Nintedanib rallenta la progressione della fibrosi polmonare idiopatica anche in pazienti senza una diagnosi ottenuta secondo le attuali Linee Guida. Lo dimostra una nuova analisi post hoc degli studi INPULSIS® 

fibrosi polmonare idiopatica
Una nuova analisi di dati degli studi INPULSIS su nintedanib potrebbe ampliare i criteri diagnostici della fibrosi polmonare idiopatica: l’efficacia è dimostrata anche pazienti con diagnosi effettuata secondo criteri più ampi di quelli previsti dalla attuali linee guida

L’analisi post-hoc è stata pubblicata sull’American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine. Potrà avere implicazioni sui criteri diagnostici per la IPF impiegati nella prassi clinica e sul disegno di studi clinici futuri.

«Nella pratica clinica è difficile arrivare a una diagnosi certa di IPF. Se, da un lato, la precisione della diagnosi aumenta grazie agli scambi multidisciplinari fra esperti a livello regionale con esperienza e competenza in materia di interstiziopatie polmonari, d’altro canto i medici del territorio possono più spesso fare una diagnosi di IPF che non sempre risponde ai criteri fissati nelle Linee Guida internazionali – ha commentato Ganesh Raghu, professore di Medicina, Divisione di Pneumologia e Terapia Intensiva dell’Università di Washington e direttore del Centro Interstiziopatie Polmonari del Policlinico dell’Università di Washington di Seattle –

Questa analisi conferma, per la prima volta, che la progressione della malattia e gli effetti della terapia in un sottogruppo di pazienti con caratteristiche non integralmente rispondenti ai criteri  fissati per la diagnosi di IPF nelle Linee Guida Internazionali 2011 sono simili a quelli dei pazienti la cui malattia soddisfa tali criteri diagnostici. Ciò implica che si possa prendere in considerazione di accettare criteri modificati, come quelli impiegati nello studio, per arrivare alla diagnosi di IPF che comprendono presenza di un possibile quadro UIP e bronchiectasie da trazione nei lobi inferiori (nonostante la mancanza di strutture a ‘nido d’ape’ nettamente visibili alla HRCT e l’assenza di biopsia polmonare), negli appropriati contesti clinici e negli studi clinici futuri».

Criteri per la diagnosi della fibrosi polmonare idiopatica

Per arrivare a una diagnosi precisa di IPF i medici utilizzano una tecnica di imaging, la TAC ad alta risoluzione (HRCT), per individuare la presenza di tessuto cicatriziale (fibrosi) e in particolare il quadro tipico della polmonite interstiziale comune (UIP).

Modificazioni con struttura a ‘nido d’ape’ evidenziate alla HRCT polmonare sono un indicatore chiave di fibrosi polmonare e un tratto caratteristico di quadro UIP visibile alla HRCT. In assenza di struttura a‘nido d’ape’ evidenziata alla HRCT, può essere difficile confermare che la presenza di tessuto cicatriziale soddisfi rigorosamente i criteri fissati dalle Linee Guida per una diagnosi definitiva di IPF.

Per un ampio gruppo di pazienti che non ha una diagnosi confermata di IPF secondo i criteri delle Linee Guida, compresi coloro che non soddisfano i criteri per effettuare una biopsia polmonare, il decorso clinico della malattia e l’efficacia della terapia per la IPF restano sconosciuti. Indagini sulle caratteristiche della malattia nei diversi sottogruppi di pazienti per tipologia di diagnosi sono pertanto fondamentali.

L’analisi post hoc degli studi INPULSIS

Gli studi INPULSIS hanno incluso oltre a pazienti con diagnosi di IPF formulata in maniera classica, anche pazienti con diagnosi clinica di IPF che, in assenza di biopsia polmonare e di struttura a ‘nido d’ape’ evidenziata alla HRCT, presentavano un possibile quadro UIP e presenza di bronchiectasie da trazione, quest’ultime riconosciute come uno dei segni di fibrosi polmonare più rilevanti alla TAC.

L’analisi post-hoc di sottogruppo sulla base dei criteri diagnostici dei dati combinati degli studi di Fase III INPULSIS ha riguardato un totale di 1.061 pazienti.

Tutti i pazienti degli studi INPULSIS avevano una diagnosi di IPF confermata nella pratica clinica ≤5 anni prima della randomizzazione. Per gli scopi dell’analisi di sottogruppo, il 31,9% dei pazienti è stato classificato come avente un possibile quadro UIP e bronchiectasie da trazione evidenziate alla HRCT e non sottoposto a biopsia polmonare, e il 68,1% dei pazienti classificato come presentante un quadro UIP alla HRCT e/o sottoposto a biopsia polmonare, che ha confermato il quadro UIP (criteri diagnostici per la IPF secondo le attuali linee guida internazionali).

I risultati dell’analisi

I risultati dell’analisi dimostrano che nintedanib rallenta la progressione della malattia in entrambi i sottogruppi diagnostici. L’efficacia del farmaco dimostrata dagli studi di Fase III nella vasta tipologia di pazienti reclutati, può essere valida anche per i pazienti che si incontrano nella normale prassi clinica.

L’analisi di sottogruppo, in dettaglio, ha dimostrato che:

  • in pazienti con quadro UIP confermato, compresa struttura a ‘nido d’ape’ e/o biopsia, il tasso annuo corretto di declino della  FVC era −108,7 mL/anno nel gruppo nintedanib e -225,7 mL/anno nel gruppo a placebo (differenza rispetto a placebo di 117,0 mL/anno).
  • In pazienti che alla HRCT evidenziavano possibile quadro UIP, assenza di struttura a ‘nido d’ape’ e non sottoposti a biopsia, ma con presenza di bronchiectasie da trazione, il tasso annuo rettificato di declino della FVC era di −122,0 mL/anno nel gruppo nintedanib e di -221,0 mL/anno nel gruppo a placebo (differenza rispetto a placebo di 98,9 mL/anno).
  • Il valore p di interazione di terapia per sottogruppo non è stato significativo (p = 0,8139), indicando che l’effetto terapeutico di  nintedanib non è stato diverso fra i sottogruppi.
  • L’effetto terapeutico in entrambi i sottogruppi è stato, altresì, omogeneo rispetto a quello della popolazione complessiva a cui i dati combinati si riferiscono.
  • Gli eventi avversi sono stati simili nei sottogruppi.

Nintedanib

Nintedanib, inibitore di tirosin-chinasi a piccola molecola, sviluppato dai ricercatori Boehringer Ingelheim, è indicato per l’impiego negli adulti come terapia della fibrosi polmonare idiopatica.

Nel 2015 il farmaco è stato inserito nelle Linee Guida Internazionali aggiornate sul trattamento della fibrosi polmonare idiopatica.

Nintedanib rallenta la progressione della malattia, riducendo di circa il 50% il deterioramento della funzionalità polmonare in una vasta gamma di pazienti affetti da IPF, tra cui pazienti con malattia in fase precoce (minima compromissione della funzionalità polmonare, FVC >90% del predetto), fibrosi limitata (assenza di ispessimento interstiziale a nido d’ape o honeycombing) alla TAC toracica ad alta risoluzione (HRCT) e pazienti con enfisema.

Gli effetti collaterali di nintedanib possono essere efficacemente gestiti nella maggior parte dei pazienti e l’effetto collaterale più frequentemente riferito è diarrea.

Nintedanib prende di mira i recettori del fattore di crescita che hanno dimostrato di essere coinvolti nella patogenesi della fibrosi polmonare, soprattutto inibendo il recettore del fattore di crescita derivato dalle piastrine (PDGFR), il recettore del fattore di crescita fibroblastico (FGFR) e il recettore del fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGFR).

Si ritiene che nintedanib, bloccando queste vie di passaggio dei segnali coinvolte nei processi fibrotici, rallenti il declino della funzionalità polmonare e la progressione della fibrosi polmonare idiopatica.

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