Per FDA le modifiche su animali ottenute con tecniche di gene editing rientrano nella categoria dei farmaci veterinari

La grande diffusione che negli ultimi due anni hanno avuto le tecniche di gene editing note come CRISPR-Cas9, semplici e poco costose, ha aperto enormi prospettive nello sviluppo di nuovi approcci terapeutici a molte malattie, ma non è esente da ombre. La tecnologia, infatti, è ancora troppo giovane per poter valutare con esattezza il reale impatto che gli organismi così ottenuti potrebbero avere sull’ambiente e l’ecosistema; anche gli aspetti etici legati alla modificazione del genoma umano e degli animali sono al centro di un fervente dibattito che coinvolge scienziati, legislatori e autorità regolatorie di tutti i paesi (ne abbiamo parlato sul numero di Aprile 2016 di NCF).

Per FDA le modifiche su animali ottenute con tecniche di gene editing rientrano nella categoria dei farmaci veterinari

A questo riguardo, negli Stati Uniti la Food and Drug Administration (FDA) ha fatto il punto dal suo blog sull’approccio all’editing genomico ritenuto accettabile, in particolare per quanto riguarda i prodotti medicinali per uso umano, gli alimenti ricavati da piante ottenute con editing genomico e gli animali prodotti per mezzo di queste tecniche. Nel post il Commissario dell’FDA Robert M. Califf e la senior policy advisor Ritu Nalubola discutono l’approccio regolatorio che, inevitabilmente, deve essere diverso per le diverse classi di prodotti e che deve in ogni caso basarsi sulle evidenze scientifiche coniugate agli standard legali tipici di ogni categoria.

Le modifiche degli animali ricadono nella normativa sui farmaci veterinari

Il punto più interessante della posizione di FDA riguarda gli animali: la parte del genoma di un animale che sia stata modificata, vuoi tramite gene editing o con DNA ricombinante, deve essere considerata un farmaco e, come tale, va soggetta alla normativa per lo sviluppo di nuovi farmaci veterinari. La classificazione, spiegano i rappresentanti dell’Agenzia, è una conseguenza del fatto che la modifica del materiale genomico dell’animale altera la struttura o la funzione dell’animale stesso. La responsabilità finale sul nuovo animale creato con gene editing, incluso il rispetto di tutta la normativa applicabile e degli standard di sicurezza, rimane unicamente dell’industria, sottolineano Califf e Nalubola. L’Agenzia ha pubblicato a gennaio 2017 la bozza della nuova linea guida sugli animali geneticamente modificati aggiornata con le tecniche di gene editing. La visione dell’Agenzia non è cristallizzata ma, anzi, aperta al confronto con il mondo industriale, tanto che gli esperti di FDA sollecitano gli utenti ad inviare commenti sul possibile uso di particolari tipologie di gene editing negli animali che possano essere caratterizzate da un rischio molto basso o insignificante.

Il post annuncia anche la prossima pubblicazione da parte di FDA di nuovi documenti d’indirizzo che guidino lo sviluppo di piante e animali ingegnerizzati mediante CRISPR-Cas9. L’Agenzia, in particolare, sta approfondendo l’impatto e i rischi potenziali legati all’uso di piante ottenute da gene editing per la preparazione di alimenti per uso umano o animale. Un’attività condotta dal Center for food safety and applied nutrition e che si inserisce nei programmi già in essere di valutazione degli alimenti ottenuti da nuove varietà di piante, incluse quelle ottenute da DNA ricombinante.

I prodotti per uso umano

Lo sviluppo di farmaci tramite uso di tecniche CRISPR-Cas9 è forse il caso più semplice, in quanto l’intero iter del processo – dalla discovery alla farmacia – segue la normativa specifica dei farmaci biologici per terapia genica. Le autorità regolatorie e la comunità scientifica si erano già espressi nel senso di permettere unicamente l’uso delle tecniche di gene editing per la modifica di cellule somatiche e il trattamento di patologie non ereditabili, escludendo dal campo di applicazione l’ingegnerizzazione delle cellule germinali (ne abbiamo parlato sul numero di Aprile 2016 di NCF). Gli Stati Uniti hanno bandito, con la legge di bilancio 2016, il finanziamento della ricerca su embrioni umani modificati di modo che trasmettano alla progenie nuove caratteristiche ereditarie e hanno avviato un programma specifico per la valutazione dei prodotti ottenuti con gene editing gestito dal Center for biologics evaluation and research (CBER) di FDA. Il RAC (Recombinant DNA advisory committee) dei National Institutes of Health è incaricato della valutare i progetti, anche clinici e anche dal punto di vista etico, che richiedono l’accesso ai finanziamenti del NIH. La preoccupazione principale riguarda il possibile inserimento o delezione “off-target” di basi di DNA in un locus diverso da quello desiderato, che potrebbe portare a caratteristiche inattese e potenzialmente pericolose per il paziente stesso e per le persone a lui vicine.

Verso un nuovo sistema regolatorio per i prodotti di biotecnologia

Nel post, FDA fa anche il punto sul processo iniziato nel 2015 e che ha portato a inizio 2017, quale uno degli ultimi atti dell’amministrazione Obama, alla pubblicazione della nuova Strategia nazionale per la modernizzazione del sistema regolatorio per i prodotti biotecnologici. La messa a punto della nuova Strategia ha visto la collaborazione dell’Ufficio delle politiche scientifiche e tecnologiche della Casa Bianca (OSPT), dell’Agenzia per la protezione ambientale (EPA) e del Dipartimento dell’Agricoltura (APHIS), con l’obiettivo di migliorare la trasparenza, la prevedibilità, il coordinamento e l’efficacia dell’intero sistema. Tra i punti chiave del nuovo framework vi è una maggiore coordinazione tra le diverse agenzie regolatorie che vigilano rispettivamente sui farmaci, gli alimenti, le piante e gli animali, al fine di armonizzare la terminologia, l’identificazione dei pericoli insiti nelle moderne tecnologie e dei metodi per la loro gestione, nel rispetto delle specificità e delle norme di ogni settore. I rappresentanti di FDA hanno anche ribadito nel post l’intenzione dell’Agenzia di continuare il confronto su questi temi anche a livello internazionale, all’interno dell’International Pharmaceutical Regulators’ Forum a cui partecipa CBER