Il connubio tra innovazione e gestione dei processi, in particolare degli acquisti di dispositivi medici in chirurgia può garantire un’assistenza migliore e sostenibile.
Nel corso del Convegno “Slow Surgery 2.0. Qualità e sostenibilità in chirurgia”, promosso da Medtronic Italia gli esperti si sono confrontati sui temi della qualità, dell’efficienza e della sostenibilità nel mondo sanitario, soprattutto nel settore della chirurgia. Manager sanitari, rappresentanti istituzionali, chirurghi, economisti e associazioni pazienti hanno analizzato il rapporto tra innovazione e sostenibilità individuando le leve strategiche per far coesistere questi due aspetti.
La riorganizzazione del sistema ospedaliero è stata al centro del dibattito. In particolare, è stato illustrato il ruolo dell’HTA come strumento di valutazione e programmazione sanitaria.
Oggi la chirurgia equivale ad “alta tecnologia”, che corrisponde a qualità e sicurezza, requisiti indispensabili per la tutela del paziente. La garanzia di accesso alle migliori cure disponibili è, tuttavia, una sfida, in cui l’elemento cruciale è rappresentato dalla necessità di contenimento della spesa sanitaria.
È, quindi, necessario che i soggetti coinvolti nei processi decisionali siano messi nella condizione di conoscere le potenzialità dell’innovazione nelle sale operatorie, per poterne valutare i benefici e stabilire il rapporto costo-efficacia. Per questo motivo, è sempre più importante poter orientare l’adozione delle innovazioni, sviluppando sistemi di valutazione dell’appropriatezza, che possano garantire scelte strategiche e operative appropriate per il futuro.
Il modello hub e spoke: la concentrazione delle competenze in centri d’eccellenza
«L’incremento della specializzazione e della complessità tecnica impone un’alta qualificazione da parte dei singoli professionisti e delle proprie equipe – ha dichiarato Diego Piazza, presidente ACOI, Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani – Tuttavia, l’erogazione dei servizi per un bacino di popolazione ristretto, non sempre consente lo sviluppo delle capacità professionali, in quanto agli specialisti non viene assicurato un flusso di pazienti adeguato».
«Partendo da questa considerazione – continua Piazza – sarebbe opportuno, al fine di una razionalizzazione del sistema e di un miglioramento della qualità delle prestazioni, sostenere il cosiddetto modello hub e spoke, che parte dal presupposto che, in determinate situazioni e complessità, siano necessarie competenze che devono essere concentrate in Centri ad alta specializzazione presso i quali vengono inviati i pazienti dagli ospedali del territorio. Il modello prevede, pertanto, la concentrazione dell’assistenza di maggior complessità in centri d’eccellenza e l’organizzazione dell’invio a questi hub da parte dei centri periferici dei pazienti che superano la soglia di complessità degli interventi effettuabili a livello periferico».
Per ognuno dei centri d’eccellenza sarà necessario individuare:
- bacini di popolazione di riferimento,
- processi e percorsi assistenziali,
- caratteristiche funzionali, strutturali ed organizzative dei nodi della rete.
L’analisi costi/benefici per gli acquisti di dispositivi medici in chirurgia
«Un altro elemento da tenere in considerazione è quello che le nuove tecnologie debbano essere introdotte a seguito di un’accurata valutazione e misurazione della qualità che possono portare, producendo realmente un migliore outcome in sanità – afferma Marco Montorsi, presidente SIC (Società Italiana di Chirurgia). – Alla luce di tutto questo assumono particolare valore gli strumenti di analisi come l’HTA (Health Technology Assessment), nato per fornire una risposta operativa al divario tra le risorse limitate del Sistema Sanitario, la crescente domanda di salute e l’innovazione tecnologica, prendendo in considerazione gli aspetti clinici, economici, organizzativi, etici, sociali relativi all’introduzione di una nuova tecnologia».
«Il Ministero della Salute ha deciso di rilevare alcuni indicatori di performance di alcune aziende ospedaliere del nostro Paese, attraverso un sistema denominato Piano Nazionale Esiti, gestito da AGENAS (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali), che ha già portato alla pubblicazione di una serie di report» – conclude Montorsi.
«Se ottenere economie di scala per la riduzione di costi unitari può essere relativamente semplice, – aggiunge Diego Piazza – individuare beni e servizi con il migliore rapporto costo/beneficio è più complesso, perché richiede un lungo lavoro di analisi e coinvolgimento fra tutti gli operatori che operano nel sistema, dove il ruolo del chirurgo, soprattutto per quanto riguarda l’acquisto di medical device, è determinante. Evidentemente, questo è molto più facile in un sistema centralizzato, dove dovrebbero esserci chirurghi specializzati nella gestione di gare che abbiano competenze specifiche nella valutazione dei dispositivi inseriti nelle stesse».