibilità e alle differenze fra un paziente e l’altro nella progressione della IPF, alla carenza di biomarcatori che indichino come evolve la malattia nello specifico paziente e che identifichino chi potrebbe rispondere meglio alla terapia.

«In una malattia che manifesta variabilità nella sua evoluzione, l’individuazione di biomarcatori, che possano consentire ai medici di individuare e monitorare la progressione della malattia a livello individuale e sfruttare al meglio i trattamenti nei singoli pazienti con IPF, è di fondamentale importanza. Auspichiamo che l’individuazione di questi biomarcatori, soprattutto in fase precoce della malattia, possa migliorare la cura e la gestione complessiva del paziente.» – ha dichiarato William Mezzanotte, responsabile dell’Area Terapeutica di Medicina Respiratoria di Boehringer Ingelheim.

Nintedanib

Nintedanib, inibitore di tirosin-chinasi a piccola molecola sviluppato dai ricercatori di Boehringer Ingelheim, è indicato per l’impiego negli adulti come terapia della fibrosi polmonare idiopatica.

Nel 2015 nintedanib è stato inserito nelle linee guida internazionali aggiornate sul trattamento della fibrosi polmonare idiopatica.

Nintedanib rallenta la progressione della malattia, riducendo di circa il 50% il deterioramento della funzionalità polmonare in una vasta popolazione di pazienti affetti da IPF, tra cui:

  • soggetti con malattia in fase precoce (minima compromissione della funzionalità polmonare, FVC > 90% del predetto),
  • fibrosi con limitate evidenze radiologiche (assenza di ispessimento interstiziale a nido d’ape o honeycombing) alla TAC toracica ad alta risoluzione (HRCT) e
  • pazienti con enfisema.

Gli effetti collaterali di nintedanib possono essere efficacemente gestiti nella maggior parte dei pazienti. L’effetto collaterale più frequentemente riferito è la diarrea.

Nintedanib ha come target i recettori del fattore di crescita che hanno dimostrato di essere coinvolti nella patogenesi della fibrosi polmonare, soprattutto inibendo il recettore del fattore di crescita derivato dalle piastrine (PDGFR), il recettore del fattore di crescita fibroblastico (FGFR) e il recettore del fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGFR).

Si ritiene che nintedanib, bloccando queste vie di passaggio dei segnali coinvolte nei processi fibrotici, rallenti il declino della funzionalità polmonare e la progressione della fibrosi polmonare idiopatica.

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